Omelia (15-03-2009) |
don Giovanni Berti |
Arrabbiamoci con Gesù Clicca qui per la vignetta della settimana. Ricordo una volta di un prete che alla fine della messa domenicale, dopo esser andato in sacrestia a togliersi i paramenti sacri, rientrato in chiesa e vedendo che diverse persone erano rimaste in chiesa a parlare, anche a voce alta, risalì sul pulpito e dal microfono rimproverò quelli che chiacchieravano dicendo loro che la Chiesa non è un mercato ma luogo di preghiera, e che si disturbavano quelli che stavano ancora pregando. E invitò le persone a uscire in piazza. Devo confessare che tra i rimproverati c’ero anch’io che, in attesa della messa successiva, mi ero messo a chiacchierare con quelli che erano venuti a messa e non erano già "fuggiti" a casa dopo "l’andate in pace" della messa precedente. Il Vangelo che ascoltiamo questa domenica sembra giustificare in pieno l’atteggiamento zelante di quel prete, e sembra darci questo chiaro insegnamento pratico: la chiesa è un luogo sacro e va mantenuto sempre nel silenzio e nel massimo decoro soprattutto del vestire. E’ dunque ora di evitare le chiacchiere inutili e gli schiamazzi acustici (schitarrate giovanili e strumenti da musica rock) da fare sicuramente altrove, ed è ora di eliminare tutte quelle rivendite di giornali o articoli religiosi e devozionali che spesso si trovano in santuari o chiese storiche in città. Ma è proprio questo l’insegnamento del racconto evangelico? Le nostre chiese sono proprio la stessa cosa del Tempio di Gerusalemme che Gesù, da buon ebreo, frequentava e che al suo tempo era davvero considerato il luogo della presenza di Dio? Già il brano del Vangelo ci narra come Gesù stesso sposta il significato della sua azione da un luogo materiale ad uno di diversa e più elevata natura, cioè la sua persona. Gesù che si indigna e che passa concretamente all’azione nel ripristinare il valore sacro del Tempio di Gerusalemme, profanato da un uso distorto, ci vuole dare un segno di qualcosa di più grande. Non è certo un invito a fare anche noi fruste di cordicelle (o di parole) per cacciare le persone (ritenute) indegne della nostre chiese, ma è l’invito ad assumere gli stessi suoi sentimenti e atteggiamenti per prenderci cura del vero tempio di Dio che ancora oggi è profanato. Non è un tempio di mattoni e pietre, ma è il tempio di Dio che è l’uomo. Ce lo ricorda anche San Paolo nella prima lettera ai Corinti: "...non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio?" (1Cor 6,19), e anche Pietro nella sua prima lettera "... anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1Pietro 2,5) Quante volte ci arrabbiamo e facciamo qualcosa di concreto quando vediamo uomini ridotti a mercato? Come non rimanere indignati quando, in nome della crisi, le persone sono calcolate solo come "posti di lavoro" da tenere o eliminare? E quali sono i nostri sentimenti quando gli stranieri sono valutati solo come "forza lavoro" da fare entrare o cacciare nel paese a seconda dei nostri bisogni produttivi e delle nostre esigenze? E che cosa pensiamo e facciamo quando la donna e il bambino sono ridotti a oggetto di sfruttamento sessuale di chi è più forte e violento? Anche li abbiamo una vera e propria profanazione del Tempio di Dio che non può non farci assumere i sentimenti di dolore misto a ira che Gesù dimostra quel giorno nel Tempio di Gerusalemme. Clicca qui per lasciare un commento. |