Omelia (04-01-2009)
Paolo Curtaz
Luce e tenebre

La temperatura è rigidissima. Colpa del vento siberiano, dicono i metereologi.
Pazienza: è una buona occasione per testare il materiale supertecnico che ogni buon valdostano ha nel guardaroba, anche se meno diciotto mettono a dura prova ogni tessuto.
Ho aspettato il sole per salire ai duemila metri, in una zona al riparo dalle valanghe, nell’alta valle del gran san Bernardo.
Cammino seguendo le tracce di qualche sci alpinista e, dopo qualche minuto in cui corpo comincia a reagire alla morsa del freddo, mi guardo attorno.
Quanto è difficile descrivere anche solo lontanamente il colore del cielo gelido e del profilo delle montagne innevate...
Rinuncio a spiegarvelo e vi porto nella preghiera, amici cittadini.
Dopo un’ora raggiungo la meta della mia escursione e mi siedo.
Il sole, ora, scalda e lo sforzo di camminare nella neve ha messo in movimento tutto il mio metabolismo. Bevo del provvidenziale thé caldo al limone che ho prudenzialmente messo nello zaino e tiro fuori Parola e preghiera di gennaio.
La seconda domenica di natale è tra le più fiacche dell’anno.
Ci si arriva con le pile scariche e il colesterolo alto.
Bene il natale, discreta la domenica della Santa famiglia, e vada per capodanno con Maria... Ma tornare a messa per la quarta volta in dodici giorni mette a dura prova la fede!
E la liturgia denuncia questa stanchezza. Cosa c’è ancora da dire?
Allora puntiamo in alto, voliamo ad alta quota, come accade a me oggi.
E vai col prologo di Giovanni, e la meditazione della Sapienza e l’inno agli efesini di Paolo.
Insomma: teologia allo stato puro, emozioni forti, se solo sapessimo ancora averne, leggendo la Parola.
Leggo, poco convinto, e mi fermo subito. Merito della nuova traduzione della CEI che stiamo leggendo dall’avvento. Carino.

Cambiamenti
Giovanni scrive il suo prologo alla fine del suo vangelo, come se fosse un riassunto di tutta la sua predicazione. E ho sempre usato, negli anni scorsi, una frase di fortissimo impatto che ho mandato a memoria e che, dal mio parziale e discutibile punto di vista, dice bene cos’è il mistero del natale (non la farsa del natale che ne abbiamo fatto).
Giovanni dice così: la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.
Chiaro, forte, immediato, devastante.
Non c’è molto da celebrare a natale, ma da convertirsi e pentirsi. L’umanità non ha rivolto una grande accoglienza alla prima venuta di Dio. C’è poco da festeggiare, insomma, quasi come se si imbastisse una festa in ritardo. Natale è dramma: Dio viene e l’uomo non c’è. Pochi si accorgono, ancora meno lo accolgono: Maria e il suo amatissimo sposo, i pastori, i magi, Simeone e Anna la profetessa. Fine dell’elenco. Ecco perché i fratelli orientali osano dire ciò che noi, pudicamente, omettiamo: nelle icone della natività il bambino è adagiato in una tomba. È già il mistero di contraddizione, è già il crocefisso (non per niente i magi portano la mirra per imbalsamare i cadaveri...) questo bambino. Poche dolcezze e smancerie, pochi sussulti davanti a questo infante ma scelta, schieramento, riflessione.
Bello.
Ma, nella nuova versione, c’è una nuova sfumatura.

Vittorie
La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Bella storia. In questa nuova traduzione (quando scendo andrò a verificare sui testi originali se ci sta) si sottolinea non il rifiuto delle tenebre, ma l’ostinazione e la forza della luce.
Dio insiste, Dio non si da per vinto, Dio esagera, alza il tiro, offre una soluzione, si dona ancora e sempre. Bello, bellissimo.
Se fossi Dio mi sarei già stufato da un pezzo dell’umanità, credetemi.
E invece no, Dio insiste, Dio non cede, Dio vince.
Amica che sei nelle tenebre della depressione: le tenebre non vincono.
Amico prete travolto dalla fatica dell’apostolato e dalla solitudine: le tenebre non vincono.
Fratelli che cercate di portare un minimo di logica evangelica nella vostra azienda passando per fessi: le tenebre non vincono.
Discepoli che portate la logica della pace e della dignità umana nelle discariche del mondo dimenticate da tutti: le tenebre non vincono.

Figliolanza
A chi accoglie la luce Dio dona il potere di diventare figlio di Dio, scrive Giovanni il mistico.
Io sono figlio di Dio. Non m’importa essere altro.
Né premio Nobel, né grande star.
Sono già tutto ciò che potrei desiderare.
Solo che corro dietro a mille sogni e a mille chimere pur di ricevere compiacimenti e approvazione. Ma sono già figlio. Solo che non lo so. O non lo vivo.
Natale è la presa di coscienza della mia figliolanza, della mia dignità, del fatto che Dio si racconti e che sia splendido.
Ecco, fine, chiudiamo il cerchio.
All’inizio dell’avvento dicevo: non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce. Gesù è già nato, ha svelato il volto di Dio, è morto e risorto, ha salvato il mondo, ogni uomo.
È che il mondo non lo sa.
Gesù è nato, a noi – ora – di nascere alla fede, infine.

Ripongo il libretto. Guardo a lungo, mi nutro di bellezza.
Il sole ora è al suo zenit, in basso è già scesa l’ombra.
Ma qui in alto tutto è luminoso.