Omelia (15-03-2009)
mons. Antonio Riboldi
La storia ‘sapienza del mondo’

Siamo in Quaresima, tempo di riflessione, di revisione del 'come' noi davvero 'siamo di Cristo'. Lo possiamo capire dal come pensiamo, scegliamo, ci comportiamo. È facile oggi – e sempre – la contraddizione tra il 'dirsi' cristiani e 'l'essere' cristiani.
L'apostolo Paolo, nella lettera ai Corinzi, così ci ammonisce: "Fratelli, mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci chiedono la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani: ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei, che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di io. Perché, ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini". (Cor. 1, 22-25)
La descrizione che Paolo fa della gente del suo tempo è davvero incisiva.
Da una parte pone i Giudei, 'popolo che Dio ha prediletto', 'segno visibile del Suo Amore', che non avevano compreso come l'Amore non è nelle forme esteriori della fede, che tante volte diventano pura formalità senza contenuto, fino all'ipocrisia, per loro Paolo afferma che l'amore, che dà vita, è il meraviglioso centro del cuore, che segue altre leggi. I Giudei cercavano in Gesù lo spettacolo della potenza: una inutile esibizione, che avrebbe fatto di Dio un attore che stupisce e basta. I miracoli che Gesù compiva, tanto valevano e valgono, in quanto 'segni dell'Amore', che va oltre lo stesso segno.
I pagani, allora i Greci, avevano una tradizione religiosa 'pensatà dall'uomo, con divinità inventate a proprio uso e consumo: si affidavano – e tanti ancora oggi si affidano – alla sapienza, alla scienza e alla cultura, rendendo così la stessa sapienza una sorta di divinità umana, in cui è facile si diano appuntamento tutte le debolezze, le superbie e gli errori dell'uomo.
Se osserviamo bene i nostri tempi, per tanti versi assomigliamo molto ai Giudei del tempo di Gesù e ai pagani.
Quanta gente rincorre quotidianamente i 'miracoli della scienza', di qualsiasi tipo, indifferente al fatto che, a volte, male usata dagli uomini, produce morte e aberrazioni; quando la scienza altro non può essere – se è veramente tale – che un servizio sempre efficace e orientato al bene dell'uomo e, quindi, un mezzo per glorificare Dio, Autore vero di ogni bene. Si ha invece a volte l'impressione che la cosiddetta nostra scienza o sapienza abbiano solo il valore di parole accostate le mie alle altre, per riempire un discorso, senza un contenuto accettabile, così, 'se non sei al corrente di tutte le mode del tempo', 'se non hai possibilità di esibire una potenza' davanti agli occhi dell'opinione pubblica, sei 'nessuno o nulla', eliminato come debole o posto comunque ai margini della 'civiltà'.
Eppure sapienza e potenza del mondo, così come sono interpretate, alla fine si rivelano come due braccia di una immensa croce, su cui viene crocifissa tanta parte dell'umanità, ma con poche prospettive di resurrezione!
Torna allora la verità delle parole di Paolo, che devono diventare nostra consapevolezza, convinzione e motivazione nell'agire:
'Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani'. Incredibilmente, ancora oggi, 'essere testimoni del Cristo morto e risorto', che è 'tenersi lontani dalla sapienza del mondo, crea 'scandalo', fino ad essere sospettati di 'stoltezza'
Come del resto è stato sempre nella vita dei Santi, a cominciare da S. Francesco di Assisi e da tanti che ancora oggi si distinguono per la 'sapienza di Dio'.
Chi di noi infatti, per il semplice fatto di voler vivere con una sola regola di vita, 'amare Dio e il prossimo', non tenendo conto della potenza e della sapienza del mondo, non è ritenuto 'pazzo'? O non si è sentito deriso come un 'buono a nulla' per il fatto di voler vestire la semplicità dei poveri in spirito? O non si è visto emarginato per la semplice ragione che non vuole seguire le varie ed inaccettabili mode del mondo e non adotta il criterio 'dell’occhio per occhio' o quello del 'fine che giustifica i mezzi'?
Ma va bene così! A condizionarci o sviarci non saranno certamente i tanti stili della vita di mondo, che non solo cambiano ad ogni stagione, ma vorrebbero dettare leggi immorali alla nostra coscienza, che chiede di vestire il meraviglioso abito della santità!
Eppure se si chiede a tanti, la ragione del loro vivere seguendo il mondo e le sue regole — se tali possono essere definite — rispondono: 'Così è la vita, se non vuoi essere spiazzato da tutti!' e da qui...tante ipocrisie!
Ma non si può mettere insieme la vera gioia 'dell'essere con Cristo', seguendoLo e vivendoLo, con gli atteggiamenti e le scelte dettate dal mondo. Eppure sono tanti...a riuscirci!!!!
Ci viene in aiuto, con durezza, per raddrizzare la nostra coscienza e quindi la nostra condotta, in questa Quaresima e per sempre, il racconto del Vangelo di oggi. Narra Giovanni, l'evangelista che Gesù amava:
"Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi e ai venditori di colombe disse: 'Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio, un luogo di mercato. I discepoli si ricordarono che sta scritto: 'Lo zelo per la Tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: 'Quale segno ci mostri per fare queste cose?: Rispose Gesù: 'Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò resuscitare. Gli dissero allora: 'Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?: Ma Gesù parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu resuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alla parola di Gesù. E mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel Suo Nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro: Egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo". (Gv. 2, 13-25)
Colpiscono i sentimenti e le scelte di Gesù in questo duro racconto:
- lo sdegno di Gesù nel vedere usata la casa del Padre in modo distorto e indegno;
- l'annuncio della Sua resurrezione
- il non confidarsi con lorò...perché sapeva quello che c'era nei loro cuori.
La domanda che mi faccio e ripropongo a voi è questa: Proprio non abbiamo nulla da rimproverarci, se a volte la casa di Dio è usata come fosse 'un mercato'? Basterebbe pensare allo sfrenato lusso di certi matrimoni o cresime o altro.
Ma la Chiesa non è e non può essere una 'vetrina' o una 'bottega, mai!
Resta la Casa di Dio con noi. E se tale è, deve in essa regnare la solennità della Sua Presenza, che esige rispetto. Viene da ripensare alla tenda, che gli Ebrei costruirono nel deserto, dopo la loro liberazione dall'Egitto, per deporvi le Dodici Tavole, segno della Presenza di Dio tra il popolo: di quanto timore e venerazione era circondata.
Più la nostra fede è uno stare con Dio, per adorare e avere salvezza nella Sua Chiesa e più dovremmo sentirci riempire di stupore, perché è il luogo dove possiamo incontrarLo.
Quando non si ha questa fede, è facile che la chiesa diventi un 'luogo di mercato', viene meno il rispetto, la frequenza e... molto di più! Scrive Paolo VI a questo riguardo:
"Grande tentazione della nostra generazione è quella della stanchezza della verità, che abbiamo il dono di possedere. Molti, che sentono la gravità e l'utilità dei cambiamenti registrati nel campo scientifico, strumentale e sociale, perdono la fiducia nella tradizione e nel magistero della Chiesa; diffidano della dottrina cattolica; pensano di affiancarsi dal suo carattere dogmatico; non vorrebbero più definizioni per tutti e per sempre vincolanti; si illudono di ritrovare un'altra libertà, non più apprezzando quella dì cui godono, alterando i termini della dottrina sancita dalla Chiesa o dandosi un'altra arbitraria interpretazione, con sfoggio di erudizione, e ancora di più di insofferenza psicologica e sognano di modellare un nuovo tipo di Chiesa che risponda alle loro intenzioni, ma non più autentiche come Gesù volle, e nella esperienza storica sviluppò. Succede allora che l'obbedienza si allenta e con essa la libertà caratteristica del credente e operante nella, con e per la Chiesa. Newman, il grande Newman, alla conclusione della sua famosa 'apologia pro vita sua', ci dice della sua grande pace nella sua adesione alla Chiesa cattolica". (28. 01. '70)
Quante riflessioni ci offre oggi la Parola di Dio!
un dono che sarebbe grave non accogliere!
In questi tempi — e giustamente — l'attenzione mondiale è centrata sulla crisi economica. Si correva dietro il mercato impazzito e siamo finiti alle soglie della povertà.
A parte i gravi disagi di tante famiglie, che sono sotto la soglia della povertà, verso cui dovrebbe rivolgersi la solidarietà di ciascuno e di tutti — politica compresa — questa crisi in tanti, provvidenzialmente, ha messo in crisi quel 'sonno pericoloso' della coscienza, svendutasi alle leggi del mercato, che si sono rivelate un grande peccato contro la giustizia.
Risorgeremo?
Gesù, oggi, dopo aver annunciato la sua morte e resurrezione, ci conferma che non ci si può rassegnare: una vera resurrezione di civiltà è possibile, se non saremo più vittime della sapienza del mondo', ma seguaci della stoltezza di Dio', perché 'ciò che è stoltezza di Dio, è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini'.
Un altro grande messaggio viene dall'annuncio della resurrezione dopo la morte o la crisi.
Si, risorgeremo. Ma quello che importa non è solo il risorgere nell'economia, che sarebbe una resurrezione effimera, ma la resurrezione del cuore, che finalmente comprenda ciò che davvero è importante, nuovo e bello per tutto il nostro essere, e ci faccia comprendere la gioia di una vita nuova, all'insegna della beatitudine della povertà e della solidarietà.
Viene da pregare con Grandmaison:
'Donami, Signore, un cuore semplice,
che non si ripieghi ad assaporare le proprie tristezze.
Formami un cuore magnanimo nel donarsi, facile alla compassione.
Un cuore fedele e generoso,
che non dimentichi alcun bene e non serbi rancore per nessun male.
Donami un cuore dolce ed umile,
che ami senza esigere di essere riamato.
Donami un cuore tormentato dalla gloria di Gesù Cristo,
ferito dal Suo Amore, con una piaga che non rimargini se non in cielo.'