Omelia (08-03-2009)
mons. Roberto Brunelli
Nella prospettiva della Pasqua

Il momento più sublime della vita pubblica di Gesù, nei tre anni che precedettero la sua morte e risurrezione, è costituito dall’episodio dell’odierna pagina evangelica, la sua misteriosa quanto affascinante trasfigurazione. "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime... E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù... Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: "
La liturgia celebra questo episodio con una festa propria, il 6 agosto: ci si può chiedere dunque perché richiamarlo anche oggi. La risposta sta nel fatto che le letture della quaresima sono scelte per suggerire un percorso di preparazione alla Pasqua; il senso poi della tappa odierna si percepisce se si considerano anche le altre due letture che precedono quella della trasfigurazione. La prima (Genesi 22,1-18) riferisce l’episodio della prova suprema cui fu sottoposta la fede di Abramo, capostipite degli ebrei ma anche, sul piano spirituale, di tutti gli altri credenti nell’unico vero Dio, cristiani compresi. A lui Dio ordinò di offrirgli in sacrificio il suo unico figlio: richiesta in sé terribile, aggravata dal fatto che Abramo, ormai vecchio, non poteva sperare di averne altri e dunque non capiva come Dio potesse mantenere la promessa di trarre da lui una numerosa discendenza. Malgrado ciò egli obbedì al comando divino, e già stava per immolare il piccolo Isacco quando Dio lo fermò: "Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito".
L’episodio rimanda spontaneamente al Crocifisso: per amore degli uomini, il suo Figlio unigenito lui, Dio, non l’ha risparmiato! Lo ricorda la seconda lettura (Lettera ai Romani 8,31-34), che dal fatto trae una confortante conseguenza: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?... Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi".
Il richiamo alla risurrezione e alla gloria di Gesù sfocia nel vangelo di oggi. Per un momento egli mostra ai tre discepoli quel che di lui normalmente restava celato: la divinità, lo splendore della gloria e la sintonia col Padre suo. Con questa visione prepara i discepoli alla sua Pasqua, e glielo dice: "Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti". Il significato della croce sarebbe incomprensibile, anzi inaccettabile, se non si associasse all’altra faccia del mistero, la risurrezione. Di qui la scelta delle letture di oggi: nel cammino verso la Pasqua si incontrerà prima la passione e la morte di Gesù, da recepire però nella prospettiva dell’evento successivo, appunto la sua risurrezione.
Per il cristiano non può esserci un percorso diverso; anch’egli, come Gesù, si trova nella vita ad affrontare momenti di tribolazione e sofferenza, nei quali però non deve disperare, perché anche a lui è offerta la prospettiva della vita eterna. Un altro insegnamento è poi da sottolineare nell’episodio della trasfigurazione, quello insito nell’imperioso invito divino ("Questi è il Figlio mio: ascoltatelo!"). Tenendo presente che l’ascoltare non è il semplice udire, ma è l’accogliere con la mente e il cuore, sull’esempio di Maria di cui la Scrittura dice (Vangelo secondo Luca 2,19 e 51) che "custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore".