Omelia (15-02-2009)
LaParrocchia.it
Il lebbroso... dalla morte alla vita

L'episodio del lebbroso raccontato da Marco contiene alcuni elementi essenziali utili alla nostra riflessione e necessari alla preghiera.
Il testo ci presenta un uomo che "viene" a -o- verso Gesù... il verbo esprime in sé l'atteggiamento di colui che si avvicina perché ha fiducia piena ed incondizionata, vede nella persona di Gesù (anche se non nominato) la possibilità di ottenere la purificazione e la salvezza.

Questo atteggiamento di fede si manifesta nei gesti che egli compie una volta che si trova davanti a Gesù:
"lo supplicava in Ginocchio..." il lebbroso manifesta la sua fede/fiducia con una implorazione. Questo dice che vede in Gesù non un invasato o il guaritore di turno, che si aggira per le strade della Galilea o altre contrade, ma il Signore dello Spirito, Colui che gli può restituire la salute del corpo e soprattutto la salute interiore (visto che guarire un lebbroso è sinonimo di risuscitare un morto). Gesù può dare la guarigione perché ha la potenza divina e il lebbroso gli riconosce tale potenza.
Il risultato di questo incontro è la guarigione/purificazione. Oltre ad ottenere la guarigione (risurrezione), si consegue anche la purificazione. Infatti ciò non è casuale, perché il lebbroso oltre ad essere malato era anche una persona letteralmente isolata. Gesù con un solo gesto lo guarisce e lo reintegra nella società che l'ha emarginato. Oltre a quelli del lebbroso, anche i gesti di Gesù sono interessanti ed eloquenti:

"Si commuove..." si agita tutto (è teso) come una persona che a tutti i costi vuole fare ciò che gli viene chiesto. Ma la commozione è anche segno di attenzione all'altro e disponibilità a prendersi cura dell'altro... Gesù dimostra che prima di tutto c'è l'uomo con tutte le sue difficoltà e i suoi mali e dopo vi sono, eventualmente, le leggi da applicare. Prima di tutto l'attenzione alla persona umana e alla dignità in essa insita.

"Stende la mano..." oltre ad essere segno della trasmissione della potenza divina che sta compiendo il prodigio, è anche un segno di profonda umanità; ma anche di profondo amore. Con questo gesto il lebbroso sente tutto il calore dell'umanità ... di quella umanità che l'aveva emarginato. È un gesto di grande nobiltà e di infinita finezza. Anche se viene infranta la legge (secondo la quale i lebbrosi non potevano essere avvicinati e toccati), l'importante è restituire il sorriso e la gioia della vita a colui che l'aveva persa.

Alla luce di tutto questo insegnamento domandiamoci: qual è il nostro rapporto con le persone malate?
Sicuramente scopriamo che i nostri bisognosi, poveri o malati spesso non vengono neanche avvicinati per stendere loro la mano o fargli sentire il calore di una umanità che frequentemente si dimentica delle persone perché non ritenute sufficienti e utili al bene comune.

Anche noi siamo stati bravi a istituzionalizzare il dolore, la malattia, la derisione, l'emarginazione... siamo esperti solo a "celebrare le ricorrenze" e poi dimenticarsi per tutto il resto dell'anno di tutto e di tutti. Il vangelo ci ricorda che il nostro comportamento deve essere quello di persone credenti che "vanno" a Gesù e apprendono da lui come vivere nella società e contemporaneamente come distinguersi...dalla e nella stessa società.
Curiosità: il lebbroso è anonimo... potrebbe rappresentare tutti gli uomini in difficoltà...forse anche noi. Allora diamo alle persone bisognose ciò che pretenderemmo fosse dato a noi.
Gesù non cerca successo per i suoi seguaci, ma pretende i risultati.

Commento a cura di don Alessio De Stefano