Omelia (05-04-2009)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)


Con la Domenica delle Palme ha fine la Quaresima e ha inizio la settimana di Passione o settimana Santa. La Liturgia odierna, nei brani evangelici, ci fa contemplare un Cristo osannato – rito della benedizione delle palme - e un Cristo umiliato – lettura del Vangelo della S. Messa (passio). La croce che, durante tutto l’anno liturgico s’instaura sullo sfondo, ora viene in primo piano, per ricordarci i nostri peccati e dove si trova, in abbondanza, la misericordia di Dio.
La celebrazione inizia con un brano del Vangelo di Marco è descritto ciò che accadde il giorno dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme ove si reca per attendere alla sua ora. La massa lo acclama gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli! Anche noi, "Pueri Hebraeorum, portantes ramos olivarum", cantiamo "Osanna al figlio di Davide", anche noi facciamo parte della folla osannante ma anche della massa che gridò e grida: "Crocifiggilo!". La massa è imprevedibile, come il mare, un po’ di nuvole e buoni agitatori capaci di manovrare le folle, sono sufficienti per scatenare ancora oggi, in poco tempo, delle tempeste spaventose.
La lettura del profeta Isaia anticipa di secoli il dramma e mostra la forza di chi pone la sua salvezza sotto la protezione di Dio ed è da Lui ascoltato, anche quando, per le nostre sofferenze, sembriamo abbandonati, l’orecchio di Dio è proteso verso di noi, per ascoltare i nostri lamenti e venirci in aiuto, rendendoci la faccia dura come pietra.

La via dell’abbandono in Dio. Questi versetti che, recitiamo durante la Messa odierna, sono, a mio parere, quelli che ancora oggi, forse con parole diverse, sono pronunciati da quanti vengono travolti dalla violenza altrui. Essi sono nelle labbra e nel cuore di quanti sono andati verso le camere a gas e i gulag nel ventesimo secolo, di tanti palestinesi e di tanti israeliani di oggi, di quanti hanno subito i bombardamenti a Bagdad ma anche di coloro che sono morti nell’attacco alle Torri Gemelle, delle donne e dei figli abbandonati dai mariti e padre ma anche dei padri abbandonati dalle mogli e l’elenco potrebbe continuare. Solo guardando il trafitto si può scorgere la luce e sentirsi riscaldare il cuore.

Dal fallimento si origina la gloria. Questo inno che, forse, era cantato nella chiesa di Filippi, ma certamente ivi proclamato dopo la lettera di Paolo, ci precipita nell’abisso d’amore che è Cristo, morto in croce, per insegnarci l’umiltà e la modestia. Essa esprime un duplice movimento: Gesù, che è Dio, si umilia a morire di morte infame, ma il Padre lo risuscita e lo proclama, proprio per questa sua umiltà, Kyrios.

La storia di un fallimento. M. Kaler dice che tutto il Vangelo altro non è se non la narrazione della passione con un’estesa introduzione, infatti il Kerigma iniziale era questo. Il verbo di Dio si è abbassato fino a diventare Gesù Cristo, uomo dei dolori, che si lascia crocifiggere perché noi che, per i suoi meriti, veniamo divinizzati. Non è facile comprendere un atteggiamento di questo genere perché nella vita è più facile trovare indebiti innalzamenti e mai umiliazioni, perché l’umiliazione è la virtù di Dio. S. Weil, a proposito scriveva: "È molto più facile mettersi con l’immaginazione al posto di Dio creatore, piuttosto che a quella del Cristo crocefisso". Un’altra considerazione che mi passa per la mente è che Gesù è riconosciuto "Figlio di Dio" da un pagano mentre i suoi, nel momento della prova, prima dormivano e dopo, quando lo hanno preso, sono scappati tutti, anche Pietro che aveva detto che lo avrebbe seguito ovunque: fin tanto che guarderemmo verso terra troveremmo solo "il figlio dell’uomo", per vedere "il figlio di Dio" bisogna guardare verso l’alto. Quanti propositi facciamo anche noi che, al momento della prova, vengono come cancellati dalla nostra mente e solo dopo che la prova è superata, positivamente o negativamente, ci ritornano in mente per nostro pentimento e contrizione.


REVISIONE DI VITA
• Siamo disposti umiliarci dinanzi al nostro coniuge anche quando riteniamo di aver ragione senza stare a rimuginare?
• Quando ci chiedono scusa ci inorgogliamo e diciamo "quanto sei stato testardo"?

Commento a cura di Marinella ed Efisio Murgia del CPM Cagliari