Omelia (18-01-2009)
don Marco Pratesi
Il tuo servo ti ascolta

La lettura racconta la chiamata di Samuele, complessa figura carismatica che segna il passaggio dall'epoca dei Giudici al periodo monarchico. La sua vocazione si colloca in un contesto di decadenza religiosa, è chiamato a "riparare la casa" di Dio. Il primo messaggio che Dio affiderà a Samuele riguarda infatti il sacerdote Eli e i suoi figli, il comportamento dei quali è sgradito al Signore (vv. 11-14, non letti). La chiamata avviene in piena notte (la lampada è ancora accesa, v. 3), e richiede sia al vecchio sacerdote che al giovane aiutante la fatica di una scoperta graduale, che culmina nella totale apertura all'ascolto: "Parla, perché il tuo servo ti ascolta" (vv. 9 e 10). L'ascolto attento caratterizza la vita di Samuele: da questo momento in poi non lascerà mai che il Signore gli parli invano (v. 19, alla lettera: "non lasciò cadere a terra nessuna parola del Signore").
La pagina induce a varie riflessioni sulla specifica chiamata personale che ogni cristiano deve scoprire e vivere. In primo luogo, la chiamata non è chiusa nell'orizzonte individuale, ma apre e orienta a un popolo, e a un popolo che si trova in una precisa situazione. In altre parole: se autentica, induce sempre a uscire da sé per assumere il proprio posto all'interno del popolo, e a dare il proprio contributo perché i problemi specifici che in quel momento si pongono trovino risposta alla luce di Dio e secondo il suo progetto.
Il fatto che Samuele stia dormendo esprime con chiarezza che la chiamata è iniziativa di Dio e non opera dell'uomo, risposta e non proposta. Perciò al credente non è essenzialmente chiesto di dire parole sue, ma di tacere e ascoltare. Se questo vale sempre, tanto più per la scoperta della propria vocazione. In ciò devo avere chiaro qual è il mio compito e quale non è: non inventare ma accogliere; non mettere al centro l'io, ma Dio. Sono appunto il suo "servo", colui che è rivolto non a se stesso ma al suo Signore. Senza questo decentramento, questa libertà dal proprio ego e dalle sue pretese, non posso prendere coscienza di ciò a cui Dio mi chiama.
Anche in presenza di questa disposizione la scoperta della propria vocazione comporta comunque una gradualità, un cammino; esige la fatica di una ricerca, espressa nel triplice ricorso a Eli. Tre volte Samuele deve svegliarsi e correre, prima di arrivare a cogliere la parola dalla bocca di Dio. Ed è proprio la guida di Eli a metterlo sulla strada giusta. La vocazione invia al popolo, ma anche nasce nel popolo, e nella docilità a chi in esso è portatore della sua sapienza tradizionale, anche se magari non ha personalmente una forte esperienza di Dio e non è "perfetto". Chi, per un motivo o per un altro, magari scandalizzato da questa imperfezione, pretendesse di seguire strade solitarie, comprometterebbe seriamente l'esito della ricerca. Certo, si tratta anche - per Samuele come per ogni chiamato - di uscire poi dalle strade battute e trovare la propria personalissima strada. Proprio per questo è indispensabile un ascolto permanente. L'ambiente nel quale essa nasce - l'ascolto - è anche l'ambiente nel quale essa può vivere. La vocazione si cerca tutta la vita: sempre in ascolto, intenti a sintonizzarsi sulla volontà di Dio, perché nemmeno una briciola di quel pane sostanzioso che è la parola della sua bocca vada perduta (cf. Dt 8,3; Gv 4,32-34; 6,12).

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.