Omelia (15-03-2009)
don Daniele Muraro
... perchè Egli è sapienza di Dio e potenza di Dio

"I Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza". San Paolo si scontrava con queste richieste quando si spostava di città in città a parlare di Gesù Cristo. Aveva incominciato visitando i territori dell’attuale Siria e Turchia e in ogni centro di una certa importanza in cui arrivava, lì trovava sempre una comunità di Ebrei trapiantati. Ad essi si rivolgeva per primi, ma il più delle volte doveva poi adattarsi ad un annuncio solo per i pagani, perché i suoi connazionali lo respingevano.
I segni che i Giudei in terra straniera chiedevano per credere assomigliano molto al segno richiesto in Israele qualche decennio prima a Gesù in persona: "Allora vennero i farisei e incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli, traendo un profondo sospiro, disse: ‘Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione’."
Dal contesto noi riusciamo a capire che il segno chiesto a Gesù prima e a Paolo poi doveva consistere una dimostrazione di potenza.
Considerata solo dal punto di vista della cronaca di una condanna a morte la vicenda di Gesù risultava fallimentare. Un Crocifisso non può essere un distintivo di potenza, almeno al primo impatto. Voleva salvare gli altri, adesso "salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto", come dicevano i capi sotto la croce. E tuttavia san Paolo è convinto che nonostante tutte le apparenze contrarie Gesù è potenza di Dio e sapienza di Dio.
La volontà di potenza ha segnato la civiltà occidentale nel secolo scorso e non è detto che si sia del tutto eclissata nella cultura contemporanea. In più di una circostanza al pessimismo della ragione si è risposto con l’ottimismo della volontà.
Le magnifiche sorti e progressive erano quelle profetizzate dagli illuministi del Settecento secondo cui l’umanità doveva uscire dalla tutela della religione ed entrare nella età adulta della ragione.
Ai nostri giorni l’infatuazione per la modernità è tramontata, rimane la rivendicazione di una potenza tecnologica crescente, da raggiungere attraverso un uso massiccio degli studi scientifici. La pretesa del miracolo non si appoggia più sulla religione, ma sulla scienza, o per meglio dire sulla tecnica.
Tocchiamo così l’altro elemento presente nella rappresentazione di san Paolo: la sapienza. Anche oggi in molti come i Greci al tempo di san Paolo cercano la sapienza, ma a differenza della filosofia greca oggi non si tratta più di una sapienza superiore, quanto di una sapienza ideologica e psicologica, che porti ad un consenso generale.
Come nel caso dei segni si è abbandonata l’aspettativa di miracoli trascendenti per rivolgersi alla potenza delle macchine, così nel ricerca della sapienza non ci si interessa più della verità in senso proprio, ma dell’accumulo di conoscenze e della capacità di averla vinta sugli altri.
Papa Giovanni Paolo II e poi papa Benedetto hanno parlato più volte delle radici giudaico-cristiane dell’Europa intendendo inserire in questa indicazione anche l’eredità del mondo classico antico, con la sua forma di vita e le sua cultura.
Tuttavia dopo Gesù Cristo, non ci può essere potenza autentica che non tenga conto della croce di Gesù e anche la sapienza umana se non si confronta con la parola della crocefissione rimarrà sempre astratta e distante dalla realtà delle cose.
Sapienza e potenza sono due buone cose, ma san Paolo ci avverte che sono due obiettivi pericolosi se coltivati al di fuori e contro il cristianesimo, ossia contro la testimonianza di Gesù Cristo.
Il desiderio della potenza aveva portato gli Ebrei non a servire Dio nel tempio, ma a servirsi di Lui approfittando del tempio. Ecco perché Gesù si scaglia contro cambiavalute e venditori di colombi colpevoli di fare della casa di Dio Padre suo un mercato. Il miracolo di vedere moltiplicati i soldi per alcuni era superiore a qualsiasi altro miracolo si potesse sperare anche dentro il tempio.
Oggi si parla di un supermercato della religione, paragonando la pratica della fede a un carrello in cui ognuno mette dentro quello che sul momento gli serve. Se qualcosa della Chiesa non interessa o disturba, si può tranquillamente tralasciare.
Questa può essere la concretizzazione di un progetto di potenza umana, ma non è secondo la sapienza di Dio. Dio ci rivela una parola obbligante, ma per il nostro bene. Di più i Dieci Comandamenti di Mosè si aprono con una premessa che spiega tutto: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me." Dio pretende perché prima ha dato. Chiede di rispondere al suo amore con un servizio libero.
Dio non può essere ridotto ad un prodotto da scaffale, secondo i nostri bisogni, ma ci interpella e solo mettendo in pratica la sua parola noi possiamo realizzare la nostra vita.
La propria coscienza non può essere messa a tacere senza dànno. Alla fine l’attuale apparente debolezza di Dio si dimostrerà più forte della presunta sufficienza degli uomini.
Occorre tornare a metterci tutti alla scuola di Gesù Cristo, come singole persone e come società. Anche Gesù è capace di gesti di potenza e il racconto dell’irruzione nel cortile del Tempio ne è solo una pallida esemplificazione.
La vera potenza di Gesù è l’amore per cui Egli può accettare la distruzione del suo corpo in vista di farlo diventare tempio di salvezza per tutto il genere umano.
Gli uomini gli toglieranno la vita uccidendolo appeso ad una croce, ma Dio Padre al terzo giorno gliela restituirà per sempre e con essa il potere di unire a sé quelli che entrano a far parte del suo corpo universale che è la Chiesa. Per questo per noi Cristo resta oggi e sempre potenza di Dio e sapienza di Dio.