Omelia (11-01-2009) |
don Daniele Muraro |
Annuncio di salvezza Dopo i cieli aperti la notte di Natale e il segno della cometa nel cielo apparso ai Magi nella solennità dell’Epifania, ancora una volta il Vangelo ci presenta un segno dall’alto. Gesù si fa battezzare da Giovanni nel Giordano. Uscendo dall’acqua in cui era stato immerso Egli vede i cieli squarciati e sopra di Lui scendere come una colomba lo Spirito santo. La terra e il cielo si fronteggiano a vicenda e rappresentano due opposti anche simbolicamente: la terra è il luogo dell’uomo, invece con il termine cielo la Bibbia si riferisce al mondo di Dio. "I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie" dice il Signore nella prima lettura e continua: " Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri." Detto con parole moderne Dio è trascendente rispetto all’uomo, lo supera sempre. Egli è eterno e l’uomo è mortale, egli è santo e l’uomo è peccatore. Indovinare il pensiero di Dio non è facile. Su questo punto tutte le religioni antiche si erano esercitate, con esito incerto. Ancora più difficile era sapere se Dio fosse favorevole o contrario, se mostrasse un volto ben disposto o se distogliesse sdegnato lo sguardo. In un dialogo di Platone Socrate paragona l’esistenza umana ad una navigazione su di un ampio mare. Ci sono due modi di farsi un’idea delle cose: o affidandosi ai sensi e ciò equivarrebbe a navigare a vela, oppure quando cala il vento, cioè dove i sensi non possono più aiutare darsi alla seconda navigazione, che sarebbe mettersi a remare, cioè incominciare a cercare per via di ragionamento. Remare è faticoso e non si sa se le forze permetteranno di raggiungere un porto sicuro, cioè un qualche risultato certo. "Imparare da altri, come stanno le cose, o trovare da sé, oppure, se questo è impossibile, accettare l'opinione degli uomini, la migliore s'intende, e la meno contestabile e con essa, come su di una zattera, varcare a proprio rischio il gran mare dell'esistenza, a meno che (ed ecco il punto che interessa) uno non abbia la possibilità di far la traversata con più sicurezza e con minor rischio su una barca più solida, cioè con l'aiuto di una rivelazione divina." La vita è un lungo tragitto in mare aperto, senza punti di riferimento evidenti, siamo come sballottati dalle onde, sempre in pericolo di incorrere in una tempesta e far naufragio. I mezzi che abbiamo a disposizione per la traversata sono le opinioni degli altri, quelle che ci formiamo da soli e il buon senso comune, ma essi ci possono dare l’aiuto come di una zattera. Servirebbe una barca più solida, cioè la rivelazione di come stanno effettivamente le cose, ma solo l’iniziativa di Dio può garantire questo appoggio. Gesù esce dall’acqua del Giordano e sopra di Lui risuona la voce del Padre: "Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento". Il cielo non è più muto alle richieste dell’uomo, ma comincia a rispondere e lo fa indicando a tutti un uomo, che è anche il Figlio di Dio: Gesù. Da questo momento in poi vale la pena di ascoltare solo Lui, perché adempie in tutto ai desideri del Padre e Dio non può fare niente altro che approvarlo e additarlo al pubblico ossequio. Non siamo più costretti ad andare a caso e come a tirare a indovinare su quale sia la rotta giusta nella vita, ce la indicherà Gesù e sotto la sua guida arriveremo al porto, senza aver fatto naufragio, ma sani e salvi potremo toccare terra. Si realizza così quanto era stato preannunciato dalla prima lettura: "Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata". La parola del Padre per l’umanità è Gesù, ed Egli non viene nel mondo per niente, porta la salvezza a chi lo ascolta con fede. Come la pioggia che scende dal cielo permette alla terra di germinare, portare frutto e di essere rigogliosa così Gesù può dare a tutti gli qualcosa di buono, il seme da seminare, cioè dei buoni insegnamenti da mettere in pratica e addirittura il pane dal mangiare, cioè il nutrimento spirituale diretto che sono i sacramenti, in particolare (noi lo sappiamo) il sacramento dell’Eucaristia. Si realizza così la salvezza attesa tanto a lungo dagli Ebrei e in qualche modo vagheggiata da tutte le genti: l’uomo non è più solo, Dio lo tira fuori dalle secche di sua esistenza sbagliata e gli insegna ad evitare le tempeste del peccato per condurlo alla realizzazione piena della sua vita nel regno del Padre suo. Se Gesù non desse la salvezza, il suo messaggio sarebbe nobile, ma alla fine inutile. Il Vangelo non è una teoria "con la quale o senza la quale il mondo resta tale e quale". Il fatto che Gesù abbia voluto essere battezzato nel Giordano testimonia che Gesù si è interessato dell’uomo, non ha esitato a calarsi per così dire negli abissi della condizione umana e uscendone si è dimostrato capace di trascinare fuori con sé quelli che si affidano a Lui. "Salvami, che affogo!" disse ad un certo momento Pietro il pescatore, vacillando nella fede, e subito Gesù gli stese la mano e lo afferrò dandogli quella sicurezza che gli mancava. "Salvaci, Signore, è necessario che diciamo noi oggi, tu solo puoi farlo, tu solo sei la nostra Salvezza." |