Omelia (25-01-2009) |
don Daniele Muraro |
La conversione di Paolo Il 25 gennaio la chiesa solitamente celebra la festa della conversione di san Paolo. Capitando quest’anno questo giorno di domenica nelle letture della Messa non troviamo il racconto della caduta sulla via di Damasco, ma il racconto della chiamata di altri soggetti, un profeta e quattro apostoli: Giona nella prima lettura e poi nel Vangelo due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Alla resistenza di Giona, che proprio non vuol saperne di andare a Ninive a predicare, si contrappone così la generosità dei pescatori, che subito, lasciate le reti seguono Gesù. Ninive era una città pagana, molto grande, larga tre giorni di cammino ci dice il racconto. In tre giorni se ne fa di strada, e ultimamente è stata avanzata la spiegazione che sotto il nome di Ninive fossero confederate tre città distanti una dall’altra circa quaranta chilometri. Sarebbe una spiegazione più realistica della misura, ma quello che fa problema a Giona non è la distanza, quanto la missione. Quando sente che Dio lo manda in mezzo ai pagani di Ninive, Giona si spaventa e per evitare di avere ancora a che fare con il Signore si imbarca verso Tarsis, cioè la Spagna. Rispetto a Israele Ninive invece si trova ad oriente. Conosciamo la storia, dopo un naufragio Giona viene inghiottito dal pesce che lo rigetta sull’asciutto. Dio ripete il suo invito e Giona a questo punto non può rifiutarsi, ma quando vede che la sua missione è efficace e che tutti, grandi e piccoli fanno penitenza, Giona si indispettisce e sdegnato si ritira fuori della città. Gli sembra che Dio fosse stato frettoloso e troppo buono nel perdonare a dei pagani. Per ripararsi dall’arsura della stagione Giona si costruisce una capanna di frasche e Dio pensa a proteggere dai raggi del sole anche testa di Giona, facendo crescere un pianta di ricino. Giona si gode il fresco, ma il giorno dopo viene un verme e il ricino si secca. Si alza un vento afoso e Giona, colpito dalla calura, si sente venire meno e domanda di morire dicendo: "Meglio per me morire che vivere". Dio dice a Giona: "Ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di ricino?". Egli risponde: "Sì, è giusto; ne sono sdegnato al punto da invocare la morte!". Ma il Signore gli ribatte: "Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte si è seccata: e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra?" La storia di Giona finisce qua e anche quella della conversione degli abitanti di Ninive che ben presto tornarono a vivere come prima. Ma il desiderio di Dio di far conoscere la sua parola a tutti i popoli non si era spento e il compito di portare il Vangelo ai pagani se lo assunse in modo particolare san Paolo. Infatti noi conosciamo san Paolo come l’Apostolo delle Genti. "Colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo degli Ebrei, scrive san Paolo nella lettera ai Galati, aveva agito anche in me per i pagani - e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa (cioè Pietro) e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andessimo verso i pagani ed essi verso gli Ebrei." A differenza di Giona, Saulo non scappa di fronte alla chiamata di Dio e neanche lo potrebbe perché per qualche ora rimane cieco. Chi gli fa recuperare la vista è Anania, un discepolo di Damasco che gli impone le mani dicendo: "Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi...". E improvvisamente gli cadono dagli occhi come delle squame e subito viene battezzato, e le forze gli ritornarono. La conversione di Saulo di Tarso in san Paolo Apostolo delle Genti ha qualcosa di straordinario, anzi di unico, tanto da meritargli appunto il titolo di Apostolo. Anche san Paolo, al pari degli altri Dodici è stato chiamato direttamente dal Signore. Egli infatti si definisce Apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti. Gesù lo ha chiamato sulla strada per Damasco e in un momento gli ha fatto capire un paio di cose che san Paolo non si sarebbe più dimenticato e sul fondamento delle quali egli avrebbe innalzato tutta la sua missione. "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" da queste parole Saulo capisce che perseguitando la Chiesa di Dio, in realtà egli perseguitava Gesù e come in lampo si imprimono nella sua mente due verità che non si sarebbero più cancellate. La prima: Gesù è vivo, resuscitato dai morti, e veramente Dio come il Padre; la seconda: non si può separare questo Gesù dalla sua Chiesa, cioè dai credenti che sono il suo corpo, le membra di quell’organismo spirituale di cui Egli è il Capo. Se per i primi quattro Apostoli (Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni) Gesù aveva coniato la definizione di pescatori di uomini, anche per Paolo esiste un titolo che lo descrive bene e sono sempre parole di Gesù, rivolte a quell’Anania di cui dicevamo prima: "egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli". Strumento eletto, dunque, utensile scelto, perché aveva studiato, perché era capace di entusiasmarsi in vista di un obiettivo da raggiungere, perché sarebbe stato capace si soffrire per il suo Signore, perché il suo caso sarebbe stato un esempio di incoraggiamento per tutti. Al termine della sua vita scrivendo al discepolo Timoteo san Paolo si esprime così: "Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al mistero: io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù." Anche noi in questo anno rendiamo grazie a Dio per averci dato san Paolo, e concludiamo queste riflessioni unendoci al suo ringraziamento a Dio con le parole che seguono subito dopo nella lettera: "Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen." |