Omelia (08-02-1998) |
mons. Antonio Riboldi |
Dio crea speranza Abbiamo vissuto una settimana non si sa se da ricordare o da dimenticare, perché anche i tristi eventi dell'uomo hanno sempre un insegnamento. Gli avvenimenti tristi li conosciamo tutti perché oramai i mass media ci si buttano sopra con dovizia di particolari che a volte si arriva alla nausea. Ci si è fermati a lungo sulla fine di Karla, giustiziata nel Texas con una iniezione letale. Karla da giovanissima non era certamente una 'santina'...anzi! Ragioni che appartengono al mistero dell'uomo non solo le hanno fatto percorre le vie più sbagliate della vita, come la droga e la prostituzione, ma l'hanno portata a uccidere due persone. Giusto quindi che pagasse il suo debito. Il Signore le aveva toccato il cuore, come Lui sa fare e l'aveva fatta uscire dal tunnel dell'inferno dell'anima per farla entrare nella luce della bontà. Una vita recuperata! In nome di questa redenzione si poteva usare un briciolo di misericordia e concederle la vita, anche se in carcere. Fa meraviglia che una nazione come l'America che dice di essere maestra di civiltà dell'uomo, abbia nel suo senso l'inciviltà della pena di morte. Non solo, ma svela tutto il suo animo farisaico nell'osservanza della legge senza tenere conto di nulla, nemmeno degli appelli che possono venire dalle più grandi autorità, mostrando di infischiarsene di tutto e tutti. E questo non è essere maestri di civiltà, ma di arroganza. Fa venire il gelo al cuore sapere che, mentre la condannata si avviava al lettino della morte con serenità chiedendo perdono a tutti ed affidandosi alla misericordia di Gesù che aveva ritrovato nella penitenza, fuori la gente faceva festa perché veniva uccisa. L'altro evento che ha scosso il cuore del mondo è stata la tragedia della cabinovia a Cavalese. Gente che tornava da una giornata allegra tra la neve ha trovato la morte a causa di quei 'voli di guerra' che sembra non tengano in alcun conto la possibilità di fare dei disastri, come quello che è avvenuto: la guerra prima dell'uomo. E' ancora arroganza inqualificabile. Davanti a tutto questo la prima impressione che spunta nell'animo della gente buona e che opera perché questo nostro mondo conosca almeno un poco di quella pace che è dono di Dio, è la stessa che leggiamo nel Vangelo di domenica. Quelli che sarebbero poi diventati gli apostoli di Gesù, avevano fatto ritorno da una notte di pesca. Davanti al Maestro che li invita a prendere il largo e calare le reti esprimono tutta la loro amarezza e delusione con la famosa frase: "Maestro abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola calerò le reti. E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano" (Lc.5,1-11). Dal triste esempio che ci viene dal Texas per la morte di Karla, come dalla tragedia di Cavalese, è spuntata una coscienza nella stessa America che non può essere civiltà la legge di morte e che quindi tale legge va assolutamente abolita. Ed è già non tornare con le reti vuote. Così come i 'giochi di guerra e di morte' a Cavalese hanno esaltato nelle coscienze il bene della pace. E c'è davvero bisogno che tutti nel nome di Gesù abbiamo il coraggio di vivere in questo mondo 'gettando le nostre reti', là dove siamo, per diventare pescatori di uomini. Ma nel nome di Gesù, perché da soli rischiamo di faticare tutta la notte e avere le mani vuote. Vorrei anch'io rendere omaggio ai genitori del piccolo Gabriele che lo vollero, nonostante sapessero che era senza cervello, 'perché lo avrebbero amato lo stesso' e che, vedendolo morire, donarono il suo cuore al piccolo Maurizio perché vivesse anche nel nome di Gabriele. Questi sì che sono eventi che sollevano il mondo oltre le nuvole e riabilitano la nostra meschinità. Grazie di cuore! |