Omelia (08-02-2009) |
padre Ermes Ronchi |
Quando l’ascolto rialza una vita In tre quadri rapidissimi Marco delinea i tratti del volto di Gesù: un uomo che guarisce, prega e annuncia. Nella vita datore di vita; nella notte cercatore di Dio; nel giorno memoria di Dio agli uomini, e memoria degli uomini a Dio. Ricordati, supplica Giobbe, che questa vita è un soffio, un soffio amaro. Davanti a Dio non c’è altro merito che essere piccoli; un alito basta per essere amati. Gesù a Cafarnao è assediato dal soffio del male. C’è un crescendo turbinoso di malattie e demoni, e alla sera la porta della città scoppia di folla e di dolore. E poi di vita ritrovata. Un giorno e una sera per pensare all’uomo, una notte e un’alba per pensare a Dio. E poi la vita si diramerà verso altri villaggi, verso un altrove di dolori e di attese. La suocera di Simone era a letto con la febbre. Miracolo così povero di apparato, così poco vistoso, dove Gesù neppure parla. Ma parlano i suoi gesti. Gli parlarono di lei. Gesù ha un cuore che ascolta, quel cuore da re che Salomone aveva chiesto, incantando il Signore. Primo culto a Dio e all’uomo, primo servizio: l’ascolto. Gesù si avvicinò. Va verso il dolore, non lo evita, nessuna paura, si immerge negli occhi della donna. E la prese per mano. La mano nella mano è forza trasmessa a chi è stanco, fiducia di ogni figlio bambino verso il padre, desiderio di calore. Prende la tua mano chi ha amore, la stringe forte chi ha cuore per te. La rialzò: Gesù eleva la donna, la riconsegna all’andatura eretta, alla statura alta, alla fierezza dell’andare e del fare. Mano di Dio quotidiana, quando un volto, un incontro, una parola, un messaggio, una carezza riaccendono in me la speranza e la strada. E si mise a servire. La guarigione del corpo ha come scopo la guarigione del cuore, il servizio amoroso a ogni vita. La mano che ti solleva riaccende la fretta dell’amore e dice: guarisci altri e guarirà la tua vita. Andiamo altrove. Gesù cerca ancora terre di dolore, cerca le frontiere del male per farle arretrare. Altrove, a sollevare altre vite, alzare creature, stringere mani. È Lui che ha bisogno di guarire la vita, Lui che ama ricordarsi di me, Lui che «deve» andare in cerca delle mie febbri. Poi però sta a me coltivare la vita risorta, nel coraggio del servizio. A volte può bastare molto poco per sollevare una vita: ascoltare, avvicinarsi, prendere la mano. Ed è appoggiando così una fragilità sull’altra che si sostiene il mondo. |