Omelia (01-01-2009) |
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PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE a cura del prof. Gigi Avanti Quale madre non sognerebbe per il proprio figlio una vita senza problemi, un destino di totale felicità? Quale madre non sognerebbe per il proprio figlio di essere la madre migliore del mondo, ma che al tempo stesso non avesse di che soffrire di preoccupazioni e di delusione a causa di lui? E quale figlio non sognerebbe di avere per madre la più amabile del mondo e che al tempo stesso fosse soltanto per lui, sempre disponibile come al tempo della vita uterina, esclusivamente per lui? E quale figlio, parimenti, non sognerebbe nel profondo del suo cuore, di essere per la sua madre, il figlio desiderato, tanto sognato, preferito e quindi in grado anche di non farla mai preoccupare o di non deluderla mai? Sogni, aspettative...che danzano sul soffice terreno dell’anima e che si affacciano talvolta alla finestra del cuore facendolo sobbalzare di emozioni intense, ineffabili... Sogni che fanno bene a continuare a danzare nel profondo dell’anima senza voler diventare realtà, perché la realtà, anche quella intimamente custodita nel mistero di Dio che vuole una Madre tutta speciale per sé pur non riservandola tutta per sé e che le sarà Figlio causa di dolore e di preoccupazione, sembra enigmaticamente diversa. Ogni madre infatti è consapevole che il danzare dei sogni comporta imprescindibilmente anche sudore, dolore e fatica e che, paradossalmente, il prezzo da pagare per la realizzazione dei sogni è sempre alto. E questo vale anche quando a sognare è lo stesso Dio; sognare di essere un Dio in esclusiva per la sua creatura preferita, il migliore... sognare che la sua creatura preferita lo riconosca per tempo e non gli dia motivo di dolore o di delusione... Sogni da Dio! Ogni madre è consapevole della realtà (e tale consapevolezza stipula con la fantasia del sogno una armoniosa alleanza, della quale solamente ai livelli dell’anima è possibile e consentito godere) e cioè è consapevole che lei non potrà essere madre esclusiva di suo figlio... ma dovrà fare da madre a chissà quanti non nati tramite lei... Così come ogni madre è consapevole di dover soffrire dolori e ansie per le strane pieghe che prenderanno talvolta i destini dei propri figli. Allo stesso modo ogni figlio è consapevole (e arrivi per tempo e senza musi lunghi a tale consapevolezza, onde non rimanere un deluso a vita dalla madre...) di non poter pretendere la propria madre solo e unicamente per sé, così come è consapevole (e questo è il prezzo della libertà) della possibilità di combinare l’amore per sua madre con l’esserle motivo di delusione e di dolore per le proprie scelte di vita. Curioso notare come tale danza di sogno e realtà che avviluppa in un abbraccio misterioso madre e figlio, veda in scena lo stesso Dio. Un Dio che non ha vissuto i suoi sogni in esclusiva (pur essendo sogni da Dio) e che non ha ritenuto questo "essere un Dio" una prerogativa e un tesoro da tenere gelosamente tutta per sé. Quando ha sognato una Madre come Dio comanda (!) era al tempo stesso profondamente (cioè divinamente) consapevole che non avrebbe potuto essere una Madre da tenere in esclusiva tutta per Sé. Quando ha sognato di poter essere un Figlio come Dio comanda (!) era al tempo stesso consapevole che ciò avrebbe comportato dolore e delusione a Sua Madre. Si consideri se in tutto questo non vi sia magari lo zampino dello Spirito Santo! Forse sta proprio nel come si vive il rapporto madre-figlio tutto il mistero del gioire e del soffrire umani. Sognare troppo, come descritto nelle righe precedenti, conduce alla sofferenza incrociata di madri e figli. Riconoscere e accettare la realtà, come descritto sopra, condurrà sì alla croce di una qualche possibile sofferenza, ma sarà proprio questa a farci volare nella direzione dei propri sogni. Basterà avere un po’ di pazienza (intesa come accettazione del prezzo da pagare per vivere la "realtà" dei propri "sogni") ...a differenza della Madre di Dio, che di pazienza, essendo "figlia del suo Figlio", ne ha avuta molto di più. SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE a cura di don Andrea Lonardo «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4). Solo l’onnipotenza di Dio è tale da poter rendere piccolo ciò che è infinito, solo per la sua stessa libertà Dio che è al di sopra di tutto ciò che ha creato può al contempo abitare dall’interno la sua creazione e farsi uomo. Ma ciò avviene anche per l’assenso di Maria. Dio è colui che tutto opera, ma egli vuole operare attraverso l’opera dell’uomo, attraverso il sì della sua creatura, attraverso il fiat di Maria. Senza Maria non avremmo avuto Gesù. Egli ci viene offerto, donato, non solo dal Padre, ma anche dalla Vergine. Anzi, Maria è – come scrisse nella sua Commedia il Poeta – il "termine fisso d’eterno consiglio". L’attore e regista Roberto Benigni in questi anni ha aiutato l’Italia intera a riscoprire Dante e ad appassionarsi a queste parole che indicano in Maria il termine stabilito dall’eterna saggezza di Dio, perché il Salvatore entrasse nel mondo. L’attore toscano si è riferito più volte, per commentare il verso dantesco, alle riflessioni di san Bernardo di Chiaravalle che afferma in una sua straordinaria meditazione: «Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello Spirito Santo. L'angelo aspetta la risposta; deve fare ritorno a Dio che l'ha inviato... Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano... O Vergine, dà presto la risposta... Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti batte fuori alla porta. Non sia, che mentre tu sei titubante, egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso. "Eccomi", dice, "sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38)». Tutto il mondo ha atteso quel sì, insieme a Dio stesso. Perché dalla maternità di Maria è dipesa la salvezza dell’uomo. La libera accettazione di quella maternità è stata la porta della salvezza. Liberamente Dio ha chiesto, si potrebbe dire, il permesso a Maria per entrare nel mondo (e, da quel momento, - aggiungeva l’attore toscano - si è anche manifestata in pienezza la suprema dignità della donna, poiché niente le può essere imposto senza libero assenso, se anche Dio ha voluto attendere la sua libera risposta; lì è nata la poesia cortese, lì ha avuto inizio la comprensione degli inalienabili diritti femminili). La maternità di Maria è necessaria perché Cristo non è "naturalmente" nel mondo. Egli vi deve entrare, vi deve essere portato. Dall’opera dello Spirito, certamente, ma anche, per insondabile disegno di Dio, dal libero assenso della Madonna. La fede cristiana afferma, proprio a motivo dell’incarnazione, l’"hic" ed il "nunc" della salvezza. La salvezza non è prima "sempre e dovunque", ma è innanzitutto "qui" a Betlemme e "ora" al momento della nascita del Signore. Se può estendersi dappertutto e sempre è solo perché prima è stata "qui e ora". È ben per questo che sempre la chiesa ha amato e venerato Maria, comprendendo che porla al centro dell’attenzione è l’unica via per giungere al Gesù reale, vero uomo e vero Dio. Dice l’evangelista: «I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia». Non trovarono il bambino solo, ma egli era insieme a sua madre ed all’uomo che li aveva accolti nella propria casa. Celebrare Maria madre di Dio vuol dire così continuare a celebrare il Natale, continuare a meditare sull’opera compiuta da Dio nella storia della salvezza. Piccola sorella Magdeleine, la fondatrice delle piccole sorelle di Gesù, a motivo di un sogno ricevuto dal cielo che solo per pudore non ha mai voluto enfatizzare, ha invitato le sue sorelle a rappresentare Maria proprio nel gesto di dare il proprio figlio, il Figlio di Dio, al mondo: «Da diversi anni sogno, come se la vedessi, una nuova immagine della Madonna. Non una Madonna che stringe teneramente fra le braccia il suo piccolo Gesù, ma che invece lo porge al mondo: e il suo piccolo Gesù ha solo qualche mese, è avvolto in fasce e così, sdraiato fra le sue mani, la Madonna lo porge con un gesto che dovrebbe essere così eloquente che tutti abbiano voglia di prenderlo». E continua, rivolgendosi agli artisti: «Che Maria vi aiuti a realizzare il più bello dei suoi gesti, il suo atteggiamento più vero, quello che dà alla sua vita tutta la ragion d'essere: quella di donare al mondo il suo piccolo Gesù. Non continuate a porglielo tra le braccia perché lo guardi con tenerezza. Quel bambino non è per lei soltanto. Non accontentatevi di farglielo presentare al mondo, ma che essa, senza rimpianti e tutta felice di offrirlo, lo tenda a tutti quelli che vorranno prenderglielo!». Veramente la generazione di Gesù è stata la ragion d’essere di tutta la vita di Maria. Ma essa ci indica così anche il motivo profondo del nostro vivere. Nessuno vive per se stesso, né muore per se stesso. Invece, abbiamo la vita per offrirla nell’amore. E non c’è amore più grande che aiutare ad amare questo Bambino che è l’origine e la salvezza di ogni amore. Contemplando Maria, la chiesa riscopre che anche oggi Gesù deve essere generato nel mondo, deve esservi portato. Solo la conoscenza del vangelo generata da chi già lo conosce e lo ama, può far nascere nelle nuove generazioni la libertà di accoglierlo a loro volta. Se non ci fosse chi lo portasse loro, esse non potrebbero liberamente accoglierlo, così come se Maria non fosse divenuta madre a nessuno sarebbe stato possibile divenire cristiano. Se Cristo potesse essere trovato da soli, senza la maternità di Maria e quella della chiesa, ciò significherebbe automaticamente che egli sarebbe solamente un’idea filosofica o psicologica che ognuno potrebbe far nascere autonomamente nel proprio cuore. Invece, Gesù, che – come dice Paolo - nessuno dei sapienti o dei dominatori di questo mondo ha mai potuto conoscere, ci viene offerto dalla Madre di Dio. La fede, infatti, non nasce dalla ricerca dell’uomo, bensì dallo stupore di un evento che lo supera: «Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori». Già Socrate ed Aristotele avevano detto che la meraviglia è l’origine della filosofia, che lo stupore dinanzi a qualcosa che è più grande di ciò che già sappiamo e comprendiamo, provoca il pensiero a svilupparsi. Nel Natale e nella festa della maternità di Maria, tutti sono invitati allo stupore, alla meraviglia, per qualcosa che "occhio non aveva visto, né orecchio aveva mai udito". «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». La liturgia ci suggerisce che proprio questo è l’atteggiamento adatto con cui chiudere un anno che il Signore ci ha donato di vivere e preparasi a vivere il nuovo. Essere più pensosi non nel senso di una maggiore introversione o chiusura, quanto nella consapevolezza che per lasciar scendere veramente dentro di noi la realtà degli altri e del vangelo, per non lasciare che tutto scivoli addosso, è necessaria una vita interiore che torni a meditare su ogni incontro con stupore. Ci incoraggi Maria a rileggere dinanzi al Signore Gesù, nella preghiera, gli eventi avvenuti e quelli che accadranno ancora nell’anno che verrà, perché possiamo in ogni circostanza generare ancora il Cristo nel mondo. |