Omelia (06-01-2009)
padre Gian Franco Scarpitta
Anche noi andremo a Betlemme

La celebrazione dell'epifania nei primi tempi non era dissociata da quella del 25 Dicembre poiché la commemorazione della nascita veniva associata immediatamente a quella della visita dei Magi alla casa in cui Gesù Bambino veniva accudito da Maria e Giuseppe. Nei secoli successivi invece si operò la distinzione fra il giorno della celebrazione del Natale e quello della visita dei Magi, definito poi Epifania, ferma restando tuttavia la concezione del Natale non come un giorno ma come Tempo liturgico intercorrente dal 25 Dicembre al 6 Gennaio.
Il termione "epifania" (epi - faino) è di origne greca e designa sempre la manifestazione (o presenza) di una divinità; nel paganesimo intendeva la manifestaizione miracolosa di un Dio identificato con un qualsiasi fenomeno atmosferico o con un evento naturale ed è proprio da questo concetto che il cristianesimo derivò l'applicazione a Cristo a del medesimo concetto: per "Epifania" si intendeva la manifestazione di un miracolo o di un evento prodigioso realizzato dallo stesso Cristo Figlio di Dio. Anche il miracolo delle nozze di Cana era definito "epifania" perché è di fatto la manifestaizone di Cristo Messia e Salvaotore.
Con il termine suddetto oggi invece si intende la manifestazione immediata al mondo di Gesù appena concepito nella carne dalla Vergine Maria: il Signore appena incarnatosi ora appare e si manifesta, mostrando tutta la pienezza della sua gloria, comunicando ai pastori la sua salvezza come messaggio di gioia e di letizia e attirando a sè tanta gente di provenienza miscredente, come i Magi che giungono da lontano.
Si tratta di uomini dall'identà ancora del tutto incerta ma presumibilmente identificabili ai sapienti dell'antichità orientale tutti dediti allo studio dei fenomeni astrali, interpretando ogni evento della vita come un segno della volontà delle stelle. Si tratta di uomini da sempre invischiati dalla sapienza umana e dall'erudizione, difficilmente sensibili all'apertura di cuore e per niente avvezzi ai riferimenti della trascendenza e ai contenuti del sacro e della religione; per loro quello che conta è la scienza astronomica e strologica o al massimo la filosofia intenta ad interpretare il mondo sempre secondo gli schemi dei fenomeni cosmici. Eppure proprio loro adesso c vengono attratti dalla presenza di Gesù Bambino Verbo di Dio non già mentre questi predica o agisce, ma piuttosto mentre coltivando il silenzio si trastulla fra le braccia della mamma.

E' la semplice presenza del Fanciullo quindi quella che opera nella loro sensibilità e della quale si accorgono... attraverso una Cometa.
Probabilmente questa sarà stata anche un fenomeno astronomico reale oggi scientificamente fondato, tuttavia noi ci ostiniamo ad affermare che non è affatto casuale: nella Cometa risiede infatti la Luce, cioè sempre la presenza del divino che intende orientare l'uomo, come già si afferma del resto alla Prima Lettura tratta dal Profeta Isaia, che dal canto suo definisce Dio stesso "Luce che viene" a rinnovare la vita di Gerusalemme; ebbene, alla vista di questa luce-presenza perfino degli scienziati enormemente avvinti dalle certezze del loro sapere vengono condotti al Fanciullo.
Essi provano gioia nel notare la Stella ma soprattutto esultano nell'adorare il Figlio di Dio mentre depongono (proprio loro!) tre doni emblematici: 1)oro, il simbolo della regalità che afferma appunto il carattere regale di questo Bambino; 2) incenso, che simboleggia la divinità e riconosce quindi nel Fanciullo il Re dell'universo; 3) mirra, il materiale con il quale si imbalsamavano i cadaveri e che richiama l'attenzione sulla futura morte dello stesso Re per la Resurrezione.
Uomini illustri per dottrina e intelligenza razionale compiono un atto di fede che esemplare anche per i nostri giorni, in cui imperversa il fenomeno definito "indifferentismo religioso" o "secolarizzazione", nel quale in nome dell'autonomia umana si tende addirittuta a combattere ogni riferimento alla fede e alla religione; eppure l'uomo per sua natua è condotto a cercare la verità anche con i propri mezzi e ricorrendo a tutte le sue forze e non di rado impone a se stesso delle normative di vita chei siano di orientamento solido e costante. Comprendiamo così che la manifestazione del Verbo Incarnato nella nosttra vita ci è necessaria e che l'epifania è una inconsapevole richiesta che comunemente ci interessa tutti. Perché tutti necessitiamo che Dio ci venga incontro e che ci vsiti e anche nel nostro caso, che Egli ci attiri a sè proprio come avveniva nei Magi.
Ebbene, il Verbo di Dio non manca mai di offrirci la sua presenza illuminante e orientativa, ma chiede che noi si prescinda dalle nostre certezze e dalle nostre sicumere assurde e fallaci per aprire il cuore alla speranza e allafiducia in Qualcosa che in realtà non va cercato perché ci viene donato.
In questa Solennità noi riscopriamo la necessità di rinnovare la nostra convinzione quotidiana che Dio è presente nella nostra vita, e che la Sua Compagnia già in se stessa è prerogativa atta a colmare i nostri vuoti e le nostre lacune infondendo certezza e speranza nel presente e nel futuro... Quindi a valutare maggiormente l'efficacia della Parola; rimane tuttavia il fatto che questo costituisce pur sempre una questione di cuore, vale a dire: finché ci si preclude e ci si nasconde dietro alle nostre certezze l'Epifania non apporterà mai nulla di nuovo in noi. Quindi, sulla scia dei Magi occorre rompere i legami eccessivi della razionalità e degli ambiti umani e lasciare spazio alle esigenze del cuore, eseguendo un atto di affidamento libero e spontaneo al Mistero una volta che Questo ci si è reso presente nell'ottica della fede e della speranza... E anche noi andremo a Betlemme.