Omelia (25-02-2009) |
don Daniele Muraro |
Paolo ambasciatore di Geù Cristo Iniziamo con oggi il tempo forte della Quaresima. Lo scopo di questo periodo è la vera conversione, ossia il ritorno al Signore. Il segno esterno della nostra disponibilità a percorrere un cammino di rinnovamento interiore e di adesione al Gesù e al suo Vangelo sarà l’imposizioni delle Ceneri. Essa fa parte della celebrazione del giorno e la qualifica. Il senso della Quaresima però va la di là della liturgia e va anche oltre i confini della Chiesa, intesa come il popolo dei credenti. Sarebbe triste se il nostro spirito quaresimale avesse il fiato corto limitato ai momenti delle cerimonie qui in Chiesa, ma nemmeno trovo bello che un cristiano pensi al tempo di Quaresima come ad un’occasione che riguardi solo i praticanti e al più i credenti. È tutta la società intera che ha bisogno di conversione, di fermarsi a riflettere, di prendere della decisioni risolute, di ritornare sui propri passi, di migliorare la propria condotta e stabilire nuove relazioni scambievoli. Il papa Benedetto ha dedicato il suo messaggio per la Quaresima di quest’anno al tema del digiuno. "Possiamo domandarci" egli dice "quale valore e quale senso abbia per noi cristiani il privarci di un qualcosa che sarebbe in se stesso buono e utile per il nostro sostentamento... Il digiuno rappresenta una pratica importante, un'arma spirituale per lottare contro ogni eventuale attaccamento disordinato a noi stessi. Privarsi volontariamente del piacere del cibo e di altri beni materiali, aiuta il discepolo di Cristo a controllare gli appetiti della natura indebolita dalla colpa d'origine, i cui effetti negativi investono l'intera personalità umana..." A questo punto il papa cita un antico inno liturgico quaresimale che tradotto dice così: "Usiamo in modo più sobrio parole, cibi, bevande, sonno e giochi, e rimaniamo con maggior attenzione vigilanti". L’esortazione conclusiva suona così: "La Quaresima sia pertanto valorizzata in ogni famiglia e in ogni comunità cristiana per allontanare tutto ciò che distrae lo spirito e per intensificare ciò che nutre l'anima aprendola all'amore di Dio e del prossimo." Risulta evidente che l’impegno quaresimale di un cristiano e di una famiglia cristiana non può lasciare indifferente il mondo attorno, ma diventa un segno di invito e di richiamo. Quelli vicini al Signore saranno stimolati in una gara di imitazione nel bene e quelli tiepidi e lontani riceveranno un richiamo salutare a prendere sul serio le esigenze del Vangelo. A questo punto un’obiezione può nascere spontanea nella mente di chi ha ascoltato il Vangelo di stasera. Gesù dice di non praticare le proprie opere buone davanti agli uomini per essere da loro ammirati, elemosine, preghiere e digiuni. È difficile però ai nostri giorni che tali pratiche esercitate per amore di Dio suscitino approvazione o esaltazione. Chi digiuna va in televisione solo se lo fa per motivi politici o di protesta. A chi prega, cioè a chi parla con Dio poi, viene preferito chi sa intrattenere, cioè chi parla conversando amabilmente di argomenti futili, che non disturbino. Se uno vuol fa conoscere che offre del denaro per una buona causa fa mettere il suo nome stampato in grande, ma non in chiesa. Elemosina, preghiera e digiuno così sono tornati ad essere comportamenti caratteristici del vero credente e di essi è più facile provare imbarazzo che andare fieri. Eppure preghiera, digiuno ed elemosina sono ancora importanti per il mondo d’oggi perché testimoniano una purezza di intenzioni che altrove manca. Perché si dovrebbe perdere tempo a pregare se non per Dio? Chi conosce il sacrificio del digiuno se non sempre lo stesso Signore Dio? E chi saprà adeguatamente ricompensare una offerta fatta di cuore se non il medesimo Signore Onnipotente? Se qualcuno mettendo in pratica il triplice esercizio delle virtù quaresimali ancora teme di mettersi al centro dell’attenzione e di occupare un posto che non gli compete questa paura riceve una smentisce anche dalle parole di san Paolo nella seconda lettura. "Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio." Con questa dichiarazione san Paolo invita a distogliere lo sguardo diretto su di lui e a rivolgere invece l’attenzione sul contenuto del suo messaggio. Un ambasciatore ripete quello che ha sentito pronunciare dal suo Signore e parla con l’autorità e dentro i limiti che ha ricevuto. Chi svolge l’ufficio di ambasciatore non può attirare l’interesse su se stesso, ma si mette al servizio della comunicazione ricevuta e da trasmettere. Questa è anche l’intenzione di san Paolo nell’assolvere il suo ministero di predicatore della Parola di Dio e di Apostolo di Gesù Cristo. Tuttavia san Paolo non si tira indietro di fronte al compito ricevuto, ma lo assolve con totale dedizione: "Poiché siamo suoi (di Cristo) collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio.". Qui san Paolo parla ai cristiani credenti di Corinto, ma attraverso di loro intende rivolgersi a tutti gli uomini. Tutti infatti hanno bisogno della grazia di Dio e se vogliono ne possono approfittare: "Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!". Con il nostro comportamento cristiano riconoscibile noi siamo un messaggio vivente, anzi in molti casi siamo l’unico Vangelo che gli uomini di oggi leggano ancora. Ecco la nostra responsabilità sulle orme di san Paolo, ecco un motivo in più per vivere bene la Quaresima, dare testimonianza di fede vissuta ad un mondo in difficoltà che ha bisogno di ritornare a Dio e non sa come fare a incominciare. |