Omelia (25-01-2009)
Omelie.org - autori vari


PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE
di Marco Simeone

IL REGNO SI E’ FATTO PROSSIMO...
Il brano di oggi racconta le prime parole dette da Gesù secondo Marco: hanno il valore di un discorso programmatico, sono l’essenza della sua missione, il suo biglietto da visita, per cui bisogna leggerle bene. «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».
"Il tempo è compiuto" rappresenta l’annuncio che finalmente l’attesa del Messia è terminata: è arrivato! Questa notizia, questa bella notizia, che a quel tempo voleva dire cose ben precise, a noi oggi, che siamo cristiani, anche forse già da un po’, cosa dovrebbe dirci?
Proviamo a guardarla così: quante volte nel nostro cuore abbiamo deciso che ancora non era arrivato il momento di prendere le cose troppo a cuore, di fare le cose seriamente, quasi che uno si lasciasse nella manica l’asso da giocare nei momenti delicati?
Gesù ora ci dice che è questo il momento fondamentale perché è adesso che incontriamo Dio!
Allora dovrebbero nascere in noi alcune domande: io desidero questo incontro? Il mio tempo ha un verso? Io vado verso un punto? C’è una pienezza che cerco? Oppure sopravvivo semplicemente giorno dopo giorno? Questa frase ci dice che il discepolo è quello che vive dentro di sé un’attesa, un desiderio di Dio che vede esaudito dall’infinito amore gratuito del Padre.
"Il Regno di Dio è vicino": forse meglio "si è fatto vicino", "si è fatto prossimo" il Regno di Dio. È strano come annuncio, perché sembra quasi che il Regno sia una persona...
mi viene in mente la parabola del buon samaritano quando Gesù risponde allo scriba su chi sia il prossimo e gli risponde che siamo noi a farci prossimi agli altri: questa è la logica di Dio e del suo regno. Dio non se ne sta comodo in paradiso e da lassù ci guarda tribolare; al contrario nella persona di Gesù che si fa prossimo a noi, il regno di Dio si fa vicino ad ogni uomo.
Anche il Concilio Vaticano II ha un’espressione indicativa: "con l’incarnazione Gesù in un certo modo si è unito ad ogni uomo". Io penso che questa verità la conosciamo sin dal catechismo di 1° comunione e, allo stesso tempo, è perennemente una verità riconquistata: Dio mi vuole bene e mi sta vicino, e se io fuggo non mi abbandona, anzi mi viene a cercare.
Spesso nella vita spirituale ci troviamo davanti questa domanda: e Dio dove sta? Davanti a quel dolore o quell’ingiustizia Dio dove sta? O cosa fa? La risposta è che Dio si comporta con noi come il buon samaritano della parabola, cioè si fa prossimo a noi e si prende cura di noi, senza mai sostituirsi a noi o prevaricare la nostra libertà. Anche questo è un segno d’amore: aiutare lasciando crescere la persona amata, avendo anche la forza di lasciare liberi, di lasciar sbagliare, perché il bene deve essere fatto con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze. Dio ci ama al punto di saper attendere, sa soffrire con noi purché arriviamo a quello stato di pienezza che Lui aveva pensato per noi e che ci ha manifestato in Cristo.
"convertitevi" Solo ora si parla di conversione: strano, no? Ci saremmo aspettati questo invito alla vita morale molto prima: se vuoi parlare con Dio datti una ripulita e vedi di essere meno peccatore!
Ma per fortuna questi siamo noi che parliamo e non Gesù, è il nostro moralista, il nostro censore interiore che parla e che tante volte fingiamo di credere che sia Dio. Questo invito alla conversione non è morale (cioè non parla di peccati/opere buone/fioretti) ma vuol dire: apri gli occhi e smetti di guardare il tuo ombelico (i tuoi problemi/crisi/sofferenze) e renditi conto che Dio sta vicino a te!
Il verbo convertirsi in greco è reso bene dal movimento a 180° (quello che ogni tanto dice di fare il navigatore satellitare), ma si può leggere anche come un andare oltre, un saper leggere oltre le apparenze: questo è quello che vuole Dio! Finché ci ostiniamo a rimanere inchiodati sulle nostre posizioni siamo come quei bambini capricciosi che non ascoltano i genitori che gli stanno parlando.
Il Signore sa che anche i nostri desideri di bene non trovano in noi le risorse per essere realizzati; è solo Dio che riempiendo la nostra vita ci cambia dal di dentro, è l’Unico capace di parlare al nostro cuore e di guarirlo dal di dentro "sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza", oppure quel brano in cui dice "venite a me, voi tutti affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò".
"Credete al Vangelo": significa "credeteci ad un Dio che vi vuole bene fino a diventare vostro prossimo, credete anche quando è difficile credere perché i dolori ci hanno piegato le gambe, perché tante volte siamo stati disillusi, perché... Credeteci!" credere non vuol dire chiudere gli occhi e non pensare: questo Gesù non lo ha mai detto. Al contrario: proviamo a pensare a quando Giovanni Battista gli manda un ambasceria a chiedergli se fosse Lui il messia, Gesù risponde facendo dei miracoli e mostrando loro segni concreti, comprensibili a tutti per poter formulare una risposta accettabile. Ma io credo che qui al questione sia diversa: è l’invito da parte di Gesù a custodire in noi questa apertura a Dio e alla sua Grazia in ogni istante, Paolo direbbe "sperare contro ogni speranza".
Da questo primo annuncio partono le vocazioni che si manifestano come una reazione a catena, una valanga inarrestabile: sembra così strano in cui ci sono poche vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa e anche i matrimoni religiosi fanno fatica! Secondo me il vangelo oggi ci impone di rimetterci in ascolto di Gesù e di convertirci al Suo amore e al Suo Regno, allora non è poi così difficile decidere vivere in modo nuovo.
L’invito è rivolto ad ognuno di noi: il Regno si è avvicinato e tu che fai?

SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Stefano e Teresa Cianfarani

Potremmo sintetizzare la Parola di Dio di questa Domenica nella urgenza dell’annuncio di Dio.
Giona viene inviato dal Signore a Ninive, la grande città, per annunziare il castigo di Dio. Impresa assurda, come potrà fare un uomo solo a convertire una metropoli, chi lo ascolterà, chi non lo prenderà per pazzo? Eppure quel che accade è l’inattesa conversione degli abitanti della città che, per questa sua contrizione del male commesso, verrà risparmiata da Dio. Come fu possibile questo? Certo fu la potenza di Dio ad operare attraverso la testimonianza di Giona, come a dire che il Signore ce la mise tutta pur di trovare il pretesto per non castigare quella gente tanto lontana da Lui eppure tanto amata. Ma, da un altro punto di vista, è forse vero che quella stessa gente così malvagia da meritare la maledizione divina non aspettava altro che un richiamo, qualcuno che richiamasse i loro cuori e le loro coscienze. Giona viene ascoltato anche perché in fondo annuncia ciò che gli abitanti di Ninive aspettavano di sentirsi dire ma che nessuno aveva il coraggio e la credibilità di annunciare.
Come non fare una analogia con tante situazioni, tanti ambienti in cui quotidianamente incontriamo persone che seppure molto lontani da noi e dalla nostra mentalità nel fondo del loro cuore aspettano un qualcuno che annunci con dolce fortezza l’amore di Dio. L’umanità vuole essere salvata ma spesso gli uomini si avvitano nei loro peccati e non sanno venirne fuori da soli, c’è bisogno di qualcuno che si immerga e li riporti a galla. Allora, incontrando la luce del sole, riacquistano la gioia di vivere.
La parola chiave del Vangelo di Marco è "subito". Subito, lo seguirono per diventare pescatori di uomini! Non c’è più tempo da perdere, se vogliamo collaborare con il Signore dobbiamo farlo subito, qui ed ora. Nella nostra famiglia, con i colleghi di lavoro, con il nostro stile di vita. L’umanità è in attesa di qualcuno che la richiami alla realtà, è come se vivesse in un sogno, un incubo, in cui Dio è bandito, il Paradiso non esiste, il bene è scomparso. Vive sommersa, quasi annegata, nella noia, nella disperazione, nella sopraffazione. Ma Gesù propone anche a noi di diventare pescatori di uomini, di aiutarlo a tirare fuori i nostri fratelli dal lago della tristezza. Ci chiede di farlo "subito", perché come dice S. Paolo, il tempo ormai si è fatto breve, non c’è tempo da perdere, passa la scena di questo mondo per noi e per gli altri e se vogliamo dare un senso alla vita dobbiamo alzarci, andare, seguirlo.
Ma anche noi chiamati ad annunciare abbiamo il profondo bisogno di essere salvati, anzi non possiamo annunciare la salvezza se non abbiamo fatto esperienza di essa.
"Ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore".
Come i primi apostoli sorpresi dallo sguardo di Gesù mentre erano intenti alle loro quotidiane occupazioni, anche noi dobbiamo saperlo incontrare nelle nostre case spesso lacerate da incomprensioni e recriminazioni, nel lavoro inquinato da invidie e frustrazioni, nel nostro cuore travagliato da angosce e dal peccato. Per poter diventare pescatori di uomini, a nostra volta dobbiamo farci pescare da Gesù e dobbiamo fidarci di Lui.
"Ogni giorno possiamo incontrare Gesù ed esserne sconvolti. Non dobbiamo avere nessun timore. Gesù non si annuncia mai attraverso la paura, ma attraverso un grande ed incoercibile desiderio che egli esaudisce sempre, quando viene l’ora, al di là di ogni aspettativa" (A. Louf).