Omelia (22-03-2009)
don Giovanni Berti
Quanto crediamo realmente alla croce di Gesù?

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Quando guardiamo una croce, cosa vediamo? Possiamo trovarla quando entriamo in una chiesa oppure quando la scorgiamo sulla punta di un campanile tra le case. Possiamo vederla appesa al collo di un prete o di una suora o di un laico segno di appartenenza religiosa o semplice ornamento, oppure la vediamo appesa alle pareti di casa nostra o di qualche luogo pubblico.
Che messaggio ci dà quella figura di uomo appeso con i chiodi ai due legni incrociati?
La Quaresima è il tempo giusto per fermarsi a pensare un po’ di più davanti alla croce, per andare oltre le sue innumerevoli (non sempre appropriate) rappresentazioni, e arrivare così a farla entrare non solo negli occhi ma fino al cuore e alla vita.
Nicodemo va di notte da Gesù per chiedergli una luce per la sua fede. La notte rappresenta bene il buio che c’è dentro questo fariseo, che forse rappresenta anche la notte che abbiamo noi e nella quale è immerso il nostro mondo, pieno di luci artificiali ma povero di luci spirituali.
Gesù usa un’immagine presa direttamente dalla storia dell’Esodo, quando Mosè, su ordine di Dio, innalza un serpente di rame su un palo e questo diventa fonte di guarigione per tutti coloro che lo guardano dopo esser stati morsi dai serpenti velenosi. Con questa immagine Gesù parla di sè, della sua storia e dell’evento che si compie alla fine della sua missione terrena e che ne è il culmine: la morte in croce e la sua resurrezione.
Gesù sulla croce è dunque punto di riferimento per chi cerca salvezza, pace, vita... Con la morte in croce di Gesù Dio ci comunica il suo amore definitivo per il mondo e che vuole salvarlo e non "fregarlo". Quante volte abbiamo la tentazione di credere che la religione sia una sorta di "fregatura" della vita. La felicità vera sembra passare solo dalla liberazione da Dio.
Forse in un certo senso questo è vero. Il mondo non ha bisogno di un Dio che solamente regola, giudica e condanna (o premia, a seconda dell’obbedienza data). Questo non è certamente il Dio che Gesù, innalzato sulla croce, ci rivela.
La croce ci parla di una sofferenza che ha portato salvezza. E’ un segno positivo di cui il mondo, avvelenato dai morsi dei serpenti del male, ha bisogno per ritrovare speranza.

Vorrei ricordare a questo proposito un personaggio che a suo modo ha creduto alla croce e sulla sua croce è salito, diventando segno di salvezza per molti che l’hanno conosciuto e non solo.
15 anni fa, il 19 marzo 1994, don Giuseppe Diana, per tutti don Peppe o Peppino, veniva ucciso da 5 colpi di pistola in faccia per mano della camorra, nel suo paese a Casal Del Principe (Caserta). Mi ricordo che a me, ordinato sacerdote da meno di un anno, quell’omicidio così brutale fece molta impressione. Don Peppino fu ucciso perché molto scomodo per i suoi conterranei camorristi. Parafrasando la storia di Mosè, don Diana credeva che solo puntando in alto ai valori del Vangelo, vissuto fino in fondo e senza sconti, c’era la reale possibilità di salvarsi dal veleno dei serpenti della camorra e di ogni forma di disonestà e violenza. Questo giovane sacerdote di 36 anni credeva talmente nella concretezza del Vangelo da esser pronto anche a rimetterci la vita. Quando fu ucciso mi domandai se mai io sarei stato capace di fare altrettanto, e se davvero credessi così tanto nella potenza salvifica di Gesù fino a non aver paura delle conseguenze. Don Giuseppe Diana non è l’unico martire del Vangelo. Ci sono tantissimi uomini e donne, preti, religiosi e laici, che hanno creduto così tanto alle parole di Gesù da trovare solo in lui la Salvezza, anche quando la morte, i rapimenti, la tortura o l’emarginazione a causa del Vangelo li hanno colpiti.
Questi martiri non vanno cercati solo agli inizi della Chiesa ma anche nei tempi moderni, anche oggi.
E anche noi, anch’io, possiamo diventare testimoni della croce di Cristo. Quando la guardo, ovunque essa sia esposta, mi ricorda una possibilità di salvezza per la vita. La croce è li per dirmi che se credo nel Vangelo, in quello che Gesù ha fatto e detto, allora la mia vita è salva e diventa guaritrice per tutti coloro che sono vicini a me.


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