Omelia (18-01-1998)
mons. Antonio Riboldi
Nero e bianco degli uomini

Sembra proprio una caratteristica di noi uomini evidenziare, a volte contemporaneamente, il "bianco ed il nero che è in ciascuno di noi".
"Il bianco è sempre il colore della luce, dell'amore alla vita, della gioia". E chi a volte non lo vive questo momento di luce che fa sentire la bellezza del nostro essere stupende creature di Dio, destinate alla felicità eterna?
Il nero "è il tipico colore del male, della sofferenza senza speranza, della emarginazione, dell'errore" è quindi l'aspetto negativo della vita.
Due sono i fatti che hanno segnato il nero ed il bianco dei nostri giorni. Il nero è la proposta fatta da un giudice a Roma, sulla opportunità che lo stato somministri, ossia legalizzi, la droga a chi è tossicodipendente, sia pure, afferma il magistrato, in via sperimentale.
Il bianco è la grande passione che ha preso tutti per il caso del Prof. Di Bella, che propone una nuova cura per guarire dal cancro. Una proposta di morte ed una speranza di vita. Diciamo subito che non condivido minimamente la proposta di liberalizzare la droga, nel modo più assoluto. Tutti sappiamo e lo andiamo predicando da tutti i 'pulpiti', di Chiesa o di mondo, che ogni tipo di droga è un vero attentato alla salute e quindi alla vita. Ogni uomo di buona volontà che ha amore e rispetto per il grande dono della vita e quindi per la salute, singolarmente o ancora di più se ricopre un posto di potere, non solo deve promuovere ciò che giova alla salute, ma non può che condannare tutto ciò che può essere di danno. Basta pensare all'amore per l'ecologia, alla ricerca di frutti di natura che non abbiano subito inquinamento, ecc. Legalizzare l'uso della droga è davvero chiamare diritto il crimine. Non si può per nessuna ragione al mondo.
Sappiamo tutti che lo spaccio delle droghe nel mondo supera in valore lo stesso commercio del petrolio. Cifre da capogiro e, se vogliamo, un bene organizzato esercito di mafia, banche corrotte, governi.
E non sarà certamente somministrando la 'droga di stato' che vinceremo questo poderoso esercito. Incoraggeremo anzi la cultura delle droghe, la voglia di drogarsi che non sarà più considerata 'crimine o danno', scoraggiando nello stesso tempo quanti con buona volontà cercano di ridurre la coltivazione delle droghe, con prodotti alternativi che facciano bene alla salute.
Non è neppure una ragione di giustizia combattere un male - lo spaccio della droga - con un altro male, la somministrazione della droga.
Così come non si risolve questo terribile 'diluvio contemporaneo' - come definiva la droga e l'AIDS un famoso virologo - riempiendo le carceri di tossicodipendenti. Dovremmo ricordarci che non sono le manette ai tossicodipendenti a vincere la voglia di droga. Si vincerà questo male 'mettendo le manette alla voglia di droga'.
E queste manette le possiamo e le dobbiamo mettere alla 'voglia di droga'. E' un discorso di prevenzione, un discorso che parte dalla domanda: "perché drogarsi?" E scoprendone i motivi, proporre la terapia. Il più delle volte la voglia di droga viene dalla mancanza di educazione al vero senso, alla verità, al bene della vita. Viene da una ricerca insensata del piacere e di tante altre cose che sono 'i fuori pistà della vita.
In una grande assemblea di circa duemila giovani, riunita intorno a questo interrogativo: 'Droga che fare?' dopo ore di interventi che sfioravano il problema senza la convinzione di aggredirlo realmente, un giovane che proveniva dolorosamente dalla esperienza della droga, chiese la parola.
"Voi parlate, voi parlate e non sapete che cosa voglia dire entrare nel tunnel della tossicodipendenza. Voi non conoscete che volto terribile ha quella corsa alla morte. Non conoscete la sofferenza il martirio che imponete alla famiglia ed ai propri cari. Vi limitate a schivare i tossicodipendenti e vi barricate nelle case per non avere la triste possibilità di essere aggrediti per avere soldi. Non vi chiedete forse neppure cosa si provi nel dovere svendere la propria dignità, abbassarsi a tutto, per soddisfare la sete di droga che è sempre una morsa che non ti da pace se non la soddisfi.
Ma cosa avete fatto e cosa fate perché noi giovani non entriamo in questo tunnel? Non avete capito che alla droga ci si oppone con una sola arma invisibile e potente: Gesù Cristo. Io tardi l'ho capito, L'ho conosciuto ed ora vivo". Sull'assemblea calò un silenzio che è difficile descrivere. Più nessuno osò parlare. Quel nome, Gesù, Via, Verità e Vita, divenne la sola via contro la droga. Dovrebbero saperlo tutti questo, a cominciare dalle famiglia, alla Chiesa, alla scuola ai pubblici poteri. Non ci si lava le mani di fronte al male delle droghe liberalizzandole e mandando a morte troppa gente. Bisogna avere il coraggio e la responsabilità di togliere dalla croce questi fratelli e farli rivivere, con Gesù Cristo, con l'amore alla vita. Questa si che è responsabilità ed impegno che ci onorano.
Come ci onora l'amore ad aiutare la vita che soffre, nel difendere la speranza che il Prof. Di. Bella offre. Incoraggiamo la speranza. Ancora di più diventiamo costruttori di speranza.