Omelia (15-02-2009)
padre Romeo Ballan
“Farsi lebbrosi”, come Gesù, per sanare e salvare i fratelli

Riflessioni
Un morto in vita!
Tale era il lebbroso nell’Antico Testamento e nelle culture antiche: un malato incurabile, considerato un maledetto da Dio, escluso dalla famiglia e dalla convivenza sociale. La legge ebraica (I lettura) gli imponeva di vivere da solo, emarginato, con l’obbligo di gridare a tutti i passanti la sua situazione di immondo (v. 45-46). Nei secoli seguenti le condizioni dei malati di lebbra non hanno registrato migliorie, fino alla scoperta del bacillo specifico per merito del medico norvegese, Gerhard Hansen (1868). La cura è avvenuta con l’uso della sulfona, l’isolamento nei lebbrosari e, in seguito, le cure ambulatoriali. Grazie alle campagne del ‘vagabondo della carità’ e apostolo dei lebbrosi, Raoul Follereau (1903-1977), e all’assistenza capillare di tanti missionari e missionarie e di altri volontari, è diminuito l’alone di pregiudizi, ha guadagnato terreno l’idea corretta che la lebbra è una malattia come le altre, una malattia che si può curare e sradicare, anche con bassi costi. Ciononostante, vi sono ancora circa 10 milioni di lebbrosi nel mondo, con decine di nuovi casi ogni giorno. Per certi aspetti (emarginazione, effetti devastanti...), la gravità e la paura della lebbra richiamano il flagello moderno dell’AIDS/SIDA. "La lebbra è sintomo di un male più grave e più vasto, che è la miseria", ha detto il Papa nel 2006 e lo ripete quest’anno. (*)

I missionari hanno sempre prestato una particolare attenzione verso i malati di lebbra, soccorrendoli nella loro emarginazione e favorendone l’inserimento sociale. Seguendo l’esempio di Gesù! Egli (Vangelo) va contro corrente: omette le restrizioni legali, permette che il lebbroso gli si avvicini, ne ascolta la preghiera, si commuove, gli tende la mano, lo tocca, lo guarisce con una parola (v. 40-41). La commozione di Gesù è profonda, viscerale (v. 41), come indica il verbo greco usato con frequenza dagli evangelisti (splanknízomai) per descrivere scene di tenerezza: come la commozione di Gesù davanti alle folle affamate (Mt 9,36), la compassione del buon samaritano (Lc 10,33), la misericordia del padre del figlio prodigo (Lc 15,20), e altre.

Sanando i lebbrosi, Gesù compie un segno tipico della sua missione messianica (cf Mt 11,5). Quel lebbroso anonimo, dal volto sfigurato e i moncherini senza dita, grida a Gesù una delle più belle preghiere dei Vangeli, fatta in ginocchio, con umiltà e fiducia: "Se vuoi, puoi guarirmi" (v. 40). Questo lebbroso è un modello di preghiera e di missione: "si mise a proclamare e a divulgare il fatto" (v. 45). Il lebbroso guarito, che grida a tutti la sua gioia, è una splendida icona missionaria del cristiano e della comunità credente, che proclama le meraviglie del Dio che salva.

Sfidando il contesto di proibizioni legali, Gesù si commuove nell’intimo e osa toccare il lebbroso con la mano, contraendo l’impurità legale. Egli rivela così fino a che punto è entrato nella storia umana, povera-malata-peccatrice-emarginata, toccandone la profondità, assumendone la malattia, la maledizione, l’ostracismo sociale... La vicenda del lebbroso racchiude tutto il mistero pasquale di Gesù e dell’intera umanità. Certamente lebbrosa è la famiglia umana nell’oscurità della sua sofferenza e del suo peccato, per cui ha bisogno che Qualcuno le si avvicini, la tocchi, la sani, la salvi, la porti alla vita, la faccia vivere di comunione. Questo Buon Samaritano è Gesù, che si è fatto Lui stesso lebbroso: "non ha apparenza né bellezza... disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori" (Is 53,2-3). Così "Egli si è caricato delle nostre sofferenze... Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di Lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Is 53,4-5). Per la sua morte-risurrezione siamo salvi e tutti i salvati proclamiamo -assieme a Lui e nel suo nome a tutte le genti- le meraviglie del Padre della Vita, che ci chiama tutti, senza esclusioni di sorta, ad essere suo popolo nuovo, sua famiglia, animati dall’unico Spirito d’amore.

Il missionario è chiamato ad abbattere le barriere legali, ambientali, culturali, a farsi "tutto per tutti", pur di aiutare gli altri, come dice Paolo (II lettura): "Mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza" (v. 33). Seguendo i passi di Gesù, Servo sofferente, l’apostolo è chiamato a farsi prossimo degli ultimi, a caricare su di sé le sofferenze delle sorelle e dei fratelli più bisognosi ed emarginati. Disposto anche a soffrire rifiuti, incomprensioni e persecuzione. Fino al martirio. È ancora Paolo che insiste: "Tutto io faccio per il Vangelo" (1Cor 9,23). Qui si gioca la fedeltà e la credibilità del missionario!


Parola del Papa
(*).."La Chiesa, sulle orme di Gesù, ha sempre un’attenzione particolare per le persone segnate da questa malattia (la lebbra)... Mi rallegro che le Nazioni Unite, con una recente Dichiarazione dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani, abbiano sollecitato gli Stati alla tutela dei malati di lebbra e dei loro familiari. Da parte mia, assicuro ad essi la mia preghiera e rinnovo l’incoraggiamento a quanti lottano con loro per la piena guarigione e un buon inserimento sociale".
Benedetto XVI
Angelus, nella Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, domenica 25.1.2009


Sui passi dei Missionari
- 15/2: S. Claudio La Colombière (1641-1682), gesuita francese, promotore della devozione al Cuore di Cristo, assieme a S. Margherita M. Alacoque.
- 15/2: Memoria del P. José de Acosta (+1600), missionario gesuita spagnolo in Perú, studioso e difensore della cultura indigena; ebbe un ruolo importante nel III Concilio Limense (1582-1583).
- 16/2: B. Giuseppe Allamano (1851–1926), sacerdote italiano, fondatore degli Istituti dei Missionari e delle Missionarie della Consolata (Santuario mariano di Torino).
- 17/2: SS. Sette Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria (Firenze, s. XIII), mendicanti e missionari.
- 17/2: S. Pietro Yu Chong-nyul, padre di famiglia, ucciso a Pyeongyang (+1866), perché sorpreso in casa di un catechista leggendo il Vangelo di notte. È uno dei 103 Santi Martiri coreani (memoria il 20/9).
- 18/2: S. Francesco Régis Clet (1748-1820), sacerdote francese della Congregazione della Missione, missionario per 30 anni in Cina e martire.
- 18/2: S. Alberico Crescitelli (1863+1900), sacerdote del PIME, missionario in Cina, martire nella rivolta dei boxers (21/7). Oggi è la sua memoria liturgica nell’anniversario della sua beatificazione.