Omelia (29-03-2009) |
Monaci Benedettini Silvestrini |
Il chicco di grano Il messaggio centrale dell’odierna liturgia potrebbe essere quello dell’avvenuta nostra riconciliazione con Dio. Già nella prima lettura, il profeta Geremia ci annuncia una nuova alleanza, un nuovo patto di amicizia tra Dio e il suo popolo. Nuova alleanza o patto di amicizia, che sarà fondato non più su una legge esteriore, ma interiore, sulla legge dello Spirito. Questa nuova alleanza sarà caratterizzata dalla misericordia e della longanimità di Dio. Tutto questo si realizza pienamente in virtù del sacrificio di Cristo. Cristo stesso lo ricorderà esplicitamente nell’istituzione dell’Eucaristia, sacramento e memoriale perenne del suo sacrificio. La lettera agli Ebrei descrive tutto il dramma dell’umanità di Cristo, con estrema chiarezza, il destino della passione e della morte in croce. E’ toccante questo aspetto dell’umanità di Gesù, e ce lo fa sentire così vicino e simile a noi, quando siamo stretti del dolore e delle prove della vita. E nello stesso tempo ci appare immensamente lontano da noi per la sua perfetta obbedienza al Padre e totale abbandono alla sua volontà. Ciò che sostiene Gesù e lo conforta nell’affrontare la prova suprema, da un lato è la chiara consapevolezza che la croce è la via segnata dal Padre, via che condurrà alla glorificazione sua e del Padre stesso; d’altro lato, è la chiara consapevolezza che il suo sacrificio non sarà vano, anzi sarà ricco di frutti per l’umanità. A ragione l’autore della lettera agli Ebrei a dire che "Cristo divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono". E poi Gesù stesso nel Vangelo ce lo dice: "se il chicco di grano no muore, rimane solo, se invece muore porta molto frutto". Gesù è il chicco di grano che muore e porterà molto frutto. E attirerà tutti a sé. Nel suo discorso, c’è una parte che riguarda anche il discepolo, e quindi ciascuno di noi che lo seguiamo. "Se uno mi vuole servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo". Il discepolo deve seguire le orme di Cristo, la via del Calvario, per portare con Cristo la sua croce e giungere poi alla gloria. Ma deve essere anche accanto ad ogni fratello che soffre. Il discepolo di Gesù di conseguenza, è colui che crede nel valore e nella fecondità del sacrificio, del donarsi per amore, del perdersi per ritrovarsi, del morire per vivere e comunicare la vita. La croce è il vero volto di Cristo; non esiste un Cristo senza la croce. La croce è un cammino, certamente, non una mèta; ma un cammino che ci porta alla vita eterna. Del resto questa è anche l’esperienza che fa ciascuno di noi nel suo piccolo mondo: in famiglia, nel lavoro, nella vita civile. Non dobbiamo seguire la strada dell’orgoglio, della superbia, del successo, dell’egoismo, bensì seguire la strada contraria, aspra ma feconda, del sacrificio e della rinuncia, del rinnegamento di sé, del donarsi e di spendersi per amore. Ognuno di noi, cioè ogni discepolo di Cristo, deve farsi come chicco di grano che muore per portare frutto; muore o cerca di far morire in sé tutto ciò che è disordinato e tutto ciò che non piace al Signore. Inoltre il cristiano deve saper anteporre e preferire innanzitutto la gloria di Dio e il bene dei fratelli. |