Omelia (05-04-2009)
Il pane della domenica
Fu crocifisso: perché?, per chi?

La passione del Signore

Per accendere la nostra riflessione, può essere utile partire da un dato, solo a prima vista marginale. Tenendo presente che l’attività pubblica di Gesù si è sviluppata in tre anni circa, mentre quella della "settimana santa" in appena cinque giorni, ne risulta che, stando al solo testo del vangelo di s. Marco, la metà di tutti i versetti è utilizzata dall’evangelista Marco per raccontare i circa "mille giorni" di predicazione di Gesù, mentre ben un terzo viene da lui impiegato per narrare le "cinque giornate" di Cristo a Gerusalemme, e addirittura un sesto circa dell’intero libretto viene adoperato per le sue ultimissime ventiquattro ore. Questo sta a dire la centralità e l’importanza dell’ultima settimana di Gesù, e in particolare dei giorni e delle ore della sua passione. Aveva pienamente ragione chi ha definito il vangeli "storie della passione con ampia introduzione".
Dunque, la morte di Gesù è di gran lunga l’evento più rilevante della sua breve vita terrena. Ma nessuno dei vangeli presenta quella morte come un avvenimento fortuito, accidentale, senza nessun nesso con ciò che precede; il racconto evangelico conduce al processo, e il processo alla condanna.

1. Gesù è morto. Perché? Che cosa ha detto, che cosa ha fatto per essere liquidato in quel modo così violento dopo solo una trentina di mesi di attività pubblica? In altri termini: che cosa ci sarebbe voluto per evitare una fine tanto ignominiosa? Un Gesù che muore come Maometto, circondato dall’affetto di figlie e nipoti, o come Buddha, che pronuncia le sue ultime massime in un alone di venerazione generale, o come Socrate, che fa dell’ironia con i suoi discepoli mentre trangugia la cicuta "quasi fosse un dolce liquore" - come racconta Platone, discepolo fedele e testimone oculare - non è mai esistito.
Gesù è morto giovane, ma non è morto né di infarto né di cancro. Non si è suicidato. Non è rimasto vittima di un incidente fortuito o provocato. Non è morto lapidato clandestinamente, non è stato freddamente liquidato da un sicario prezzolato. Perché?
Gesù è morto, dopo un processo sbrigato rapidamente: bisognava finire prima della Pasqua, per evitare ripensamenti nella folla e allontanare il rischio di una sommossa. Ma perché è stato processato? L’occasione prossima è stata costituita dalla cosiddetta "purificazione del tempio", quando Gesù, dopo essere entrato trionfalmente in Gerusalemme, si mise a scacciare i mercanti dall’atrio dei pagani: un gesto simbolico, interpretato come un attacco frontale al sistema commerciale del santuario.
Ma l’opposizione contro Gesù era cominciata molto prima. Dopo una breve fase iniziale all’insegna di un entusiasmo febbrile ma effimero, i rapporti con le folle si erano ben presto raffreddati: cosa poteva significare per gente semplice e concreta un Regno di Dio che non rispondeva ai grandiosi sogni di riscatto nazionale e di benessere materiale? D’altronde i farisei, scrupolosi osservanti della legge mosaica e delle tradizioni degli antichi, non potevano non rimanere scandalizzati per l’atteggiamento di Gesù che violava il sabato, frequentava pubblicani e peccatrici e si riteneva svincolato da ogni tabù rituale e cultuale.
A tutto questo si aggiunga l’implacabile opposizione dei sadducei, i gelosi rappresentanti della classe sacerdotale, sempre più allarmati per la sfrontata contestazione di Gesù contro il tempio e per la grande popolarità che lo faceva apparire agli occupanti romani come un agitatore pericoloso.

2. Ma come si è posto Gesù di fronte alla morte? Farsi questa domanda equivale a interrogarsi non solo perché, ma per chi lui è morto. Nei vangeli non mancano testi che concordano nel testimoniare che Gesù non soltanto ha previsto la sua morte, ma ne ha anche còlto il significato. Per lui la morte non è semplicemente la sbocco inevitabile e prevedibile di ciò che egli dice e fa', l’esito ultimo delle reazioni violente che egli suscita. Egli vede in essa l’espressione di una fedeltà totale al disegno dell’amore di Dio, il quale vuole essere sempre totalmente disponibile all’uomo, anche di fronte alla sua malvagità.
Tutta l’esistenza del Profeta di Nazaret va letta nel segno della solidarietà con i peccatori, e questo fin dal primo evento pubblico, qual è il battesimo al Giordano. Ma poi con gesti e parole Gesù aveva manifestato lo scopo della sua missione: chiamare i peccatori a conversione, salvare quanti erano perduti. Nei confronti dell’umanità peccatrice Gesù si era posto come "il Figlio dell’uomo, venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti". Egli si è quindi identificato con la misteriosa figura del "servo del Signore" - di cui si legge nella 1ª lettura di oggi - fedele alla sua missione fino alla morte, che offre se stesso in espiazione del peccato dell’umanità, e per questo diventa via di salvezza per tutti.
Per avere la conferma di questa piena e lucida autocoscienza di Gesù di fronte al senso della sua morte, è decisivo il racconto della istituzione eucaristica. Il pane spezzato e offerto e il vino versato sono simboli già di per sé molto chiari e si riferiscono senza dubbio alla passione e alla croce. Ma non si limitano a predire la morte, bensì ne svelano il significato attribuitole da Gesù. Se vista in superficie la passione di Gesù sembra essere semplicemente il frutto della malvagità degli uomini, letta in profondità, alla luce del gesto eucaristico, mostra di essere un preciso e consapevole dono che Gesù fa di se stesso.
Donare la vita è la verità di Gesù. La sua morte per noi è stata la conclusione di una intera esistenza per noi. Gesù muore come ha vissuto: per le moltitudini" (Mc 14,24). Se i primi cristiani hanno capito che la morte di Gesù fu un dono per tutta l’umanità, è perché avevano già visto prima Gesù vivere per tutti.
All’inizio della santa Settimana, preghiamo perché "abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione" (coll.).

Commento di Mons. Francesco Lambiasi
tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"
Ave, Roma 2008