Omelia (22-03-2009)
Omelie.org (bambini)


Con che velocità siamo ormai arrivati alla quarta domenica di Quaresima! La settimana è volata, mentre ci impegnavamo a vivere bene, bene, bene una delle dieci parole per la felicità che abbiamo ascoltato domenica scorsa!
Ci vorrebbe tanto tempo tranquillo, per ascoltare l’esperienza di ognuno, per condividere quello che si è scelto tra i consigli di saggezza che il Signore Dio offre a chiunque voglia vivere in alleanza con Lui.
Sì, in alleanza, perché è proprio questa parola che ci sta accompagnando nel cammino di Quaresima. Domenica dopo domenica stiamo ripercorrendo la storia di amicizia tra Dio e tutta l’umanità. Un’alleanza cominciata al tempo di Noè, quando dopo il Diluvio, il Creatore di ogni cosa stringe un patto di fiducia e di amicizia con tutte le sue creature. Un’amicizia che diventa molto personale e affettuosa quando questa alleanza si rinnova con Abramo: grazie a lui, grazie alla fedeltà che questo grande patriarca ha saputo dimostrare, una benedizione infinita raggiunge tutti noi, attraversando il tempo. E ci è data la possibilità di corrispondere con la vita a questo patto di amicizia, vivendo le dieci parole per la felicità, che il Signore Dio ha consegnato a Mosè sul Sinai e che sono sempre attuali, adatte anche alla nostra vita, come abbiamo visto proprio la scorsa settimana.
Ed ora? Quale aspetto dell’alleanza ci farà scoprire la Parola di Dio di questa domenica?
La prima lettura di oggi, tratta dal secondo libro delle Cronache, è un brano molto severo, molto duro, dove si racconta qualcosa di triste, che ci amareggia un po’, almeno nella prima parte.
Che cosa è accaduto?
Il popolo di Israele che Dio ha scelto come amico, il popolo discendente di Abramo, quindi destinatario della immensa benedizione che Dio Padre ha riversato con amore, sta dimenticando il patto di alleanza.
Man mano che il tempo passa, che il popolo è tranquillo, che il ricordo delle sofferenze del passato si allontana, dimenticano anche l’alleanza stretta con Dio, si dimenticano di Lui, cominciano a vivere come se il Signore non esistesse...
Costruiscono degli idoli e si fidano di queste statue, invece che del Padre Buono! Invece di affidarsi all’amore del Signore, si affidano alla magia, ai riti portafortuna e a tante altre cose che con Dio c’entrano proprio poco!
Il Signore, pieno di amore, si accorge di quanto sta succedendo e cerca di ricordare al suo popolo l’alleanza che hanno stretto ormai da tempo: "Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti"
Veramente interessante, quello che ci dice il libro delle Cronache: chi si stava comportando male, chi stava tradendo l’Alleanza, rifiuta anche gli inviti di Dio che manda i suoi profeti, i suoi messaggeri, per ricordare il patto di amicizia e fedeltà!
Il Signore Dio si preoccupa per loro, ma loro non se ne curano! Anzi, maltrattano i profeti, i messaggeri che Dio ha inviato per ricordare le promesse che un tempo erano state scambiate!
Di fronte a un Dio così premuroso, la risposta è il disprezzo, la derisione, il far finta di niente.
Sembra assurdo, lo so, ma questo capita spesso e anche il Vangelo di oggi ce l’ha ricordato.
Il brano del racconto di Giovanni che abbiamo ascoltato, infatti, dice molte cose, mentre ci riferisce la conversazione che avviene di notte tra Gesù e Nicodemo.
Nicodemo è un sacerdote del tempio di Gerusalemme, che è andato a trovarlo di nascosto, perché non vuole che i farisei e gli altri dottori della Legge, sappiano che lui sta dando ascolto al Rabbi di Nazareth.
Nicodemo e il Gesù parlano a lungo, ma ci interessa, in questo momento, sottolineare una frase del Maestro e Signore: "Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio".
È proprio così: chi opera il male, vuole restare nascosto, non vuole che si sappia quello che fa', quello che organizza. Ama il buio del nascondimento.
Invece, chi opera il bene, chi agisce nell’onestà, chi non ha nulla da nascondere, ama la luce, non ha problemi che si sappia in giro quello che pensa e che fa; non si vergogna di nulla, perché sa bene che tutta la sua vita testimonia l’amore di Dio!
Se viviamo operando secondo il cuore di Dio, non abbiamo nulla da nascondere!
Chi opera il bene, non ha timori, non ha bisogno di nascondersi; invece chi opera il male, vuole restare nel buio, sperando che nessuno si accorga di lui, per poter continuare ad agire indisturbato. Questo avviene oggi, avveniva ai tempi di Gesù, è avvenuto al tempo del libro delle Cronache!
Coloro che operavano il male, proprio non ci tenevano che si sapesse quello che facevano!
Figuriamoci se potevano essere contenti dei profeti, che pubblicamente li rimproveravano!
Ecco perché, quando il Signore Dio manda i suoi profeti, li uccidono: chi si nascondeva nella penombra per non far sapere in giro le sue malefatte, di certo provava molto, molto fastidio da quelle voci oneste che ricordavano l’alleanza stretta con il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe!
Quella che descrive la Parola di Dio è davvero una situazione gravissima: il tempo passava e le cose andavano sempre peggio.
Allora Dio Padre decide di fare come fanno i genitori quando un figlio proprio non vuole ascoltare: decide di mettere in castigo il suo popolo, di mandarlo lontano dalla terra dove vive, in esilio, in un paese lontano. Il paese di Israele viene distrutto dai nemici e tutti gli abitanti sono portati via, come schiavi.
Questa decisione del Signore è come una medicina; una medicina molto amara, certo, ma necessaria, perché il cuore del popolo che ha dimenticato l’alleanza, provi la nostalgia di Dio!
Il Signore sa che quando tutte le nostre sicurezze crollano, quando ci sperimentiamo fragili, deboli, incapaci o di fronte a un pericolo che ci spaventa, ci viene spontaneo pensare a Lui, rivolgerci a Lui.
Vero, che quando abbiamo paura, ci ricordiamo subito di Lui? Vero, che quando abbiamo bisogno del suo aiuto, subito invochiamo il suo nome con tanta speranza?
Ecco, i 70 anni che il popolo di Israele trascorre lontano dalla sua terra, servono proprio a questo: coloro che credevano di poter fare ormai a meno di Dio, chi si credeva al di sopra di Dio, grazie alle sue ricchezze e ai suoi successi, ora si ritrova bisognoso di tutto e allora si ricorda del Dio forte e potente che ha sempre aiutato il suo popolo anche nei momenti più bui, anche nelle situazioni che sembravano senza soluzione!
Sono anni difficili, amari e dolorosi per chi è stato costretto a lasciare la sua casa, i suoi beni, il suo lavoro, la sua vita di tutti i giorni, per trasformarsi in uno schiavo!
E 70 anni sono un periodo davvero lungo, per aspettare che venga offerta da Dio una nuova alleanza da stringere con il suo popolo.
Ma per quanto lunghi, anche i 70 anni passano e avviene qualcosa che nessuno si aspettava, qualcosa che neppure si sarebbe potuto immaginare!
La nuova alleanza non viene offerta direttamente al popolo di Israele, ma passa attraverso il re della Persia, il paese che tiene prigioniero e schiavo gli ebrei.
È il nuovo re Ciro, che non appartiene al popolo di Israele che non sa niente del Dio di Abramo, di Isacco di Giacobbe a diventare il portavoce del desiderio del Signore Dio di offrire un’altra possibilità al suo popolo.
Ciro è un re straniero, che non sa nulla della storia del popolo ebraico, del suo passato, dell’alleanza stretta con il Signore e poi sciupata e tradita in maniera così sciocca! Eppure è proprio questo sovrano che stabilisce uno strano decreto: vuole costruire un tempio per il signore Dio a Gerusalemme, un grande tempio per onorare l’unico Dio. Per questo, invita tutti gli ebrei a ritornare nella propria terra e a collaborare alla costruzione di questo tempio grandioso.
Dopo 70 anni do schiavitù, il popolo d’Israele è di nuovo libero e può ricominciare a vivere nell’alleanza con Dio.
Adesso, in un momento di silenzio, proviamo a pensare: ma io, sto vivendo l’alleanza con Dio? La mia amicizia con Lui è forte? Quanto posto ha nella mia giornata, il pensiero del Signore, il mio ricordarmi di Lui?
Ci sono situazione in cui mi scoccia la presenza di Dio nella mia vita? Ci sono volte in cui mi viene voglia di far di testa mia, di dimenticarmi di Lui e di tutti i consigli che mi ha dato? Sto crescendo nella mia somiglianza con Gesù?
Quando qualcuno mi invita a vivere secondo il Vangelo, gli do ascolto, o lo mando a quel paese? Quando i genitori o gli insegnanti, mi danno delle indicazioni su come comportarmi, metto il muso, faccio il risentito, o penso che possono essere loro i profeti che adesso, in questo mio presente, mi aiutano a restare sempre nell’alleanza con Dio?
Sono domande importanti: non vogliamo fare come il popolo d’Israele, che a un certo punto si è stufato di vivere nell’alleanza e ha deciso di fare a meno di Dio! Non vogliamo rompere il patto di amicizia con Lui!
Allora queste domande possiamo ripetercele anche nei prossimi giorni, magari la sera, prima di dormire: ripensare alla nostra giornata, per vedere come cresce la nostra alleanza con il Padre Buono.

Commento a cura di Daniela De Simeis