Omelia (08-03-2009)
padre Antonio Rungi
E' bello stare in perenne contemplazione del Signore

Celebriamo oggi la seconda domenica di Quaresima e al centro della Parola di Dio c’è il mistero della Trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor. Un evento molto importante nella vita di Cristo e dei discepoli del Signore, soprattutto di quelli che Gesù volle portare con sé sul sacro monte e far sperimentare la gioia del paradiso. Pietro, Giacomo e Giovanni saranno non solo i primi testimoni della gloria del Signore Gesù, ma anche i tre apostoli che sono chiamati per primi a comprendere il mistero del dolore e del Calvario. Sono stati invitati a salire sul Monte della Gloria, saranno invitati a salire il Monte della Croce, che è altrettanto il Monte della glorificazione del Figlio di Dio, perché nel mistero della Croce è sintetizzata la salvezza del genere umano.
E’ evidente che la parola di Dio, oggi, ci invita a contemplare il Cristo glorioso e il Cristo del dolore. L’uno e l’altro aspetto della vita del Signore sono fondamentali per entrare responsabilmente nel mistero della Pasqua, verso la quale siamo avviati con la celebrazione della Quaresima. Il testo del Vangelo di Marco, scarso negli elementi descrittivi di questo singolare evento della vita di Gesù, ci comunica con esattezza i contenuti essenziali della fede che emerge in questo contesto. L’importanza della Bibbia della Tradizione, della profezia che sono propedeutici al Cristo, il vero e definito inviato di Dio. Elia, Mosè, Cristo sono i riferimenti dottrinali di un cammino di fede individuale e comunitario che siamo chiamati a fare in vista della nostra personale trasfigurazione.
Il nucleo centrale della nostra fede è qui sintetizzato nel brano evangelico: la sofferenza e la morte del Cristo, la sua glorificazione, la prospettiva eterna e di gloria per l’uomo se si lascia prendere dal Cristo e Lo segue fino in fondo. Questo mistero della luce ci indica esattamente da che parte mettersi per comprendere il messaggio di Cristo, che non è un messaggio di un qualsiasi uomo di questo mondo, è il messaggio del Figlio di Dio, come ci rivela la voce che esce dalle nubi, sul Monte Tabor. Una voce che ci invita ad ascoltarlo e non a chiudere occhi, orecchi, cuore e mente a questo messaggio di liberazione e di salvezza.
Strettamente ancorato al brano del vangelo è il testo della prima lettura, tratto dalla Genesi, nel quale ci viene presentata la figura di Abramo, l’uomo della fede per eccellenza nell’Antico Testamento, e parimenti la figura di Isacco, suo unico figlio, prefigura del Cristo, sacrificato sulla Croce per noi, Unico Figlio di Dio.
Abramo sia il nostro modello di vita nella fede per preparare una Pasqua personale di vero rinnovamento interiore, abbandonandosi completamente al Signore. Non so quanti padri e madri sarebbero in grado di fare ciò che Abramo ha fatto, confidando pienamente in Dio, pur sapendo di sacrificare l’unico suo figlio, quell’Isacco, dato a morte, ma non sacrificato davvero sull’altare del Monte indicato dal Signore nel territorio di Moria. Isacco è risparmiato dal sacrificio, Dio-Padre, chiede invece proprio al suo Figlio, Gesù Cristo, di sacrificarsi sul Monte Calvario.
San Paolo apostolo nel commentare, nel breve brano della Lettera ai Romani che oggi leggiamo, il mistero della Croce e della salvezza del genere umano scrive espressamente: "Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!". Dio Padre non ha risparmiato il suo Figlio perché in questo suo Figlio Crocifisso e Risorto l’umanità ritrovasse le motivazioni più profonde per sperare, gioire e vivere secondo il cuore di Dio. Cristo Gesù, infatti, è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi. Non siamo quindi abbandonati a noi stessi, anzi è Dio stesso in Cristo che si è fatto amico e compagno dell’uomo, condividendo di quest’uomo anche il dolore, la morte e non certamente il peccato, ma proponendo all’uomo una via di salvezza e redenzione, di cui fare tesoro.
Per un vero cristiano si fa obbligo realizzare quel progetto di vita espresso nel salmo responsoriale di oggi: "Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi". Camminare alla presenza del Signore, significa avere di mira sempre il bene e la salvezza eterna. In un mondo e in un tempo come il nostro, che ci distrae da Dio, non è facile vivere alla continua presenza del Signore. Da novizi e da studenti, noi passionisti, quando uscivamo a passeggio c’era un nostro confratello addetto a richiamare lungo il cammino il fatto che eravamo comunque alla presenza di Dio, soprattutto quando si vedeva qualcosa che potesse turbare l’anima e la mente del giovane incamminato sulla via sacerdotale e di totale consacrazione al Signore. La risposta unanime e corale dei novizi e degli studenti, ma anche dei sacerdoti era quella ben nota a tanti fedeli, che pure la ripetono nel saluto ai sacerdoti quando li incontrano lungo le strade o in confessionale: "Sia lodato Gesù Cristo". Sarebbe bello ricordare dove stiamo e con chi stiamo, specie se ci apprestiamo a fare cose immorali, ingiuste, siamo tentati da tante cose vane e magari prossimi al peccato, prestare attenzione che Dio ci guarda e veglia sul nostro cammino sempre, perché abbiamo un appuntamento dal quale non possiamo esimerci ed è quello della nostro passaggio all’eternità, alla gloria del cielo. Questo passaggio vorremmo che avvenisse nella grazia e nell’amicizia con Dio e nella pace e armonia con gli altri. Sia questa la nostra preghiera, oggi giorno di Festa, giorno in cui siamo chiamati a contemplare la Trasfigurazione di Cristo, mentre ogni giorno, nell’amore a Dio e ai fratelli, continuiamo il nostro itinerario di trasfigurazione sul modello dell’Amore Crocifisso e Risorto, che è nostro Signore Gesù Cristo.