Omelia (22-03-2009)
Marco Pedron
Sei nato, adesso scegli di vivere

Questo brano che si trova nel vangelo di Gv tenta di spiegare il grande mistero di Dio, della sua morte e resurrezione: Dio è venuto nel mondo per amarci, per accoglierci e starci vicini; Dio è venuto, vissuto e morto per farci vedere come potremo vivere, con quale estensione del nostro cuore, con quale dilatazione della nostra anima e con quale vibrazione e intensità per la nostra vita.
Questa è una parte di un lungo discorso che Gesù fa con un uomo di nome Nicodemo (Nicodemo vuol dire "vincitore del popolo"). Chi è costui? Nicodemo è un fariseo, fa parte dell’aristocrazia sacerdotale, ed è un maestro. E’ cioè un profondo conoscitore della Bibbia, della religione, è un saggio del tempo, un maestro della Legge. Nicodemo ha una grande conoscenza, ma gli manca qualcosa. Per questo va da Gesù. Nicodemo ha una nostalgia dentro al cuore, percepisce che c’è qualcosa di più grande, di oltre. E’ un uomo che non si accontenta, che vuole capire, che vuole vivere di più.
E Gesù gli fa una proposta immensa: gli dice che bisogna rinascere. Sostanzialmente gli dice: "Quello che tu chiami vita, io la chiamo morte, non-vivere. Lascia questo tuo modo di vivere e ti farò vedere che cos’è davvero la vita vera, quella eterna, quella che non passa, quella che riempie, quella che ti sazia e quella che ti fa felice. Se saprai lasciare questa tua vita, il tuo modo di pensare e di rapportarti, io ti mostrerò per davvero la Vita".
Vi chiedo: non vi entusiasma? Non vi emoziona? Se avete un cuore, sono sicuro di sì. Se siete vivi, sono sicuro che vi stuzzica, che vi richiama, che vi attira. Se non vi richiama, allora siete già morti. Si tratta di rinascere, cioè di vivere veramente. Ma sono sicuro anche che vi fa paura: lasciare, fidarsi, abbandonarsi, credere a ciò che si ha dentro, seguirlo, cambiare, lasciare il certo per ciò che ancora non conosciamo, tutto questo fa veramente tanta paura!
Ma Gesù era così, duemila anni fa come oggi. Gesù era un uomo che faceva proposte che rompevano tutti gli schemi, le convenzioni e le abitudini.
Gesù apre orizzonti nuovi e impensati. Gesù è davvero affascinante, attraente, perché ti presenta un modo di vivere estremo, meraviglioso, "ti manca il fiato" tanto è intenso. Gesù è per le anime grandi. Gesù non si concilia con chi ama il quieto vivere, il tran-tran quotidiano, il piccolo cabotaggio: guardate la vita dei santi, degli apostoli.
A Nicodemo dice: "Se tu vuoi capire chi sono io, devi lasciare stare la tua Legge, le tue regole, le tue norme, la tua morale. Devi rinascere. Devi far morire un mondo di illusione, di falsità, di apparenza, di vuoto, di buone maniere, di Paesi dei Balocchi e riaprire gli occhi sulla realtà".
Noi siamo venuti a questo mondo ma non è questa la nostra vera vita. Nessuno di noi ha scelto di esserci: ci siamo, siamo stati gettati e buttati in questo mondo. Forse, se avessimo saputo prima cosa avremmo dovuto affrontare, in quale famiglia, quali lotte, qualcuno di noi avrebbe rinunciato a venire a questo mondo (o forse no!).
In ogni caso è così: ci siamo, che lo abbiamo voluto o no. Non ho scelto io di esserci ma in ogni caso ci sono, che mi piaccia o no. L’esserci a questo mondo non dipende da me (chissà se un giorno scopriremo il contrario!?). E non solo non ho scelto di nascere ma non ho neppure scelto di nascere in questo paese; non ho scelto i miei genitori, né di vivere certe esperienze, di fare certi incontri e soprattutto certi scontri; non ho scelto il mio viso, il colore dei miei occhi, il mio peso, né il carattere o le doti.
Un figlio, di fronte al padre che si lamentava sempre per lo scarso rendimento scolastico dicendogli: "Guarda che figlio che mi è toccato!", gli ha risposto: "Dovevi pensarci prima. Non ti ho mica chiesto io di farmi nascere!".
Adesso però la palla passa a me. Io ci sono: è un dato di fatto. Come voglio vivere adesso? Non ho scelto di esserci, ma scelgo il come esserci adesso.

Il primo atto della vita non dipende da noi: ci hanno fatto nascere. E neanche le condizioni dipendono da noi: il "bagaglio" (doti, genitori, paese, fisico, eredità genetica, ecc.) c’è stato dato. C’è un bagaglio che devo accettare, punto e basta. Non c’è possibilità di scelta.
Quando vai in una libreria per comprarti un libro, ti chiedono: "Cosa vuole? Narrativa, avventura, saggi, fantascienza, ecc". E tu scegli. Ma se tu andessi in quella libreria dicendo: "Vorrei un libro" e la commessa ti rispondesse: "Questo è il libro per lei" e scegliesse lei... "Ma io non voglio questo"... "Questo, signore, oppure niente", dovresti tenertelo e basta.
C’è un bagaglio con cui siamo nati: c’è stato dato. E’ inutile piangersi addosso o lamentarsi. E’ così!

Ma adesso decidi tu cosa farne del tuo bagaglio! Questo è rinascere.
Rinascere vuol dire innanzitutto scegliere di vivere. Non solo sono al mondo, ma voglio esserci a questo mondo. Rinascere vuol dire "dire di sì" al fatto che io ci sono: "Io esisto, e voglio esistere" (ex-sistere vuol dire appunto e-mergere, venire fuori dal niente o dall’indefinito). Provate ad urlarvelo: "Io voglio vivere!". Ri-nascere vuol dire: "Ci sono e voglio esserci". E chi c’è non si nasconde ma viene fuori. Ri-nascere vuol dire: "Utilizzerò tutto ciò che sono per essere la persona migliore che posso essere". Rinascere vuol dire partorirsi. La prima volta l’ha fatto mia madre; ma questa volta voglio farlo io.
Voglio, cioè, costruirmi secondo ciò che sono; sviluppare le mie risorse; potenziare la mia energia; lasciare un segno in questo mondo; essere felice e vivere in maniera appassionata. Voglio esserci. Non voglio essere un sopramobile, un corollario, un accessorio. Voglio dare la mia forma a me stesso. Sono questo: non è tanto non è poco, è questo. Con questo materiale costruirò qualcosa. E’ inutile volere ciò che non sono. Con quello che sono costruirò qualcosa di importante.
Molte persone continuano a sognare cosa farebbero se fossero così o colà; invidiano chi ha questo o quell’altro; si lamentano della sfortuna della loro vita. Così intanto non fanno niente.
"Io voglio esserci per me; se gli altri mi abbandonano io non lo farò; se gli altri mi rifiuteranno io non lo farò con me; se gli altri non mi ameranno io non lo farò con me". Nessuno, in fin dei conti, ci può tradire se non noi stessi. Se saremo fedeli a noi stessi non saremo mai traditi. Voglio formarmi, costruirmi, plasmarmi, definirmi.
Rinascere: "Scelgo io come vivere la mia vita e non accetto che altri la vivano per me o mi dicano cosa fare. E mi prendo io le responsabilità delle mie scelte". Rinascere: "Dico di no a ciò che mi fa male, a ciò che ferisce, anche se è doloroso farlo o delude". Rinascere: "Mi prendo quello di cui ho bisogno e non pretendo di averlo dagli altri". Rinascere: "Vivo il mio destino e la mia missione perché io ci sono per questo". Rinascere: "Farò di questo pezzo di creta un vaso meraviglioso. E lo farò perché con la mia opera posso essere così... e, se volete, devo essere così".
La nascita è la creta, adesso tocca a me decidere cosa farne (vaso). E noi lo possiamo! Non credete alla rassegnazione: "Belle parole... è difficile!... mi piacerebbe ma...". Ci viene detto che non si può, solo per controllarci. Perché uomini che sono se stessi, liberi, non si controllano. Per questo ci vien fatto credere che si è dentro un sistema e che non si può uscirne. Ma non è vero.

Rinascere vuol dire rendersi conto che l’essenza della vita non è fuori ma dentro. Cioè: che la felicità, l’amore, la fiducia, le cose grandi della vita non sono una fortuna, una casualità ma qualcosa che tu hai nelle tue mani se vivi in un certo modo, se vivi a contatto con te, con la Vita, e con la Forza della Vita.
Rinascere vuol dire, insomma, essere protagonisti della propria vita. Protagonista (protos-agon, in greco vuol dire colui che agisce in prima persona) è colui che vive la propria vita, sceglie e si prende le conseguenze delle sue scelte.
Ti è stata data un’auto: non importa quale. Prendi tu adesso il volante e guida la tua auto. Certo il taxi è comodo ma ti conduce dove vuole lui. Ma si può chiamare "vita" l’essere condotti da altri? Decidi tu per la tua vita e segui la tua strada, costruiscila e fa’ la strada che a te piace. Riprenditi il volante, vai per la tua strada e percorri il tuo cammino.

Gesù nel vangelo cita un esempio (Num 21,1-9). Durante l’esodo il popolo ebreo si ribellò a Mosè e a Dio, e venne punito da Dio con la piaga dei serpenti velenosi. Accortisi del loro peccato, gli ebrei chiesero perdono a Dio.
Dio accettò il loro ravvedimento e disse a Mosè: "Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque dopo esser stato morso lo guarderà, resterà in vita"... E così avvenne.
Allora: il serpente segno di pericolo, di morte, di disperazione, di rovina diventa segno di vita. Così la croce, segno di paura, di morte, di terrore, di fallimento, di sofferenza diventa segno di vita.
La croce indica tutto ciò che fa paura, che è pericoloso, che è mortale (come il serpente lo era). La croce era la peggiore delle torture e delle morti. La crocifissione, infatti, era un ottimo deterrente per il popolo, perché morire così era terribile.
E la paura più grande che abbiamo è la paura di morire. La grande verità è che tu morirai. Guarda i tuoi figli, tua moglie o chi ami. E adesso ditti: "Io li abbandonerò. Loro mi lasceranno".
E questo ci fa vivere aggrappandoci a loro: "No, non voglio": è la disperazione. Questo ci fa vivere possedendoli: "Non te ne andare, ho paura di perderti": è l’attaccamento. Questo ci fa vivere impauriti e scettici: "A che serve fare e lasciarsi coinvolgere, se poi tutto finisce?". Questo ci fa vivere alienati: "Meglio non pensarci troppo, altrimenti si impazzisce". Questo ci fa vivere insensibili: "Ho davvero paura di vivere tutto questo, meglio anestetizzarsi". Questo ci fa vivere vuoti: "Godiamo la vita, accumuliamo, prendiamoci quel che si può". Ma la verità è che io morirò, che tu morirai e che noi ci lasceremo. Moriremo e saremo soli in quel momento.
Ma ciò che prima faceva paura e terrore (la croce, la morte, il serpente) adesso, da quando Gesù ha vinto questa paura, l’ha affrontata ed è stato risorto da suo Padre, non fa più paura. Gesù "bisognava" che finisse in croce non per "pagare per noi" ma per mostrarci, per farci vedere, che di Dio non c’è motivo di aver paura, che Dio non abbandona, che Dio non lascia, che con Dio non ci si perde.
Dio, infatti, non ha mandato suo Figlio per condannarmi, giudicarmi, per vedere quanto io sia stato bravo: se ho "il sei" (come a scuola) entro nella vita eterna, altrimenti rimango fuori, nell’inferno eterno e non sono degno di Dio. Dio ha mandato suo Figlio, cioè ciò che aveva di più caro, perché mi ama, perché vuole che tutto viva per sempre e senza fine. Tutto quello che Dio fa', lo fa per me e perché io viva per sempre. Dio e il suo Figlio sono venuti per darmi la vita: la vita vera, profonda, intensa, in questa vita e quella eterna nell’altra. Dio vuole che io viva con tutto l’amore che posso e che viva di tutta la felicità che mi abita.
Quindi non è Dio che mi condanna o che mi giudica: sono io stesso. Ogni volta che io non credo mi condanno da solo. E credere non vuol dire andare o non andare in chiesa. Credere vuol dire accettare la luce e rifiutare il buio e le tenebre.
Credere è, per Gv, far luce: "Fai luce sulla tua vita; smettila di vivere nascondendoti i problemi; smettila di non vedere le tue risorse, le tue ricchezze e le tue potenzialità; smettila di non vedere che a volte ferisci, fai soffrire e fai tanto del male; smettila di vivere nell’ignoranza e nel chi si crede "tutto sommato un buon cristiano"; smettila di addossare agli altri, alla società, a questo mondo, la colpa della tua infelicità".
"Porta la Luce dentro di te e troverai che Lui è dentro di Te, che l’Infinito abita nel finito". Per Gv credere è una cosa semplicissima: far luce in modo che emerga la verità, la realtà, le cose per quello che sono. Chiunque fugge dalla verità; chiunque non vuole conoscersi; chiunque non vuole far emergere la Vita che ha dentro, che rifiuta la Luce, si sta già condannando da solo.

Sono righe pregnanti che condensano una teologia molto profonda e con molti significati. Colgo da questa pagina così profonda alcuni motivi di meditazione e di cambiamento per me.

1. Guarda in faccia ciò che temi, ciò che ti fa paura. Non aver paura di guardare la croce o il serpente.
C’è una donna che da quindici anni continua a sperare nel cambiamento di suo marito, che la tratta come un sopramobile. E’ ovvio che lui non la ama (o non ne è capace), ma lei si illude che lui cambierà. Capisco anche che è duro guardare la croce, la verità e non mentirsi ma forse sta credendo in qualcosa di impossibile.
Sei insoddisfatto: è inutile raccontarsi che è il lavoro, che sono i figli con tutti i problemi che comportano, che è la moglie che non ti capisce più. Sei vuoto dentro: non sfuggire al problema. Guarda in faccia questa verità, non nascondertela, affrontala.
Mio figlio va male a scuola, nessuno lo tiene in classe e a catechismo impedisce a tutti di lavorare. Non sfuggo la realtà, non mi condanno, non lo condanno, non lo giustifico. Guardo la situazione, senza far drammi e senza scappare. Solo così dalla croce nascerà una nuova vita.
C’è da fare una scelta, c’è da dirsi qualcosa, c’è da guardarsi negli occhi perché le cose così come sono, non vanno. Guarda in faccia tutto e non incolpare nessuno. Guarda la croce e troverai la vita.
C’è una storia che racconta così: un tizio si trovava a Londra dopo la guerra. E’ seduto e tiene sulle ginocchia un pacco avvolto in carta marrone: si tratta di un oggetto pesante e voluminoso. L’autista dell’autobus gli si avvicina e gli chiede: "Cos’ha sulle ginocchia?". E l’uomo risponde: "E’ una bomba inesplosa. L’ho trovata scavando in giardino, e la sto portando alla stazione della polizia". E l’autista gli dice: "Non vorrà mica tenerla sulle ginocchia, no? La metta sotto il sedile". Soluzioni ai problemi!!!

2. Guarda in su; guarda in alto e distogli lo sguardo da terra.
Il popolo ebreo aveva perso l’orizzonte: guardava in basso per difendersi dai serpenti e aveva distolto lo sguardo dal cielo, dal cammino, da Dio. Allora Mosè li costrinse a ritornare a guardare in alto.
C’è un aneddoto che dice così: la moglie dice al marito, che ha il volto sprofondato fra le pagine del giornale: "Ti è mai venuto in mente che nella vita ci potrebbe essere qualcosa di più importante di ciò che accade nel mondo?". In effetti, c’era lei! La gente ha lo sguardo così ripiegato in basso che neppure si accorge della realtà che gli è vicino, finché non alza lo sguardo.
La gente ha una visione bassa, superficiale, ristretta, limitata, terrena delle situazioni. La gente è così presa da sé, dai suoi stupidi e banali problemi, dai suoi fastidi che non sa che girare attorno a sé.
Quanta gente soffre (e che soffra!) perché non ha l’ultimo prodotto, l’ultima auto, l’ultimo cellulare. Quanta gente soffre perché il proprio figlio non è il primo della classe. Quanta gente si odia perché non è bella come quello o come quell’altro. Quante donne vivono nell’ansia perché la casa non è in perfetto ordine. Avete mai sentito i discorsi delle persone: quanti sono angosciati e in ansia per problemi insignificanti.
Una famiglia ha cambiato di casa perché il vicino non li salutava.
Un tipo, qualche anno fa', era furente perché con le tasse del tempo non poteva più permettersi la barca: "Il governo ti toglie la vita!", mi disse.
Guarda in su, in alto: non angosciarti per le stupidaggini. Vale la pena di rovinarsi la vita per queste cose? Guarda in su: guarda verso Dio e guarda alle vere tragedie della vita.
E se le cose non vanno come vuoi tu? "Guarda in su!". Sei stato morso da un "serpente della vita"? Certo capisco, non piacevole, ma non morire per questo. Guarda su! Ancorati in qualcosa di più profondo e questa ferita non sarà grave, mortale.
Un uomo è stato "sputtanato" (falsamente) dai giornali. Poi i giornali hanno rettificato, ma si sa, le parole dette poi non si riprendono più. Se tu guardi a ciò che è successo, hai perso la faccia, la reputazione, non c’è niente da ridere. Come si fa ad andare avanti? Solamente se si è ancorati più in profondità. Se l’onore, la considerazione degli altri è tutto, allora sei finito. Guarda su! E’ tutto nella vita? No! Se hai valori più profondi, ne sei ferito (certo non è mai piacevole), ma non ne sarai ucciso.
Un figlio non ha ricevuto l’eredità come l’altro. E’ stata commessa una reale ingiustizia da parte del padre. E’ andato tramite avvocati ma non c’è stato nulla da fare. Se guardi a ciò che è successo il morso è stato doloroso perché le eredità sono simbolo dell’amore. Chi ha più soldi dal genitore vuol dire che è amato/preferito di più. Ma adesso, basta: ma vuoi vivere rodendoti tutta la vita? "Sì, sarebbe stato giusto che anche tu ricevessi come l’altro. Ma non è andata così. Non morire per questo!".
Quanta gente si rode il fegato e si rovina la vita per un’ingiustizia. Non permettere che una cosa rovini la tua vita. E’ stupido! Sei stato morso dal serpente, ma non digerire il veleno, non morire per questo! Guarda in su, la vita è più importante di un’ingiustizia! Non ti pare?

E quando ti senti angosciato, solo, depresso, disperato, guarda su e ricordati ciò che Gesù disse a Nicodemo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". Metti al posto del "mondo" il tuo nome: "Dio ha tanto amato Marco da dare il suo Figlio unigenito". Non ti senti al sicuro? Non ti senti protetto? Non ti senti fra le braccia grandi e calde della Vita?


Pensiero della settimana


Vorrei che la vita di voi cristiani ci parlasse come una rosa,
che non ha bisogno di parole,
ma semplicemente diffonde il proprio profumo.
Anche un cieco che non vede la rosa ne percepisce la fragranza.
La vostra vita di cristiani deve diffondere
il profumo del messaggio di Cristo.
Questo per me è il solo criterio di giudizio:
mettete in pratica il Vangelo
invece di fare lunghe discussioni su quello in cui credete.

Gandhi, 1937