Omelia (27-07-1997)
mons. Antonio Riboldi
I miracoli dell'amore

Ci sono pagine del Vangelo che tutti, anche i più distratti o lontani, conoscono e mostrano il grande cuore di Dio che si fa vicino all'uomo non solo nella sua gioia, ma soprattutto nella sua povertà e sofferenza.

Quasi sempre Gesù, nella sua vita pubblica tra le folle, a chi si rivolgeva a Lui, come "all'ultima spiaggia", chiedeva la fede. Basta ricordare la resurrezione della figlia di Giaìro o la vista del cieco nato e tanti altri.

"La tua fede ti ha salvato". E' il commento di Gesù, sempre.

In questo periodo estivo tanta gente, ma tanta, va in pellegrinaggio ai Santuari, non solo per devozione, ma tante volte per mettere nelle mani di Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, necessità, guarigioni del corpo e dell'anima che solo Gesù può operare e la Mamma intercedere.

Vado sovente anch'io a Lourdes o a Fatima o altrove per "caricarmi di quella vita dello spirito" tanto necessaria per affrontare serenamente la missione che è ogni vita. Vado anche per sentire la vicinanza di Dio che lì si tocca quasi con mano, e la sua compassione.

Quanta gente affolla la grotta di Lourdes o la cappellina di Fatima. Una folla che non nasconde la sua fede, ma si fa "bambina" perché la Mamma legga e comprenda ciò che è preghiera del profondo del cuore.

Sempre ho il privilegio di presiedere la processione eucaristica del pomeriggio con la "immensa folla" che accompagna Gesù pregando e cantando ed alla fine ci si sofferma a benedire i tantissimi ammalati che sono disposti a cerchio ai piedi della Basilica. E' una benedizione lenta che si sofferma quasi davanti ad ogni ammalato. Puoi vedere tutte le sofferenze della nostra umanità. Ogni volta fisso il volto di donne, uomini, giovani, anziani, bambini che dalle loro carrozzelle sembra offrano a Gesù, che tutto può, la loro malattia, con fiducia, grande fiducia e serenità. Cerco con gli occhi dell'anima di leggere lo sguardo di Gesù che ho tra le mani. E ho sempre la netta impressione che le Sue Mani accarezzino il volto degli ammalati lasciando l'impronta del Suo amore che è come una guarigione. E' davvero un grande miracolo quello che si osserva benedicendo gli ammalati: o anche pregando con i pellegrini.

Dio non manda mai a casa a mani vuote!

Come è nel Vangelo di oggi che narra la grande moltiplicazione dei pani. E' da Gesù che parte l'iniziativa. Vede la grande folla che Lo aveva seguito e per sentirLo o vedere i "segni" che faceva sugli infermi e si rivolge ai Suoi discepoli così: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?" "Diceva così: - racconta l'Evangelista - per mettere alla prova i Suoi: sapeva bene infatti quello che stava per fare".

Filippo fa notare che "duecento danari di pane non erano sufficienti perché ognuno potesse riceverne un pezzo". Si fa avanti Andrea e fa notare che c'era tra quella moltitudine un ragazzo che aveva cinque pani e due pesci: ma cos'era questo per tanta gente?".

Ma a Gesù basta il poco dell'uomo per dare il tanto di Suo. E così "prese i pani e dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero, finché tutti furono saziati".

Ancora oggi esistono ovunque le "folle" che hanno fame e sete: i poveri del nostro tempo che Gesù affida alla capacità di amare di ciascuno di noi.

Nessuno da solo può fare il miracolo di sfamare le povertà che ci assediano. Però...se ciascuno è pronto a dare "i cinque pani e i due pesci "che ha, come fece il ragazzo del Vangelo, davvero avviene la moltiplicazione dei pani.

Qualcuno afferma che basterebbe che chi può desse l'uno per cento dei propri beni, per sconfiggere la fame nel mondo. Ma purtroppo l'egoismo non è capace di questo miracolo.

Basterebbe nella vita quotidiana, saper donare un sorriso a chi incontriamo e che davvero a stento riesce a nascondere la sua "fame di miracolo" per fare il miracolo.

E il nostro tempo ha davvero tanto bisogno di "miracoli". Dio è pronto a mostrare la Sua potenza: ma vuole da noi il poco del nostro amore e condivisione.

Voglio augurarmi che tutti sappiamo costruire "insieme noi e Dio", i miracoli ed anche a nostra volta riceverli, quando è il momento della nostra necessità di miracolo.