Omelia (01-02-2009)
padre Gian Franco Scarpitta
Autorità, amore, esorcismi

Il Signore Dio suscita fra il popolo dei profeti che parlino nel suo nome per proclamare la sua parola e annunciare la sua volontà e Dio, mentre invita i suoi eletti ad adempiere fedelmente il loro ministero incarnando nella loro vita quanto è oggetto del loro annuncio, esorta altresì gli interlocutori a riconoscere nei suoi ministri gli emissari della sua parola e a prestare loro ascolto attento, fiducioso e disinvolto. E così a più riprese sia parecchi testi dell’Antico Testamento sia numerosi passi del Vangelo esortano il pastore a farsi modello del gregge e a recuperare le pecore disperse, come pure invitano il profeta ad ottemperare con zelo al suo ministero senza abusare della sua posizione nei riguardi degli altri, ma invitano gli interlocutori all’ascolto della parola del profeta come Parola di Dio, e Gesù garantisce ai suoi apostoli. "Chi accoglie voi, accoglie me; chi disprezza voi, rispetta me." (Mt 10, 40; Lc 10, 16)
Per chi si immedesima nell'accoglienza del mistero di fede, il ministro dell’altare e della Parola è mandatario di un messaggio divino che va ascoltato e al quale si deve ottemperare senza riserve e chi apre la porta al missionario accoglie lo stesso Cristo che ci visita nella persona del pastore.
Cristo istituisce il ministero dell’apostolato nella scelta dei Dodici perché Egli stesso è stato in prima persona l’Inviato del Padre, il Messia apportatore della salvezza, che annuncia la novità del Regno in parole e in opere, che a loro volta attestano la presenza di Dio sulla terra; egli si mostra solerte nel soccorrere i poveri, nel sanare i lebbrosi e gli ammalati e nel risuscitare i morti, collocandosi sempre al servizio di tutti e rendendosi solidale con gli esclusi e con i peccatori; mai si chiude alle necessità dei poveri e degli emarginati e accoglie volentieri la folla che tutti i giorni si accalca attorno a lui, ponendosi in mezzo ai suoi discepoli come "colui che serve".(Lc 22, 27). E proprio questo suo atteggiamento di amore e di servizio lo descrive a tutti come l’inviato del Padre".
Tuttavia Gesù non si oppone quando altri lo chiamano rabbì o maestro perché – come egli stesso afferma più volte – "dite bene, perché lo sono" (Gv 13, 13); insegna spesso nelle sinagoghe parlando agli astanti come "colui che ha autorità"; mostra autorevolezza nel perdonare i peccati al paralitico di fronte allo sdegno di scribi e farisei (Lc 5, 20 – 21); si proclama "via, verità e vita"(Gv 14, 6) e in certe occasioni si rivolge con la categoricità dell’"io enfatico "(così lo chiamano i teologi): "Ma io vi dico" (Mt 5, 39) con il quale afferma la sua autorità anche sulla Legge in forza del suo essere Messia.
Se pertanto la sua presenza apporta gioia e novità di vita in forza delle sue opere di misericordia, la sua parola e il suo insegnamento non possono essere eluse da alcuno, ma vanno accolte attentamente e seguite con radicalità perché resta sempre certa e fondata la sua figura di Signore e di Messia.
Fra gli uomini non tutti però accettano questo aspetto di Gesù; parecchi rifiutano categoricamente la sua parola come quella di un ciarlatano; c’è chi denigra Gesù, chi lo perseguita e chi tenta di farlo morire in seguito a un suo discorso. La parola di Gesù non sempre trova consensi negli uomini e non di rado è anche occasione di scontro e di violenza perché si stenta a riconoscere in lui il Cristo che deve venire nel mondo.
Tale riluttanza avviene fra gli uomini, ma... meraviglia delle meraviglie, non fra i demoni!
Loro sono molto più attenti a percepire in lui il "Santo di Dio" (Mc 1, 22) e omettono ogni resistenza e avversità davanti a lui di fronte: episodi di esorcismo simili a quelli che vediamo descritti nella pagina evangelica odierna si concludono sempre con l’affermazione da parte di Gesù della propria autorità sul male e il principe delle tenebre si mostra impotente di fronte al Messia Signore e altra cosa non può fare se non arrendersi, tacere e uscire dagli ossessi.
Questo avviene ora nella sinagoga, luogo di ritrovo per eccellenza della comunità ebraica nel quale si ascolta la Legge di Mosè, la si commenta e la si medita e nel quale, stranamente, adesso prorompe inaspettato un individuo posseduto dal demonio che si da alle convulsioni e agli strazi; secondo alcuni critici odierni simili episodi possono spiegarsi semplicemente come "turbe dell’identità e disturbi dissociativi" (Thessen – Merz), o anche come pesanti devianze psichiche e c’è anche chi parla "dell’errore di Cristo" nell’individuazione del fenomeno, ma tali ipotesi non reggono poiché nessun infermo di mente è mai guarito con un solo rimprovero quale "Taci, esci da lì".
Piuttosto, la guarigione di questo povero indemoniato (e analogamente anche quella di altri riportati dai Vangeli) si deve al fatto che – appunto – Gesù sta parlando agli astanti come uno che ha autorità, come una persona impari rispetto agli scribi e agli altri profeti, avente straordinaria attendibilità di provenienza esclusivamente divina. Il suo messaggio che egli proclama ha del divino e dello straordinario e non può non essere percepito come tale dai demoni i quali come del resto afferma anche Giacomo, "credono e rabbrividiscono" (Gc 2, 14), perché riconoscono nel suo verbo il Verbo eterno del Padre e nel suo insegnamento un esplicito monito di provenienza divina .
Gli stessi esorcismi gesuani servono ad attestare la superiorità del Signore Messia sulle forze del male e la sua preponderanza sul peccato e sulla cattiveria umana, e affermano ancora una volta la sua indiscussa autorità, che anche gli uomini non possono non riconoscere non soltanto a proposito di interventi insoliti come gli esorcismi ma anche e soprattutto nella comunicazione del messaggio di salvezza perché è proprio quello che è in effetti il più autorevole per gli uomini.
Mi sovviene a tal proposito una riflessione importante sul fattore esorcismi: circa vent’anni or sono si affermava da parte dei demonologi che la più fine delle astuzie del diavolo sarebbe quella di far credere che non esiste; oggi invece si sta scoprendo che egli rivela la sua esistenza solo ed esclusivamente nelle circostanze straordinarie quali la possessione, il maleficio, l’ossessione e ciò ai fini di poter agire indisturbato nella via ordinaria (nelle tentazioni), cosicché – facciamoci caso! – l’autorità ministeriale del sacerdote viene considerata molto più quando si tratti di esorcismi che non quando essa riguardi il semplice esercizio della comunicazione della Parola di Dio e non ci si ricorda mai del sacerdote durante una funzione o una catechesi come quando lo si cerca disperatamente nella funzione di esorcista.. Trappola questa molto arguta e sottile, con la quale veniamo allontanati da quella che è la presenza più minacciosa e intrigante del demonio, ossia la tentazione e l’insidia del peccato nella vita di tutti i giorni, questo accompagnato dall’indifferenza verso Dio. Il che non può non indurci alla riflessione sulla vera importanza del Cristo Signore come annunciatore della salvezza nel ministero della Chiesa e sulla centralità della Parola di Dio al di sopra di ogni altra cosa.
Che però i demoni si rannicchino davanti a Gesù e che ammutoliscano davanti a un suo cenno o ad una sua esclamazione deve incuterci la certezza dell’efficacia della sua Parola e la consapevolezza che questa deve avere sempre il primato assoluto su ogni cosa e soprattutto deve entusiasmarci che questa parola divina e veritiera ci venga garantita dallo stesso Cristo nella persona dei profeti, degli apostoli e di conseguenza degli attuali ministri che ad essa sono preposti.
L’insegnamento di Gesù è autoritario e indiscutibile, ma è sempre accompagnato dall’amore e anzi nell’amore esso si configura per il nostro vantaggio, sicché quanto egli dice con autorità va accolto con gioia ed entusiasmo consapevoli.