Omelia (08-02-2009) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Oggi vorrei soffermarmi brevemente sull’Evangelo di Marco (1,29-39) che la Chiesa propone alla nostra riflessione. Per noi del CPM e di Famiglia Domani è una pagina particolarmente importante perché l’atteggiamento di Gesù pare confermarci (senza necessariamente tirarlo per la giacca, come si suole dire) nella nostra scelta di metodo (che è poi anche di sostanza): quella del "vedere-giudicare-agire". Ma andiamo con ordine. Gesù si reca con Giacomo e Giovanni nella casa di Simone (sarà poi "Pietro"). La suocera di Simone è a letto con la febbre. Una casa con una donna malata è una casa triste, deprivata della spontaneità dell’accoglienza, del valore squisitamente femminile della dedizione appassionata. Gesù allora la solleva, prendendola per mano, e subito la febbre se ne va, mentre alla donna non sembra vero di avere nuovamente l’opportunità di poter "servire" gli ospiti. La voce corre, si sa com’è, e ben presto il cortile della casa è letteralmente invaso da sofferenti, da persone che, come il Giobbe della prima lettura, sperimentano la dura fatica dell’esistere. Gesù vede questa situazione di sofferenza e non rimane certo con le mani in mano. Ma al mattino presto – è quasi sempre all’alba che vengono le buone intuizioni – il Maestro si nasconde in un luogo deserto, appartato. Per confrontarsi con il Padre. Per lasciarsi giudicare dalla Sua Parola, in un dialogo filiale con Lui. Che cosa cerco? Un potere, una conferma, un granello di incenso sul mio narcisismo? Qual è, Padre, la Tua volontà? Simone – anche quando sarà già Pietro rivestirà talvolta questo ruolo di "divisore", di "dia-ballo", un ruolo nefasto che Gesù non mancherà di rimproverargli – lo vorrebbe trattenere: Tutti ti cercano. Vedi quanta gente ti vuole... quanta gente malata, sofferente, che vuole guarire. Ma Gesù è ormai pronto per la terza fase: l’agire. Ha deciso, si è confrontato con la volontà del Padre. Ha scelto la strada più scomoda, meno gratificante, che può addirittura generare ad uno sguardo superficiale una sorta di perplessità. «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là, per questo infatti sono venuto». E anni dopo Paolo ammetterà: «...Guai a me se non predicassi il vangelo! ... È un incarico che mi è stato affidato... (E la mia ricompensa è quella di) predicare gratuitamente il vangelo...». Grande lezione, e semplice ad un tempo. Giovanni, il battezzatore, con fine sensibilità teologica, aveva detto: Io devo diminuire, perché lui cresca... Noi dobbiamo diminuire, metterci da parte, perché Lui cresca. La Chiesa deve diminuire, abbandonare i segni del potere, del controllo delle coscienze, degli apparati, perché Lui cresca. È Lui che conta, non noi. È Lui che ci spinge a cercare, a cercare sempre, a cercare ancora, non dobbiamo pretendere soluzioni prefabbricate. È Lui che ci spinge ad essere creativi, innovativi, a fare scelte spesso contro corrente. È Lui che ci invita a non cercare il consenso, facili scorciatoie, a non adagiarci nel calore dell’accoglienza. Andiamo...! È Lui che ci invita a scegliere tra la metafora delle radici e quella, quanto più povera, del seme. Andiamo...! Ma per poter cogliere appieno questo messaggio dobbiamo vedere la situazione, giudicarla attraverso la Parola, pregarla questa Parola, e agire, prendere una decisione seguendo la nostra coscienza. Anche in famiglia. Soprattutto in famiglia. Traccia per la revisione di vita 1) Quando in coppia, in famiglia, nella comunità cristiana, nella società dobbiamo assumere una decisione difficile, sappiamo far risuonare in noi la Parola di Dio e lasciarci giudicare da essa nelle nostre scelte? 2) Nei nostri atteggiamenti in coppia, in famiglia, nella comunità cristiana, nella società, quanto siamo guidati dal desiderio di potenza, dalla ossessione per la visibilità, dal conformismo, o non piuttosto da un sentimento di umiltà, di disponibilità all’ascolto della coscienza, dello Spirito che attraverso essa ci parla? 3) "Preghiamo" la Parola? Commento a cura di Luigi Ghia, responsabile della rivista Famiglia Domani |