Omelia (06-01-2009) |
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Epifania è una festa di luce: una luce che guida a Gesù; una luce che traspare da lui. Anche le religioni non cristiane celebrano la festa della luce che simboleggia, nell'ambito della loro religione, prosperità, pace e gioia che ai nostri orecchi evoca l'essenza dello shalom ebraico. Nella festa di oggi il Vangelo ci narra come lo splendore di una stella attragga a Betlemme genti lontane. Noi sappiamo che esse sono il simbolo di tutti gli uomini, quindi tutta l'umanità che va verso il Signore Gesù, guidati dalla fede per adorarlo. Preghiamo, affinché tutta l'umanità possa adorare un giorno Cristo luce del mondo, in spirito e verità. Le tre letture che abbiamo ascoltato in questo giorno della Manifestazione del Signore, con una sola voce, proclamano che la salvezza operata da Gesù è universale ed è lui, il discendente di Abramo, che ricapitola la storia del popolo eletto e rende partecipe tutte le genti della benedizione promessa al patriarca (Gen 12,3). E’ lui il dono incomparabile di Dio all'intera umanità, anzi, in lui è Dio stesso che si rende presente al mondo (Emmanuele = Dio-con-noi). Nella I Lettura nelle parole del profeta Isaia, abbiamo udito una poesia universale, un canto di gloria alla futura Gerusalemme dei tempi Messianici. Il profeta vede Gerusalemme come il ‘luogo’ verso cui affluiranno tutte le genti per lodare Dio. La festa di oggi ci dona luce e fede per vedere in Gesù quel luogo predetto del profeta, per andare verso di lui, il Figlio Unigenito del Padre e accoglierlo nella nostra vita. Il Salmo responsoriale con il Salmo 71 fa eco a questa visione messianica: il regno di Dio si estenderà sino ai confini della terra e i popoli tutti adoreranno il Signore. Nei suoi giorni abbonderà la pace e fiorirà la giustizia. Il senso vigoroso di giustizia divina e regale nei confronti soprattutto dei poveri è lo stesso della proclamazione di Gesù nella sinagoga di Nazareth (Lc. 4,18-19; Is 61,1-2). Uniamo perciò la nostra voce a quello del salmista che glorifica l'avvento del regno di Dio nella normale quotidianità. I suoi occhi già vedono "spazio e tempo, natura e società, cosmo e storia sono ricondotte verso il Re-Messia, radice della pace-shalom messianica e del nuovo mondo" (G. Ravasi, Salmi). Nella lettera agli Efesini, capitolo 3, San Paolo ribadisce che la salvezza operata da Cristo è universale. Infatti ci dice: "i gentili - i pagani- sono chiamati in Cristo Gesù a partecipare la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo" (Ef 3,6). Nessuno viene escluso dall'abbraccio di Dio che fa sorgere il sole ogni giorno sui buoni e sui cattivi, 'gratuitamente'. Il canto al Vangelo è la confessione e testimonianza dei primissimi 'seguaci di Gesù. Seguendo lo splendore di quella stella hanno avuto la fortuna di vedere con i propri occhi il Messia atteso da tutta l'umanità. Questo ci dice che la ricerca di Dio non è mai invano se è impostata bene e compiuta con la passione dei Magi. Matteo descrive la manifestazione del Messia ai Magi, quale preludio della conversione dei pagani e del rifiuto del Vangelo da parte dei giudei. L'episodio dei Magi ha qualche elemento storico. In quell'epoca, in tutti i paesi intorno alla Palestina praticavano la scienza astrologica e vi era la ferma convinzione, secondo cui ogni bambino che nasce nella congiuntura astrale, ha la sua stella. L'apparizione di una nuova stella o la congiuntura di due di esse facevano pensare inevitabilmente a un nuovo avvenimento che avrebbe determinato un cambiamento nella storia umana. Ora, siccome la nascita di Gesù era l'avvenimento più importante della storia umana doveva necessariamente essere annunziata dal mondo degli astri. Secondo i calcoli astronomici nell'anno 7 prima di Cristo ebbe luogo la congiunzione di Giove con Saturno nella costellazione dei Pesci (Si ricorda che la nascita di Gesù va collocata fra 7 e 5 avanti Cristo). Ecco allora l'apparire di quella stella e i Magi lasciarono il loro paese. Lasciamo Erode e il resto di Gerusalemme per concentrarsi meglio sull'esperienza dei Magi e li seguiamo con attenzione. La stella si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al solo vedere la stella i Magi provarono una grande gioia. Poi, entrati nella casa videro il Bambino con Maria sua Madre, e prostratisi lo adorarono. Aprirono i loro scrigni e Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 2,11). I doni offerti dai Magi rivelano il profondo mistero di Cristo: Re, Dio, Uomo. Che cosa hanno visto in realtà? Hanno visto un bambino avvolto in pochi panni e deposto in una mangiatoia! Questi uomini pagani che non conoscevano la rivelazione dell'Antico Testamento riconoscono il Messia in questo bambino e non si scandalizzano della sua povertà. Al contrario i dottori della legge e i specialisti nella scrittura non lo riconoscono! Siamo di fronte a una tesi che sarà generale in tutto il corso del Vangelo di Matteo: Gesù è rigettato dal popolo eletto e viene accolto dai gentili. L'episodio sta a indicare che davanti a Dio non vi è preferenza di persona; cadono le barriere del particolarismo giudaico e si afferma l'universalismo della salvezza offerta a tutti senza distinzione. Gesù è il Re che tutti attendono ma, abbiamo visto che è un Re umile e pacifico (Zc 9,9). Chi lo trova ne gioisce come i pastori e i Magi. Accogliamolo anche noi nel nostro cuore come fecero i pastori e i Magi e adoriamolo con gratitudine. Commento a cura delle Monache Benedettine di Citerna |