Omelia (15-02-2009) |
don Daniele Muraro |
Paolo imitatore di Cristo Nell’anno paolino mettiamo ancora una volta al centro dell’attenzione la figura dell’Apostolo Paolo e stavolta lo vediamo sotto il profilo di imitatore di Cristo. "Io mi sforzo di piacere a tutti in tutto" abbiamo sentito nel brano ai Corinti. Conosciamo il carattere forte di Paolo e possiamo immaginare quanto questo atteggiamento nei confronti del prossimo gli sia costato. San Paolo infatti non era uno che cercava la facile approvazione dei suoi interlocutori. In più di un passaggio delle sue lettere troviamo parole di fuoco, senza compromessi, intese a disapprovare vizi e difetti che egli riscontrava nelle varie comunità. Se nelle espressioni di san Paolo troviamo qualche intemperanza però più che alla sua irruenza la dobbiamo addebitare al suo desiderio di vedere tutti salvi, al sicuro presso Dio. Io non cerco "il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza." Scrivendo sempre ai Corinti, san Paolo si esprime così: "Ecco, è la terza volta che sto per venire da voi, e non vi sarò di peso, perché non cerco i vostri beni, ma voi... Per conto mio mi prodigherò volentieri, anzi consumerò me stesso per le vostre anime..." Qualcuno infatti aveva parlato male di Paolo presso i fratelli di Corinto e li aveva convinti che egli non era stato sincero nei loro confronti, perciò san Paolo continua: "Vi ho forse sfruttato per mezzo di qualcuno di quelli che ho inviato tra voi?..." La risposta è no! "Certo, da tempo vi immaginate che stiamo facendo la nostra difesa davanti a voi. Ma noi parliamo davanti a Dio, in Cristo, e tutto, carissimi, è per la vostra edificazione." Dio vuole tutti gli uomini salvi e Paolo collabora attivamente a questo progetto universale di salvezza; perciò oltre alla parola aggiunge il suo esempio: "Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo." San Paolo ha un modello a cui si ispira, ed è Gesù Cristo. Egli lo ha conosciuto per rivelazione speciale, i cristiani di Corinto invece ne avevano solo sentito parlare e perciò Paolo vuole portare anche una qualche dimostrazione concreta nella sua persona. Sempre allo scopo che in lui risplenda senza appannamenti il modo di fare del Signore egli si sforza di togliere dal suo temperamento tutto quello che può essere di ostacolo. Così san Paolo cerca non di compiacere la pubblica opinione per avere successo, ma di accondiscendere "al prossimo nel bene, per edificarlo. A commento di questo proposito san Paolo aggiunge che non si è cristiani solo quando ci si riunisce e si prega, ma in ogni contesto della vita e in ogni momento della giornata. "Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio." La fede non impedisce di fare tutto quello che è buono, onesto, necessario e utile, e la stessa fede, cioè Gesù Cristo, centra con ogni situazione pratica in modo da renderla onesta e buona. In queste espressioni sembra di sentire l’eco dell’insegnamento di Gesù nel discorso della montagna. "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo..." Lo stesso Gesù Cristo non cercò di piacere a se stesso, ma" a Dio che lo aveva mandato e agli uomini che avevano bisogno di Lui. Un esempio concreto del modo di agire di Gesù in favore dell’uomo lo troviamo nel Vangelo. Egli guarisce il malato di lebbra non per aumentare il suo prestigio personale ma per compassione e anzi impone all’uomo liberato dal male di non dire niente a nessuno. Piuttosto gli suggerisce di recarsi subito alla sinagoga dal sacerdote per gli accertamenti e i riti del caso secondo la legge di Mosè. Quest’ultima prescrizione è una concessione che Gesù per mettere in chiaro che Egli è venuto ad sovvertire le usanze tradizionali, ma a realizzarle. E al centro della legge e dei profeti sta il comandamento dell’amore Secondo la legge di Mosé il lebbroso doveva essere allontanato dalla comunità e doveva vivere isolato senza avvicinare nessuno. La norma era dovuta alla preoccupazione di evitare il contagio e non voleva dire che chi stava bene poteva abbandonare il malato al suo destino e poteva sentirsi libero dall’obbligo dell’assistenza e della compassione umana. Gesù per primo dà l’esempio perché altri facciano come lui. Il lebbroso guarito corre subito alla sinagoga, evadendo dalla solitudine e tornando fra le case dei suoi concittadini; ma non rispetta il primo ordine di Gesù, quello di non dire niente a nessuno. Così le posizioni fra Gesù e il nuovo guarito si scambiano. Chi ha ricevuto il miracolo è riammesso nel consesso umano. Gesù invece per l’eccessivo clamore suscitato dalla vicenda si vede costretto a rimanere fuori, in luoghi deserti. E questo episodio vale come un anticipo del suo destino futuro, quando sarà messo a morte fuori della città. Anche a san Paolo al termine della sua vita dovette affrontare vicissitudini simile. Egli che aveva fondato tante comunità in tante città dell’Asia e del Mediterraneo al momento del processo a Roma rimane solo: "Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se ne tenga conto contro di loro. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza..." Come Gesù san Paolo perdona e si abbandona all’obbedienza per il suo Signore. Dal momento della conversione fino alla conclusione della sua vita san Paolo è sempre stato un imitatore di Cristo e non ha mai smesso di essere un modello di fede e di amore per il Signore e per il prossimo. E noi in questo anno paolino sentiamo la sua testimonianza come attuale e significativa per la nostra fede cristiana. |