Omelia (04-01-2009) |
mons. Ilvo Corniglia |
Che cosa è stato il Natale per noi, per me? Solo o prevalentemente chiasso, distrazione? Un momento di serenità e dolcezza sentimentale, ma senza un coinvolgimento serio e profondo? Un evento che ha cominciato a cambiarci la vita? Un incontro autentico con la persona del Salvatore Gesù oppure un dono buttato via, un’occasione sprecata? Comunque sia, questa pagina di Vangelo, unica e incomparabile, oggi ci offre la possibilità di rifare o fare per la prima volta l’esperienza più vera del mistero natalizio. Abbiamo qui quasi una sintesi anticipata dell’intero Vangelo. Qui tutta l’attenzione è concentrata sul Protagonista assoluto che è Gesù e sul dono della salvezza che Egli offre. Può essere un esercizio utile cercare di comprendere, uno dopo l’altro, i titoli che l’evangelista attribuisce a Gesù: "Gesù Cristo...il Figlio Unigenito...Dio...Luce...Vita". Ogni titolo ha un contenuto abissale. In modo particolare: "il Verbo", cioè la Parola. Perché Gesù è chiamato così? Attraverso la parola noi comunichiamo con gli altri, ci facciamo conoscere, realizziamo un rapporto, costruiamo un’amicizia. Così Dio ci ha parlato e parla in diverse maniere: la realtà creata, la Legge di Mosè, i profeti...Ma in modo perfetto Dio ci ha parlato in Gesù. Egli è la rivelazione palpabile di Dio Amore. E’ la Parola ultima e definitiva con cui Dio si manifesta, è il Rivelatore di Dio, la suprema Rivelazione di Dio. Per questo è chiamato la Parola. In questa pagina Giovanni, il testimone oculare, ci narra l’avventura di Cristo, Parola, Figlio di Dio, Luce... Nello stesso tempo ci confida la scoperta che egli ha fatto di Gesù, convivendo con Lui. Una scoperta, un’esperienza che ha trasformato la sua vita e l’ha riempita di significato. Tale scoperta, tale esperienza - che anche noi possiamo fare interiorizzando questo brano di Vangelo - Giovanni la espone come in tre momenti, in tre ondate successive, in tre cicli paralleli (vv. 1-5; 6-14; 15-18). In ciascuno di essi descrive lo stesso tema, riprendendolo, variandolo, approfondendolo da un ciclo all’altro: la presenza del Verbo incarnato nel mondo e il dono che ci offre. - Nel primo momento (vv. 1-5) l’evangelista contempla la vita del Verbo in Dio e la sua relazione col mondo. In Dio: "In principio era il Verbo" (cfr. Gn 1,1). Quando non c’era ancora nulla e Dio cominciò a creare l’universo, esisteva la "Parola", prima del tempo, da sempre. Esisteva non da sola, solitaria, ma in compagnia: "e la Parola era presso Dio", cioè accanto a Lui e distinta da Lui. Propriamente: "rivolta verso Dio", in una relazione d’amore. Ma ecco, come il vertice di una spirale, una terza affermazione che toglie il fiato: "e il Verbo era Dio". Distinto da Dio, ma sullo stesso piano, di uguale natura. "Tutto è stato fatto per mezzo di Lui", dalla creazione del mondo a tutti gli interventi di Dio nella storia. Dalle immense galassie al filo d’erba, all’esistenza non solo umana, ma cristiana, tutto lo dobbiamo a Lui. In modo speciale il dono della Rivelazione e della Vita: "In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini". In Lui, nel Verbo incarnato, c’è una pienezza traboccante di vita e di luce, e tale pienezza è per tutti gli uomini. La sua vita in Dio e con Dio non è rimasta nascosta ma si è rivelata e si è comunicata: "la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno vinta". Si profila il dramma degli uomini che, dominati dal Maligno, si ostinano a rifiutare la Luce. Non solo, ma la combattono, l’aggrediscono. Qui viene evocata la passione di Gesù. Ma anche la sua vittoria sulla morte. Chi combatte Cristo non riuscirà mai a soffocare la Luce, che è Lui, né a impedire che molti si aprano a tale Luce. Finora il linguaggio era generico, simbolico. - Nel secondo ciclo (vv. 6-14) si fa più concreto: l’evangelista descrive il momento essenziale dalla storia della salvezza, cioè la venuta del Verbo nel mondo. In questo Avvenimento c’è una preparazione: la testimonianza di Giovanni (vv.6-8: cfr. III domenica di Avvento). Si afferma poi solennemente che "veniva nel mondo la Luce vera". Gesù è come un sole che sorge per ogni uomo della terra, illuminandolo e salvandolo, se egli lo accetta. Ecco, appunto, il fatto tragico e incomprensibile: il Verbo - che è Luce e Vita per gli uomini - è presente nel mondo, tra i suoi (vv.10-11), e gli uomini, i suoi, lo rifiutano. Un paradosso scandaloso che perdura. Ma - e qui si coglie la gioia intima ed entusiasta dell’evangelista - c’è chi ha risposto positivamente: "A quanti l’hanno accolto...a quelli che credono...ha dato potere di diventare figli di Dio". Attraverso la fede si spalanca la porta a Cristo, lasciandolo entrare nella propria vita. Ed Egli fa un dono superlativo: ci rende figli. Coloro cioè che "da Dio sono stati generati", in quanto comunica loro la sua realtà di "generato da Dio". A questo punto segue l’affermazione centrale (v.14), in cui si precisa il fatto e il modo con cui il Verbo è venuto, cioè l’Incarnazione: "E il Verbo si fece carne". C’è una distanza abissale fra questi due estremi: da una parte il "Verbo", colui che da sempre era con Dio, Dio egli stesso, creatore; dall’altra la "carne", cioè l’uomo debole, fragile e mortale. L’amore li ha congiunti. < B>"E venne ad abitare in mezzo a noi": "piantò la sua tenda", si fece uno dei miliardi di uomini che, come nomadi, sono passati e passeranno sulla terra. Ma soprattutto nel senso che la sua umanità - come la "tenda" nel deserto e poi il "tempio" - è il luogo della dimora di Dio tra gli uomini. Ormai Dio si fa incontrare in quest’uomo, che è Dio stesso divenuto uomo. In Lui i credenti possono riconoscere la sua "gloria", cioè la sua realtà di Figlio di Dio, "pieno di grazia e di verità": Egli è tutto pieno del "dono della verità". Cioè Egli è tutto rivelazione ed è tutta la rivelazione di Dio Amore. - Nel terzo momento (vv.15-18) il Verbo incarnato è contemplato nella storia e nella vita dei credenti: "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto". Come una sorgente inesauribile e a getto continuo, Gesù offre i suoi doni: la rivelazione di Dio Amore e la realtà filiale. Da tale sorgente noi riceviamo con un crescendo inarrestabile. Ecco la grande "grazia" che rimpiazza e supera quella "grazia", quel dono che era la Legge di Mosè. E’ la grazia della "Verità", cioè della rivelazione su Dio Amore che Gesù offre, che Gesù è: "Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è Lui che lo ha rivelato". In tutto il Vangelo noi abbiamo la fortuna di ricevere tale rivelazione, diventando così sempre più figli di Dio come Gesù e con Gesù E’ riuscito Giovanni a contagiarci un po’ della sua scoperta, del suo stupore gioioso di fronte a tale Avvenimento? E’ riuscito a comunicarci un po’ della sua "passione" d’amore per Gesù? Questa pagina, che contiene il succo di tutto il Vangelo, perché non proviamo a leggerla, a rileggerla, a meditarla, scambiandoci poi fraternamente le impressioni e i frutti? |