Omelia (21-03-2008)
don Ezio Stermieri
Venite a me

Anche per noi la decisione di essere cristiani non può che aver avuto inizio dalla parola udita: "Ecco l’Agnello di Dio!" venivamo così a sapere che Dio si sarebbe fatto carico del nostro male, della nostra morte, di ogni soffrire perché, liberati, in cammino dietro a Lui portando la Croce potessimo entrare nella pienezza della vita. Anche noi abbiamo chiesto: "dove abiti?", abbiamo visto e udito, siamo stati con Lui e se l’abbiamo seguito è perché è diventato Maestro, Signore, vita, verità, via della nostra vita. Non è forse questa la storia, l’avventura di ogni vocazione cristiana?
Ora viviamo il momento culminante della sua e nostra avventura. Siamo di fronte al perché della sua venuta, "all’ora" verso la quale ha camminato per svelare il punto in cui Dio pienamente mette a nudo il suo Amore e noi, illuminati da questa gloria, siamo svelati a noi stessi. È Pilato, l’abbiamo ascoltato, a dire il secondo fatidico "ecco": Ecco l’uomo! Egli lo dice nel tentativo a vuoto di non compromettersi nell’affare-Gesù. Lo presenta, flagellato, travestito da re da burla, umiliato da una corona di spine, sputacchiato... Quasi a dire: Ma quale re? Quale Messia? È solo un uomo. Ma così dicendo indica senza saperlo come la nostra umanità trova in Gesù il percorso della personale esistenza apparentemente perdente ma che se vogliamo cercare l’uomo vero non possiamo fare altro che guardare a Lui. Tutto il pensiero umano, la fatica della ricerca non è che la continua e rinnovata, di generazione in generazione, domanda: Chi è; Che cosa è l’uomo? Ecco l’uomo che non ha avuto paura di essere piccolo ed emarginato, fuggiasco e "qualsiasi", lavoratore e uditore della Parola di Dio. L’uomo il cui passo ha fatto arretrare il dolore, l’uomo appassionato della verità, che è andato al cuore dei rapporti, che ha reso possibile vincere il male, amico dei piccoli, curvato sui malati, liberatore dagli ossessi... L’uomo, diremmo oggi, che ha scoperto che solo l’amore può curare. E così guardandolo, apparentemente sconfitto, confrontandolo con il potere che Pilato cerca di difendere, scopriamo chi è veramente l’uomo. A che cosa come uomini siamo chiamati. Si perché Egli è il Figlio dell’uomo. Colui che è venuto dall’Alto, dal Cielo e ha ridefinito l’uomo come figlio di Dio. Il suo vestito rosso-sangue rivela che anche nel nostro sangue, nella nostra umanità circolano i cromosomi dello Spirito di Dio e nella nostra come nella sua avventura è il destino, il compito di riscattare, di immettere un sussulto, un pagare di persona perché questa umanità faccia il passo, la pasqua decisiva verso un tempo in cui l’uomo non sia più umiliato, venduto, tradito, considerato passione inutile da spingere verso la sua abiezione, la sua fame e sete, la sua insaziabile voracità, definito come animale da consumo, roditore della sua stessa vita. La strada dell’uomo Gesù, del Figlio dell’uomo perché Figlio di Dio è la Croce. E oggi la Chiesa grida il terzo "ecco" decisivo: Ecco il legno della Croce. La Croce è il punto tangibile in cui e su cui Dio si è fatto prossimo, vicino. Dalla Croce in poi non possiamo più domandarci di fronte al dolore: dove è Dio? È in ogni crocifisso e la missione nostra è di amarlo in ogni crocifisso affamato, assetato, recluso, sfruttato. La Croce è il Luogo dove la sua parola risuona: venite a me voi tutti affaticati ed oppressi ed io vi consolerò! La nostra Croce diventa lo strumento benedetto con cui da cristiani diventiamo più umani e da uomini ci possiamo dire Cristiani.