Omelia (22-03-2009) |
padre Paul Devreux |
Gesù disse a Nicodemo: "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo..." E' necessario che Gesù si lasci mettere in croce per manifestare quanto Dio ci ama, ma stiamo attenti a non dire che la croce ci salva. La croce è uno strumento di tortura atroce e basta, e non è la sofferenza che patisce Gesù in croce a salvarci. Ciò che ci salva è la scoperta del suo perdono, è il fatto di vedere, magari con gli occhi del centurione, che quest'uomo si lascia trattare così senza provare rancore, addirittura continua ad intercedere per noi dalla croce dicendo al Padre: "Perdona loro, perché non sanno quello che fanno!". Dio non ha bisogno delle sofferenze del figlio per salvarci. Siamo noi che abbiamo bisogno di farlo soffrire per avere una prova dell'autenticità del suo amore e della sua grande capacità di perdonare. Più di così non poteva fare. A Dio non interessa giudicare o condannare il mondo; gli interessa solo dare agli uomini la possibilità di vivere in comunione con lui. Chi rifiuta questo, rifiuta un'opportunità e gli rimane giusto il dono della vita a scadenza che stiamo vivendo. Ma perché qualcuno rifiuta questa bella opportunità? Gesù dice: "...Hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie". Chi fa il male odia la luce, è normale, mentre chi fa il bene ha piacere che se ne parli, anche questo è normale; ma cosa c'è in me che teme la luce, la verità e preferisce le tenebre e la bugia? Preferisco non essere visto quando non mi sento amabile, quando mi sento giudicato e disprezzabile. Per questo è necessario crocifiggere Gesù, farlo soffrire e poi contemplarlo in croce, incrociare il suo sguardo carico di misericordia e di comprensione, per convincerci del fatto che non vi è nulla in me che lui non abbia già perdonato, accolto e amato. |