Omelia (19-04-2009)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)


La seconda domenica di Pasqua, prima del Concilio Vaticano secondo, si chiamava Domenica in albis depositis, perché i catecumeni, che ricevevano il battesimo la notte di Pasqua, segno della purezza acquisita col Battesimo, la domenica successiva deponevano la veste bianca, che avevano indossato come segno di festa per tutta la settimana. Nel rito bizantino questa è la domenica di S. Tomaso.
La liturgia romana propone, per questa domenica due collette, di cui una recita: "Signore Dio nostro...accresci in noi, sulla testimonianza degli Apostoli, la fede pasquale, perché aderendo a lui (il Figlio) pur senza averlo visto riceviamo il frutto della vita nuova". Questa preghiera ci invita a trasformare la nostra vita in una Pasqua senza fine perché il passaggio dalla morte alla vita non sia un episodio legato ad breve periodo dell’anno.

I primi cristiani. (At 4, 32-35). La resurrezione di Cristo è un evento unico, ma bisogna trovare il modo di viverla ogni giorno. Per i primi cristiani, il modo più adatto per farlo era la vita comunitaria, noi cristiani del XXI secolo, che partecipiamo a molte riunioni, incontri assemblee, ma che restiamo chiusi in noi stessi, siamo incapaci di capire che l’abbondanza, posta da Dio quale segno di comunione e condivisione, non deve interpretarsi come segno di diversità e mezzo di divisione.


Contempliamo le meraviglie dell’amore di Dio. (Sal 117, 1-4; 16-18; 22-24).
Questo salmo, l’ultimo dell’Hallel pasquale, Israele lo cantava, come inno di ringraziamento, durante la celebrazione della festa delle Capanne. A causa del gioco di parole fra "pietra" (’bn) e "figlio" (hbn) si presta ad essere interpretato come prova scritturistica della resurrezione del Signore e ne fa il salmo messianico per eccellenza. Per questo diventa motivo di gioia recitarlo o cantarlo durante la S. Messa dell’odierna domenica o, come fanno ancora i monaci, recitarlo per intero, all’ora sesta, nell’ufficio della domenica.

I cristiani sono esseri amanti. (1Gv 5,1-6).
Credere in Gesù Cristo significa credere in Dio e nella sua paternità nei nostri riguardi, Questa è la divinizzazione dell’uomo che non può essere separata dalla fraternità universale. Pertanto l’amore per Dio è possibile solo se ci amiamo tra fratelli. L’Amore, concetto chiave di tutta l’opera giovannea, deve impregnare la nostra vita e le nostre ossa, esso è la sorgente di giustizia, di carità, di misericordia e di umiltà. Il nostro compito è quello di considerarci peccatori, pellegrini, in via di una continua conversione e di sperare, fermamente, nella misericordia del Padre.

Tomaso, nostro gemello. ( Gv 20, 19-31.
Il Vangelo di questa seconda domenica di Pasqua ci presenta la figura di Tomaso, apostolo della concretezza, che vuole vedere e toccare per credere. All’invito di Cristo, a verificare con le proprie mani l’avvenuta risurrezione, Tomaso risponde con la risposta della fede: " Mio Signore e mio Dio".
Poiché nel Vangelo di Giovanni, Tomaso, sopra nominato "Didimo", che in greco significa "gemello", non ha alcun fratello, non ci resta che considerare Tomaso come nostro gemello, anche perché la nostra fede, come la sua, deve basarsi sulla testimonianza degli apostoli.
Anche noi come il nostro gemello siamo invitati a fondare la nostra fede nell’incontro personale con Gesù Risorto.

REVISIONE DI VITA

• Nel nostro rapporto con il prossimo "vogliamo sempre" o abbiamo fiducia e crediamo a quanto ci viene detto?
• Il nostro interesse per le vicende altrui sono sempre interesse o violazione della persona di cui anche Dio è rispettoso?
• Condivisione, amore e rispetto dell’altro, sono le radici sul quale s’innalza l’albero della fraternità cristiana. Quanto quest’albero è cresciuto in noi?

Commento a cura di Marinella ed Efisio Murgia di Cagliari.