Omelia (04-01-2009) |
don Daniele Muraro |
Annuncio di fede Quando si ascolta qualcosa di difficile, la maniera per capirci qualcosa è partire da quello che sembra più evidente per arrivare a poi farsi un’idea di quello che è oscuro. Il prologo del Vangelo di san Giovanni indubitabilmente si eleva al di sopra dei ragionamenti comuni e ci fa intravedere un orizzonte immenso. Non per nulla san Giovanni è rappresentato sotto la figura dell’aquila, dal volo maestoso e dall’occhio penetrante. Gli antichi credevano che l’aquila fosse l’unico uccello a poter guardare direttamente il sole e a sopportarne la luce. Anche per questo avevano associato a questo animale il quarto evangelista. Nelle recenti eclissi di sole, più di uno che per curiosità ha osservato il fenomeno privo di protezione adeguata, ha dovuto subito dopo ricorrere alle cure dell’oculista per lesioni alla retina. Il nostro vetrino per guardare il mistero di Dio si chiama Giovanni Evangelista. Se lo seguiamo passo passo nella sua esposizione ci eviteremo anche dei mal di testa. Perché san Giovanni parla dall’alto della sua Sapienza ispirata, ma anche dal profondo della sua esperienza diretta. Dicevamo dunque di partire dalla frase più accessibile e siccome di solito quello che si ricorda di più è quello che viene detto in fondo, verso la fine del prologo troviamo quella espressione che spesso viene usata anche per riassumere il senso del Natale: "Venne ad abitare in mezzo a noi". Ovviamente si parla di Gesù, il Figlio di Dio. "In mezzo a noi" vuol dire anche apparentemente "confuso con noi", senza grossolani segni di distinzione dagli altri uomini. Come dice il Concilio Vaticano II: "Gesù ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo: s'è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato". A trent’anni quando iniziò il suo ministero pubblico, per tutti Gesù di Nazaret era il figlio di Maria, o anche secondo il Vangelo di Luca, il figlio di Giuseppe, e la sua parentela gli era tutta attorno. I due evangelisti Matteo e Luca possono indicare anche la genealogia di Gesù, risalendo di generazione in generazione, il primo fino ad Abramo e il secondo addirittura fino ad Adamo. Passiamo ora alla prima parte della frase: "Venne ad abitare", letteralmente, "piantò la sua tenda" sempre in mezzo a noi. L’espressione è suggestiva, lascia immaginare un popolo nomade nel deserto, una lunga scia di pellegrini che di tanto in tanto si accampa per passare la notte e ad un certo punto ecco si aggiunge una tenda al gruppo, quella del Figlio di Dio, fatto uomo. Una tenda non è una casa in muratura stabile e sicura e infatti per il bambino che doveva nascere non si trovò posto nell’albergo e presto il neonato con Giuseppe e Maria dovette prendere la strada dell’esilio in Egitto, almeno finché si fosse placata l’ira di Erode. "Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto" conferma san Giovanni nel prologo, ma poi si corregge: "A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio". In effetti Gesù nacque povero e solo, ma non abbandonato e neanche nella miseria. Oltre che dall’amore di Maria e Giuseppe la sua nascita fu allietata dalla visita dei pastori e dai doni dei Magi. I vangeli dell’infanzia sono concordi nel dichiarare che tutti costoro si congedarono dalla santa Famiglia pieni di gioia e di una consolazione nuova. San Giovanni da un nome a queste emozioni: il potere di diventare figli di Dio, ossia la sensazione che tramite quel bambino si può essere introdotti in una familiarità nuova con Dio, tanto da potersi considerare suoi figli adottivi. "Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato." La conclusione del prologo è come il riassunto di tutto quello che san Giovanni ha da dire a proposito di Gesù. Prima di iniziare a raccontare la sua storia san Giovanni si cimenta nell’impresa di descrivere l’identità di questa persona di cui parlerà a lungo: Gesù è colui che ci ha rivelato Dio, perché Egli da sempre è il suo Figlio in senso proprio, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre, come diciamo nel Credo. A questo punto il vetrino di san Giovanni Evangelista lascia passare troppa luce o troppo poca luce a seconda di come lo si mette e di come lo si guarda. Non è più questione di capire, ma di credere, o per meglio dire, da qui in poi se si vuole capire bisogna insieme anche credere. "La Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo." Mosè dette una legge, delle regole di comportamento, utili per vivere bene, ma non decisive. Per mezzo di Gesù vennero la grazia e la verità, cioè ciò che manca alla semplice enunciazione di una legge: la forza di metterla in pratica e i motivi per farlo. Con Gesù è diverso sembra dire san Giovanni e questa differenza fra Gesù e ogni altro uomo, perfino il più grande e il più giudizioso di tutti che fu Mosè, questa differenza è apprezzabile adeguatamente solo attraverso la fede in lui come Figlio di Dio. Se si accetta Gesù come Figlio di Dio si apre un universo di significati e di valori. "Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita.", oppure cambiando la posizione del punto: "ciò che esiste in lui era la vita". L’esperienza della lettura del prologo san Giovanni si trasforma così nell’impatto con un torrente in piena in cui la luce, le tenebre, la vita, il mondo, il senso di ogni cosa, tutto ruota vorticosamente attorno a Gesù. Noi però siamo costretti ad abbandonare la meditazione sul testo, non prima comunque di esserci soffermati un attimo sull’espressione di apertura di questo prologo: "In principio era il Verbo". Anche il libro della Genesi comincia in principio (non avrebbe potuto fare altrimenti): "In principio Dio creò il cielo e la terra.". Ora san Giovanni ci dice che esiste un principio precedente allo stesso principio del mondo ed è Gesù, per questo chiamato il Verbo, cioè il senso di ogni cosa. Egli solo si può considerare nel principio, cioè in Dio che è il principio assoluto e se Egli era in principio presso Dio egli è anche Dio. Ci ha salvati Dio e non un qualunque suo rappresentante, siamo ormai stati elevati al livello di Dio perché Dio si è abbassato al livello nostro: questo è il messaggio del prologo di Giovanni, il messaggio della fede che da allora continua a risuonare nella Chiesa e che ci può accompagnare anche per tutto questo anno appena iniziato. |