Omelia (08-12-2008)
don Daniele Muraro
Parola di Dio da conoscere

"Chi ti ha fatto sapere che sei nudo?" chiede Dio ad Adamo nel giardino di Eden. Lui, Adamo, insieme con Eva avevano appena mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.
Interrogato dalla voce del Signore Dio, Adamo reagisce ponendosi in atteggiamento di difesa. La sua risposta è il primo esempio di una pratica che avrà ampio sèguito nella storia degli uomini, ossia quella di discolparsi accusando gli altri: "La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato". Eva da parte sua incolpa il serpente: "Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato".
Evidentemente sia Eva che Adamo si aspettavano dalla loro disobbedienza un certo tipo di risultato e ne ottengono uno opposto. Non solo non diventano come Dio, non lo raggiungono nella sua conoscenza superiore, ma al contrario si accorgono di essere creature mortali. Si vergognano della loro azione e si trovano nudi e senza argomenti davanti alla sapienza di Dio.
Adamo ha paura e avrà fatto fatica a pensare. Tuttavia sia nella mente di Lui che in quella di Eva le parole del Signore Dio saranno rimaste impresse di certo e anche in seguito saranno diventate argomento di riflessione.
La sentenza del Signore Dio nei confronti del serpente contiene una condanna senza riserve. Anche per la stirpe umana la colpa porterà conseguenze negative, ma prima di passare a ciò, Dio promette che l’inimicizia fra il tentatore e la donna iniziata sotto nel giardino di Eden continuerà nel tempo.
Alla fine verrà una donna che eviterà il morso del serpente antico e ne schiaccierà il capo, ossia lo costringerà a rinunciare alla sua impresa malvagia di intossicare del tutto l’umanità. Si tratta di una profezia in piena regola, ossia nell’accezione più forte del termine, di un "ordine dato alla storia".
Ben presto però sia Adamo che Eva ebbero altre preoccupazioni più urgenti a cui dedicarsi. Fuori dal giardino di Eden cominciarono a soffrire il freddo e la fame, dovettero trovare di che coprirsi, scaldarsi e nutrirsi, per non dire degli altri incomodi causati da un mondo diventato ostile e vissuti in modo diverso da uomo e donna. Comune ad entrambi fu l’angoscia alla vista del loro figlio Abele ucciso dal fratello Caino, evento preludio di altre violenze e afflizioni.
L’annuncio iniziale che a buona ragione possiamo considerare come il primo Vangelo fu così dimenticato e di esso si perse traccia fino alla rivelazione a Mosè e alla stesura della Bibbia, in particolare del libro della Genesi. E anche allora per molte centinaia di anni la tale annuncio fu patrimonio esclusivo di un piccolo popolo, quello di Israele, geloso delle sue tradizioni.
Solo con l’arrivo di Gesù e con il compimento di tale profezia la buona notizia divenne di dominio universale, ossia da diffondere a tutti i popoli e ad ogni uomo.
Dopo la morte e resurrezione di Gesù divenne più chiaro il significato della promessa della sconfitta del male e del trionfo della vita nuova.
Nel brano dell’Annunciazione anche Maria prova timore alle parole dell’Angelo entrato in casa sua. Adamo ed Eva avevano paura per se stessi, ed erano preoccupati di giustificarsi per quello che dopo il loro peccato avevano perso.
Maria esprime il timore di non essere all’altezza del compito che Dio attraverso l’angelo le manifesta e non riesce a capire come in un mondo degradato possa entrare la grazia di Dio. La risposta è che "nulla è impossibile a Dio."
Certamente anche Maria conosceva le Scritture, a cominciare dal racconto del libro della Genesi, conosceva come Dio aveva chiamato tanti altri prima di lei. Sapeva anche che a nessun altro fino a quel momento erano state rivolte le parole che lei aveva ascoltato.
Maria trattiene nella sua mente tutte queste cose e anche in seguito le medita nel suo cuore, così approfondisce sempre di più la conoscenza del mistero di salvezza in cui Dio ha voluto inserirla in una posizione unica e determinante.
La risposta finale di Maria alla chiamata ricevuta per mezzo dell’angelo è; "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola".
Questa Parola che viene da Dio ella l’avrebbe sentita ancora dalla bocca del suo Figlio Gesù, Dio fatto uomo, e non ne avrebbe lasciato andare perduta nessuna. Anche i fatti della vita del suo Figlio quelli intrapresi da lui e quelli da lui subiti per Maria sarebbero stati eloquenti e sarebbero diventati motivo di riflessione e occasione di esercitare atti di fede.
Il primo segno per lei fu la maternità della cugina Elisabetta. Ne seguirono tanti altri, belli come quelli che contornarono la notte di Natale con la cometa e gli angeli, e tristi come la persecuzione di Erode e la strade dei bambini lattanti. Tutto Maria conservava nel suo spirito e le esaminava nel suo cuore.
Avvenimenti da una parte e discorsi dall’altra Maria li metteva in fila come in una doppia collana e poi collegava gli uni e gli altri e ne ricavava insegnamenti per il presente e ammonimenti per il futuro. Insieme al suo Figlio anche Maria cresceva in sapienza a grazia davanti a Dio e agli uomini.
La pretesa di conoscere dei progenitori Adamo ed Eva fu apportatrice di dolore e di lutto. La disponibilità a imparare della Vergine Maria dette al mondo l’autore stesso della Sapienza e la Verità incarnata.
Adamo ed Eva vollero imparare dal serpente per rendersi indipendenti da Dio e così subirono la separazione dalla Sorgente della Vita. Maria pone una domanda all’angelo, ma per obbedire meglio, più consapevolmente e più liberamente. Ella crede alle parole dell’angelo, le basta quello che Dio si degna di rivelarle volta per volta e obbedisce in maniera pronta e generosa.
Tante volte anche noi vogliamo capire il senso degli avvenimenti che ci capitano personalmente oppure di quelli che ci coinvolgono in quanto membri della società. Maria ci dà l’esempio di una fede grande, una fede che interroga, ma che poi anche sa accettare e incarnare nella sua vita quello ha appreso nell’ascolto attento della Parola del Signore.