Omelia (06-01-2009) |
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Seguire la stella come i magi L'epifania, col suo fascino misterioso, è il coronamento gioioso di tutto il tempo natalizio. Una grande luce si sprigiona da questa solennità a diradare le dense tenebre che coprono la terra: una luce che proviene da un bambino che è il Figlio dell'eterno Padre, il messia degli israeliti, il Dio dei pagani e, di fronte ad Erode, il re delle genti. Secondo la meravigliosa pedagogia divina, il messaggio di natale viene annunciato attraverso segni adatti a ciascuno: ai pastori attraverso una mangiatoia, ai magi attraverso una stella, ai teologi attraverso la Scrittura, ad Erode stesso attraverso tre saggi venuti dall'oriente. Questi pagani rimangono per noi la figura dell'immensa moltitudine umana, sradicata dal paradiso, e che serba di quel lontano ricordo una segreta fame inappagata. Quanti ebbero il presentimento della nascita di questo re dei giudei, venuto al mondo sotto una buona stella? Non lo sappiamo. Soltanto i magi si misero in cammino e seguirono la stella fino a Betlemme. "I cieli narrano la gloria di Dio" (Sal 18,2). Affidandosi alla sapienza umana, i magi vanno in primo luogo a Gerusalemme, il centro spirituale del popolo ebraico. Perché nel piano di Dio bisogna che la loro scienza arrivi a cedere le redini alla Scrittura rivelata, che indicherà loro dove si trova il bambino. La fede nascente e già messa alla prova può allora intraprendere l'ultima tappa: quella che farà loro riconoscere nel neonato di Betlemme il re di un regno invisibile. Non rimarrà quindi che tornare in patria per un'altra strada: quella di un'altra vita con la stella in fondo al cuore, per sempre. Gli scribi, invece, non si muovono: sentinelle addormentate, lasciano che il deposito della Verità vivente divenga come un frutto secco fra le loro mani. Quanto ad Erode, che sente vacillare il suo trono, non fa' che covare progetti omicidi. Ma Dio veglia su tutti coloro che camminano sulle tracce di una stella... |