Omelia (01-02-2009)
mons. Antonio Riboldi
Ma chi sono i veri maestri di vita?

Anzitutto una riflessione sulla ‘vita’, essendo oggi ‘La Giornata della vita’.
È incredibile si debba anche solo pensare di non apprezzare il dono, meraviglioso dono, della vita!
Tutti sappiamo che ogni persona, che viene al mondo, ha il suo inizio dal Cuore di Dio, vero Creatore nostro, che poi, come ha stabilito, ci ha consegnati, come frutto dell’amore di papà e mamma, al seno di mamma e alla cura dei nostri genitori.
li tesoro immenso della vita ha inizio in quell’atto di amore, nel momento del concepimento di quello che la scienza chiama ‘embrione’ e noi consideriamo un minuscolo soggetto, che racchiude tutta la bellezza della vita, la sua dignità, la sua vocazione alla santità e, quindi, alla vita con Dio. Non dimentichiamo mai che ognuno di noi è stato ‘embrione’.... ed è diventato la persona che è, perché accolto dall’amore di mamma e papà!
I primi ‘passi’, misteriosi ma belli, li abbiamo mossi nel caldo seno delle nostre mamme e poi, lentamente, venuti al mondo, ci siamo fatti grandi.
In ogni istante gli occhi del Padre sono stati puntati sul quel Suo dono, quel figlio che ama.
Ogni ‘embrione’, diverrà, se sarà accolto e custodito ed educato, quello che ciascuno di noi ora è, una persona, e vuole diventare, speriamo, figlio del Padre unico.
Appassionante e indicibile il mistero della vita!
Eppure, oggi, quel piccolo, nel seno materno, indifeso, è spesso considerato, non come una meraviglia, ma come ‘una cosa’, su cui si possono fare esperimenti o, fatto ancora più incomprensibile, ‘buttare’, se ‘non serve’ o è ‘di ostacolo’, troncando il suo viaggio di vita, con l’aborto.
Abbiamo tanta cura dei capolavori dell’arte, facciamo l’impossibile per custodirli e non finiamo di ammirarli, e poi non proviamo lo stesso stupore davanti ad un piccolo uomo che vuole nascere, vero capolavoro di Dio!
Come è possibile una tale cecità?
E ancor più, quali possono essere le ragioni per sopprimere un neonato... quando poi riempiamo gli ospedali per curare la vita?
Perché siamo così contradditori, insensati?
È ignoranza? Coscienza smarrita? O altro....
Vorrei offrire a tutti quanto Giovanni Paolo II scriveva nella lettera pastorale ‘Mulieris dignitatem’
"Il reciproco dono della persona nel matrimonio si apre verso il dono di vita nuova, di un nuovo uomo, che è anche persona a somiglianza dei propri genitori. La maternità implica fin dall’inizio una speciale apertura verso la nuova persona: e proprio questa è la ‘parte’ della donna. In tale apertura nel concepire e nel dare alla luce un figlio, la donna ‘si ritrova’ mediante un dono sincero di sé. Il dono dell’interiore disponibilità nell’accettare e nel mettere al mondo un figlio è collegato all’unione matrimoniale, che dovrebbe costituire un Momento particolare del dono di sé da parte della donna e dell’uomo. Il concepimento e la nascita del nuovo uomo, secondo la Bibbia, sono accompagnati dalle seguenti parole della donna-genitrice: ‘Ho acquistato un uomo dal Signore’ (Gen. 4, 1)".
LA PAROLA DI DIO, OGGI.
San Marco, nel tratteggiare la vita di Gesù, sembra abbia fretta di portare tutto il discorso su di una sola domanda: ‘Ma Chi è mai costui?’.
Ed è la domanda chiave, che avrà la sua risposta alla fine, dopo che ‘tutto sarà compiuto, svelando per intero il piano di amore del Padre verso l’uomo.
Gesù ‘ha scelto’ quelli che dovranno’ stare con Lui’, durante la sua breve vita pubblica, per poi ‘essere mandati’ a testimoniare ciò che ‘hanno visto e udito’.
Ora è tempo di presentarsi al suo popolo: un popolo, che conosceva la Sacra Scrittura, ossia tutto ciò che Dio aveva compiuto dalla creazione, fino a scegliere "il Suo popolo" e annunciare Colui che avrebbe mandato, attraverso le parole di Mosè, che così Lo descrive:"Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A Lui darete ascolto.
Avrai quindi quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea dicendo: ‘Che io non oda più la voce del Signore, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia’... Porrò sulla Sua bocca le mie parole ed Egli vi dirà quanto gli comanderò". (Dt. 18, 15-20)
Gesù sceglie, come luogo di inizio della sua predicazione, Cafarnao, lontana da Nazareth, più vicina al Giordano, dove si era incontrato con Giovanni il Battista, e da questi era stato battezzato, con il battesimo di penitenza.
E lì che tutti avevano udito dal cielo: ‘Questi è il mio Figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!
Cafarnao era una cittadina importante, sul lago di Tiberiade e sui colli, che sembrano fare da cornice al lago, Gesù vi trascorrerà tanta parte della vita pubblica. Di Cafarnao era lo stesso Pietro. Inoltre la città e tutta la zona del lago era una delle parti più popolate e frequentate della Terra Santa.
Se la missione di Gesù doveva arrivare a tutte le genti, fino a noi, e oltre, era giusto iniziasse e si svolgesse dove più numerosa era la popolazione.
Da allora in poi, per sempre, in qualunque posto e per qualunque uomo, Gesù, il Messia, sarebbe stato il punto di ricerca e di incontro con la Buona Novella. Lui, la Voce, la Parola del Padre, il Verbo eterno, venuto per la nostra salvezza.
Ma l’uomo, ognuno di noi, doveva e deve avere il desiderio e la volontà di ascoltare e prepararsi con amore all’accoglienza.
Inizialmente nessuno sapeva chi fosse Gesù.
Forse su di Lui si facevano supposizioni, si raccontavano già alcuni fatti straordinari.
Gesù emanava indiscutibilmente un fascino misterioso, che suscitava curiosità, ma per molti restava appunto ‘curiosità’. Per la maggioranza era ancora ‘un uomo qualunque’, anche se un ‘Rabbi straordinario’ in mezzo ad altri uomini, che viveva la ferialità, a volte noiosa della vita, senza ancora suggerire la salvezza che ognuno invece si attendeva.
Inoltre Gesù veniva da Nazareth, una piccola ed insignificante città, che godeva poca stima, ‘senza fama, se non peggio’.
E allora, come oggi, essere nati ‘a Nazareth’ era già motivo di discriminazione.
Eppure il primo impatto, nella sinagoga, Marco lo presenta come una possibile epifania, manifestazione di Dio.
La Sinagoga, ancora oggi, per gli Ebrei, in qualunque Stato risiedano, è il luogo di culto, dove si radunano per leggere e ascoltare la Parola di Dio.
E la Parola di Dio è custodita e venerata come la stessa Presenza di Dio tra gli uomini.
"A Cafarnao – racconta Marco – entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. Allora un uomo, che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: ‘Che c’entri con noi Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi sei, il Santo di Dio: E Gesù lo sgridò: ‘Taci! Esci da quell’uomo’. E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: ‘Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono! La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea". (Mc. 1, 21-28)
Marco fa risaltare da una parte la forza dell’insegnamento di Gesù, che si propone come Maestro della Legge, ‘non come gli scribi’; dall’altra lo stupore di chi Lo ascolta: ‘Una dottrina nuova insegnata con autorità’, commenta la gente.
Evidentemente avevano colto nelle parole di Gesù – le stesse che leggiamo noi – la semplicità e la lucidità di ciò che esce dalla bocca di Dio e, nello stesso tempo, la testimonianza di vita di tale Parola: Gesù è ‘il Verbo fatto carne’.
E’ ancora presente, oggi, questo stupore, ogni volta ascoltiamo o leggiamo il Vangelo?
Aveva certamente ragione Paolo VI, quando affermava: ‘Il mondo ha bisogno oggi di testimoni, più che di maestri: meglio ancora se maestri - testimoni’.
Questo per la semplice ragione che la gente, noi stessi, difficilmente siamo disposti a sentire solo parole. Non riusciamo invece a contenere la nostra ammirazione e il nostro stupore di fronte alla testimonianza, che in fondo è la parola fatta esistenza.
Chi non ricorda l’esempio del santo Curato d’Ars, che predicava con semplicità, ma vivendo una vita santa, al punto che a sentire le sue prediche correvano grandi teologi e, soprattutto, gente assetata di verità, da tutta la Francia.
Dobbiamo confessare che oggi vi è una crisi di ‘autorità’ nelle parole di coloro che dovrebbero essere a pieno titolo maestri-testimoni: una crisi che ha minato profondamente la società e le istituzioni, forse anche quelle ecclesiali, ma in particolare la scuola e la famiglia.
Quando genitori e insegnanti parlano, a volte figli e alunni alzano le spalle, fino al disprezzo delle parole che sentono.
Perché, viene da chiedersi?
Ma soprattutto è bene che ci domandiamo: ‘Che cosa insegniamo?’.
Il nostro insegnamento è manifestazione della Parola di Dio o solo il vuoto del mondo?
Proponiamo ideali o compromessi? Facili illusioni, effimeri valori o impegno, responsabilità e pienezza di vita? Dignità e consapevolezza o istintualità e conformismo?
E la Chiesa? Le nostre prediche? Sono davvero Buona Novella?
Ho conosciuto, da giovane, grandi sacerdoti, come don Clemente Rebora o il mio Superiore generale, che avevano sempre con loro il Vangelo, per confrontarsi sulla Parola, e, quando celebravano la S. Messa, predicavano, vivevano, la loro testimonianza lasciava il segno nella mia vita.
È vero – e di questo ringrazio di cuore lo Spirito – che oggi, un po’ ovunque, nelle comunità, sono sorti Centri di Ascolto della Parola: gruppi che mostrano le meraviglie che, anche apparenti semplici righe di una pagina di Vangelo, possono realizzare nella vita delle persone.
È Dio che parla e, parlando, rinnova le sue creature, solo che lo lascino fare!
Così pregava S. Filippo Neri:
Signore, vorrei tanto amarti.
Ma Gesù non fidarti tanto di me.
Signore, te l’ho detto: se non mi aiuti io non farò nulla di buono.
Io Te l’ho detto: non Ti conosco, Ti cerco e non Ti trovo.
Parlami Signore e vieni.
Se Ti conoscessi, conoscerei anche me stesso’.