Omelia (25-03-2009)
don Daniele Muraro
L'Ave Maria

La prima domanda che ci possiamo farci è se oggi con l’Annunciazione festeggiamo Maria o Gesù. La liturgia intitola la solennità "Annunciazione del Signore", come il Natale è "Natale del Signore" e la Pasqua è "Pasqua del Signore".
Ci illumina su questo punto la seconda lettura presa dalla lettera agli Ebrei. In essa l’autore attribuisce a Cristo alcuni versetti del salmo 40: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per compiere, o Dio, la tua volontà".
In queste espressioni l’autore della lettere agli Ebrei riconosce la disponibilità del Figlio al volere del Padre nel momento di diventare uomo. Possiamo ritenere queste parole le ultime che il Figlio di Dio pronuncia prima dell’Incarnazione e le prime che vive da Figlio della Vergine.
Oggi dunque è la festa dell’Incarnazione del Figlio di Dio che si fa uomo, come il Natale è la festa della sua nascita. Lo diremo anche nella orazione sulle offerte: "Accogli con bontà, o Padre, i doni che ti offriamo celebrando l’incarnazione del tuo unico Figlio...".
Siamo nel caso unico, senza precedenti né possibilità di paragoni, di un figlio che preesiste alla Madre. Il Figlio infatti è la seconda persona della santa Trinità, che tuttavia veramente viene concepito e portato in grembo da una donna che rimane Vergine e da quel momento diventa anche Madre, madre del Figlio di Dio e quindi Madre di Dio.
Noi la salutiamo così, "Madre di Dio", all’inizio della seconda parte della preghiera mariana per eccellenza, l’Ave Maria, ma anche la prima parte dell’Ave Maria è un saluto e precisamente la collezione delle parole alla Vergine dell’angelo nel giorno dell’Annunciazione e della parente Elisabetta nel successivo incontro.
Nel momento in cui il Verbo eterno del Padre tace per farsi creatura umana che seguirà tutte le fasi del normale sviluppo di un infante, parlano angeli e credenti, in casa, nel tempio, a Nazaret, a Betlemme...
E anche noi i credenti di oggi possiamo unirci a questo coro e ripetere le parole che ci introducono nel segreto della nostra salvezza ancora prima che il protagonista incominci a lasciare intuire un così grande mistero e poi a spiegarlo.
Questa sera vorrei fermarmi sulla prima parte dell’Ave Maria e cioè proprio sulle parole dell’angelo Gabriele: "(Ave) ti saluto, piena di grazia, il Signore è con Te!".
Fra le tante parole ripetute sulla terra, forse nessun’altra, oltre alla parola mamma, è stata ripetuta come questa: "Ave, Maria!".
Nella nostra preghiera noi abbiamo bisogno di aggiungere il nome proprio Maria, che l’Angelo conosceva benissimo, ma che tralascia per arrivare subito alla proclamazione del mistero, ossia Maria è la "piena di grazia".
Nei vari dipinti che hanno celebrato l’Annunciazione, inizio definitivo della nostra salvezza, quasi sempre l’Angelo Gabriele è rappresentato in ginocchio davanti alla Vergine o comunque in atteggiamento di venerazione.
La Chiesa insegna che Maria è stata elevata da Dio al di sopra di ogni creatura angelica o terrestre. Infatti nelle litanie noi la invochiamo come Regina degli Angeli. Era conveniente dunque che ricevesse l’omaggio dell’angelo, anzi di un Arcangelo, che sta al cospetto di Dio.
Secondo San Tommaso, che fu frate Domenicano, Maria è superiore agli angeli per tre motivi. Primo, perché ha una grazia più abbondante. Secondo, perché ha una prossimità con Dio superiore. Terzo, perché ha in sé una purezza maggiore, nel senso che non solo era pura in se stessa e per se stessa, ma fu anche fonte di purezza per gli altri, portando agli uomini la benedizione.
Concentrandoci sulle prime due qualità, quelle dichiarate dall’angelo Gabriele, non possiamo non vederle collegate fra loro: Maria è piena di grazia, perché il Signore è con Lei.
Il Signore è stato presente nella vita di Maria sempre, fin dal suo concepimento e la grazia altro non è se non la abituale presenza di Dio all’anima. Maria non si è mai allontanata volontariamente dalla presenza di Dio e quando questa presenza le fu tolta sul Calvario quello fu il suo più grande dolore.
Mettendoci alla presenza di Maria per pregarla, noi siamo introdotti nella familiarità con Dio Padre e con il suo Figlio Gesù Cristo. Perciò non ha senso mettere in opposizione la devozione per la Madonna con la fede in Gesù salvatore. Dice Vittorio Messori che dove si è smesso di recitare l’Ave Maria, come nei paesi protestanti, prima o poi non si reciterà più nemmeno il Padre nostro.
A Dio solo spetta il culto di adorazione. Maria invece è una creatura. A lei noi diamo un culto di venerazione, come ai santi, ma considerata l’eccezionalità della sua condizione la venerazione che dobbiamo a Maria è superiore a quella di ogni altro santo o angelo che sia.
In Maria si ricompone l’unità originaria compromessa dal peccato originale di anima e corpo, mente e parola. Con la ripetizione vocale delle Ave Maria anche noi siamo ci lasciamo trasformare dalla grazia di Dio a somiglianza di Lei. Recitare Ave Marie può sembrare noioso, ma è il metodo che ci indica la Chiesa come via per contemplare la vita di Maria e quella di Cristo e anche la Scrittura per partecipare alla gioia di Dio.
"Ave" infatti è la traduzione del saluto greco che vuol dire: "Gioisci, rallegrati!". Sono poche le cose di cui possiamo rallegrarci senza timori, ma dal giorno dell’Incarnazione niente ci potrà togliere la gioia di avere per volontà del Signore una Madre piena di grazia e per i meriti di Maria il Signore con noi.
L’Ave Maria se lo vogliamo questa gioia ce la rinnova ogni giorno, e a tutte le ore del giorno.