Omelia (25-01-2009)
don Giovanni Berti
Chiamati per essere responsabili

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"Responsabilità"
È la parola che ha usato più volte il nuovo presidente degli Stati Uniti, Obama, nel suo discorso di insediamento.
Mi ha colpito la sua insistenza su questo concetto mentre parlava all’intera nazione, all’inizio del suo mandato, in un momento molto difficile sia per gli Stati Uniti che per l’intero pianeta.
Non bisogna però dimenticare che ci sono intere nazioni e quasi un intero continente (l’Africa... ne sentite parlare ogni tanto?) che sono perennemente in crisi economica e sociale. E ce lo dimentichiamo spesso...
Ovviamente non penso che le parole di Obama siano Vangelo, ma credo che ci sia molto da riflettere, per la nostra vita cristiana, su questo discorso "storico" (tale soprattutto perché a pronunciarlo è il primo presidente nero di una nazione fino a pochi anni fa segnata da leggi e consuetudini molo razziste nei confronti delle persone di colore...).
Ogni situazione di crisi non può esser affrontata con la sola denuncia e tanto meno con la sola autocommiserazione. Il pessimismo "ha sempre ragione" ma non serve a nulla. Dire che le cose vanno male e che è colpa di questo o di quello, può esser utile all’inizio, ma non risolve il male.
Bisogna davvero diventare "responsabili" e chiedersi sempre "cosa posso fare per migliorare le cose?", "quali sacrifici sono disposto a fare per il bene non solo mio, ma anche di chi sta peggio di me e non ha la mia stessa forza?".
Gesù quando appare sulla scena del mondo non si ferma a fare solamente lunghi e complicati discorsi teologici sulla presenza di Dio. Gesù non parla solamente del Padre che è nei cieli, ma lo rende presente con i gesti e con le opere concrete. Gesù non rimane su un piedistallo a "dirigere" e "dare ordini", ma si prende la sua responsabilità e per primo si mette in gioco.
Il suo messaggio è abbastanza essenziale in questo passo del vangelo: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo". Queste brevi parole ben riassumono il senso della predicazione di Gesù e di tutti i gesti che ha compiuto.

Dio non è lontano, non è in qualche discussione accademica o di sagrestia. Dio non è un concetto astratto e nemmeno "una presenza suprema all’origine del cosmo" che solamente era presente all’inizio e ci aspetta alla fine. Dio è qui! Il suo mondo è nel nostro mondo. Il tempo di Dio non è solo l’oretta domenicale della Messa, ma è in ogni ora della nostra vita e della vita del mondo.
Gesù ha mostrato la concretezza delle sue parole iniziando lui stesso a percorrere le strade del suo tempo. E ha iniziato proprio dalla Galilea, uno dei territori più estremi e lontani dal centro religioso di Gerusalemme. Ha iniziato incontrando concretamente le persone, toccando le malattie e i mali interiori. Ha sanato ferite e condannato ipocrisie e pregiudizi guardando in faccia gli interessati.
Ma non si è fermato ad un’azione solitaria. Ha coinvolto in questa azione anche altri, andandoli a "pescare" dal popolo e dai luoghi stessi dove lui agiva. E non ha chiamato alla responsabilità della predicazione qualcuno venuto da lontano, ma proprio chi era accanto a lui.
L’evangelista Marco sottolinea in modo molto bello come la chiamata dei discepoli è rapida, e altrettanto rapida è la risposta ("Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini". E subito lasciarono le reti e lo seguirono).
Sui mezzi di comunicazione continuano a dirci che è tempo di crisi. E già molti sono i segni reali di questa crisi che sta toccando intere famiglie. La crisi non solo è nelle banche e nei portafogli, ma sta entrando anche nei cuori delle persone e nel senso di fiducia dei giovani.
Come cristiani non possiamo permettere quest’ultimo effetto. Dobbiamo "subito" diventare "pescatori di uomini", attirando nella rete del Vangelo noi stessi e chi ci sta attorno.
E’ questo il tempo di Dio, anche se sembra solo il tempo di crisi e di difficoltà. Non cediamo alla tentazione di chiuderci in lamentele e nel "ognuno pensi per se".
Il Vangelo di Dio ci invita a diventare responsabili del mondo.
Non risolveremo i problemi delle banche, ma abbiamo il potere di Gesù di sanare la mancanza di fiducia e di rinvigorire la solidarietà. Non aspettiamo che il mondo migliori perché ci sono i potenti (anche in gamba e pieni di buoni propositi). Il mondo migliora se crediamo veramente che "il regno di Dio è vicino", è qui con noi.


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