Omelia (06-01-2008)
don Ezio Stermieri
Un stella che torna a brillare

Quella di oggi è la festa della Fede perché segna la più grande rivoluzione nella storia del cuore dell’uomo.
Fino a quel momento l’umanità aveva creduto che fossero gli astri, le stelle a normare la vicenda dell’uomo, senza libertà, condizionato dall’infinitamente grande, il cosmo, di cui qualcosa, con l’intelligenza e l’osservazione poteva comprendere, per evitare. "Nato Gesù a Betlemme" i Magi sono i primi a mettersi in cammino facendo delle stelle, del cosmo, degli eventi, della storia la guida verso il "compimento", la rivelazione, la verità sul destino dell’uomo. E fu subito gioia grandissima perché l’incognito, l’enigma, il fato, il destino, si è posato su quel punto della storia e geografia umana dove "un bambino in braccio a sua madre" diventava rivelazione di Dio e dell’uomo, di più! di Dio fatto uomo, dando soluzione a tutta la fatica, il mistero, le contraddizioni dell’esistenza. Facendosi uomo, Dio svela il suo cuore, il suo mistero e dice all’umanità tutta divenuta fraterna che il percorso della vita non è verso il nulla ma è destinato ad incontrare la Meta, Dio stesso a cui offrire e in cui trovare riposo per l’oro della sua intelligenza, coscienza e amore; l’incenso della sua adorazione per Colui che l’ha pensato, voluto, creato, conservato in un viaggio pieno di bellezza e di sorprese insieme con la inevitabile tentazione di sbagliare strada; la mirra del dolore, della caducità amara, del peccato che cerca riscatto, della morte che introduce "nell’oltre". E svela il mistero dell’uomo che nel suo "andare", camminare, superare, ricominciare può accogliere Dio, un Dio, alleato, di cui può fidarsi, seguire, impararne la voce per udirne la parola. È un Dio fatto bambino, in braccio a sua madre per insegnarci a non aver paura della nostra piccolezza ed imparare con Lui, divenuto via, verità, vita a diventare grandi, a raggiungere la sua statura. La fede è tutta qui ed è per tutti, si fa speranza e costruzione come dice Isaia, perché le "isole" diventino terraferma, le particolarità una grande nazione, le oscurità e asperità del cammino dell’uomo, occasioni per edificare con Dio nostra pace, la pace. Ci sono solo due forme di umanesimo: quello di Ulisse che parte per ritornare a se stesso e quello di Abramo che parte ripartendo da Dio per una nuova terra, di Mosè per una rinnovata terra, dei Magi per un nuovo umanesimo, quello cristiano.
"Penso – dice S. Paolo – che abbiate sentito parlare del Mistero "rivelato" in Gesù che in Lui tutte le genti sono chiamate a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo". Oh sì che ne abbiamo sentito parlare! Ma non ci siamo messi in cammino personalmente e comunitariamente: non abbiamo creduto. Siamo stati iniziati a questo Mistero ma non abbiamo provato grandissima gioia! Non abbiamo offerto la nostra umanità perché brillasse dell’oro dell’eternità, dell’incenso della religiosità, avesse il profumo della sua morte in Croce, per amore! Siamo cresciuti nel cristianesimo ma il paganesimo con il suo "destino", il suo fatalismo, la sua necessità di morte e di guerra ha vinto lo slancio del cuore. È ora che la stella ritorni a brillare perché Epifania ritorni ad essere "gioia" per il manifestarsi in un sol punto chi è Dio e chi è l’uomo.