Omelia (15-03-2009)
don Maurizio Prandi
Un Dio appassionato

Il cammino quaresimale che abbiamo intrapreso ha un titolo: Alla ricerca del volto, e nelle prime due tappe abbiamo contemplato e riconosciuto Dio come un Dio tentato e un Dio consegnato. Oggi Gesù ci viene incontro rivelandoci il volto di un Dio appassionato. Credo che il dato della passione emerga davvero in modo molto evidente nel brano di vangelo che abbiamo ascoltato, passione che però non possiamo unicamente confinare nel gesto eclatante, clamoroso della cacciata dei mercanti dal tempio di Gerusalemme. Intendo dire che la passione di Gesù nasce da un percorso, (che ognuno di noi è chiamato a fare), che possiamo definire così: dall’emozione alla consapevolezza. Dall’emozione, cioè dalla rabbia, dall’ira che nasce in Gesù dopo aver verificato che del luogo della presenza di Dio era stato fatto scempio facendolo diventare un luogo di mercato, di commercio... e dove c’è il mercato, dove c’è il commercio non potrà mai risplendere la gratuità dell’amore.
Forse possiamo già fare una prima sosta allora, ponendo attenzione a quello che è il nostro rapporto con Dio, perché il rischio di fare del rapporto con Lui un mercato, un commercio è quanto mai concreto, reale, soprattutto in un tempo come quello di Quaresima durante il quale facciamo tanti buoni propositi, fioretti, sacrifici. Sono stupito di fronte alla gratuità di Dio e nella relazione scelgo la sua stessa strada oppure cerco di comprarlo, catturarlo con azioni e sacrifici per dirgli poi: guarda che io per te ho fatto questo, questo e quest’altro... in cambio ti chiedo... Alle volte pensiamo che anche con Dio valga la legge del dare per avere; è una profanazione del tempio anche questa, perché in realtà, Dio non si lascia mai comprare e ciò che veramente conta, nei rapporti con Dio, è il principio della pura gratuità.
Questo episodio che il vangelo ci racconta allora è in realtà una grande azione profetica e simbolica di Gesù. I profeti sono uomini della parola, ma a volte rendono più efficace e comprensibile quella parola che annunciano attraverso dei gesti che rimangono impressi in coloro che vi partecipano. Gesù fa un gesto di purificazione del tempio. "Purificazione" significa che tutti quegli ambienti che entrano nel recinto del tempio debbono essere liberati da tutti i segni di realtà profane, in questo casi i segni di mercato. Il mercato era funzionale al culto, ma ha in sé una serie di rischi che al centro dell’interesse non ci sia più la gloria di Dio, ma il facile rischio dell’interesse dell’uomo. Questa cacciata dei mercanti esprime la radicalità della dedizione a Dio che Gesù, come mandato del Padre, viene ad instaurare. Il Signore non sopporta che noi andiamo dietro ad altri dei o interessi. L’inizio della prima lettura di oggi va tutto in questo senso: idolo, Dio può anche essere il denaro, il profitto, l’interesse. Gesto di purificazione anche in vista della Pasqua, quando in ogni casa ebraica, avvicinandosi questo importantissimo giorno-memoriale tutto veniva ripulito da ciò che gli ebrei chiamavano il lievito vecchio... tutto veniva ripulito da ogni traccia di impurità che poteva contaminare cose o persone. Vecchio perché incapace di portare novità, freschezza e quindi vecchio il fare del rapporto con Dio un mercato, un commercio, un dare e ricevere, perché incapace di rivelare il Volto sempre nuovo come nuovo è l’amore. Per questo il Signore viene a purificare, perché risplenda il volto del Padre, perché brilli il volto del Padre e per fare questo non prende ‘flagelli’: questa è un’azione simbolica.
Per purificare e rigenerare il cuore ci vuole l’amore che dona la vita. È così che viene il Signore: come Colui che dona la vita. E’ bello che Gesù non si fermi all’emozione, alla rabbia. Padre E. Ronchi nota in una sua pagina come un disagio da parte del Figlio di Dio: mi sembra di vedere Gesù a disagio mentre compie gesti di forza e di costrizione, mentre adopera la sferza: non è per questo che è venuto... e continua, con una intuizione che mi pare davvero splendida: i gesti di imposizione, perfino i suoi, non conquistano i cuori e non creano strade di futuro; i gesti d’ira, anche quella sacra, non danno vita all’anima. Per fare questo, per dare vita all’anima occorre altro, occorre appunto il dono, la gratuità. Ed ecco che la passione per Dio, per il Padre, ha per Gesù il suo sbocco naturale nella passione per l’uomo per il quale lui offre la propria vita. Distruggete questo tempio e io lo farò risorgere... la vita di Gesù culmina nel dono di sé: la passione e l’amore che Gesù ha per il Padre lo porta a donare la vita, ma il dono della vita è il cammino verso la risurrezione.
Bello che ai Giudei che gli chiedevano un segno Gesù risponda in questo modo, segnando una differenza tra i verbi dell’uomo, che rischiano di essere soltanto quelli della violenza, della distruzione, dell’imposizione e i verbi di Dio, che sono quelli della dedizione, della disponibilità, del germogliare di una nuova nascita, di una nuova vita, di una nuova creazione. Ecco che la seconda lettura di oggi ci aiuta a comprendere: ogni persona che si pone in ascolto della parola di Dio, si mette in ascolto della Parola della Croce che germoglia nelle Croci, piccole e grandi, del discepolo e se, come S. Paolo dice, abbiamo la sapienza di Dio, lì, in quel segno, capiamo la vicinanza del suo regno. Io credo anche questo: la sapienza di Dio è la stoltezza della Croce, la follia della Croce come dice S. Paolo nelle sue lettere. Se c’è una categoria allora grazie alla quale oggi posso incontrare uomini e donne del nostro tempo non è certo quella della ragionevolezza che tutto desidera spiegare, incasellare, (lo sento un argomento un po’ freddo, incapace di appassionarmi e di scaldare il cuore), ma quella della follia dell’amore, che forse non spiega, forse non dimostra, ma a me personalmente persuade, riscalda, mostra un volto di Dio incapace di calcolare, misurare, trattenere per se, perché, l’amore, quello vero, non si può misurare.