Omelia (05-04-2009) |
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Silenzio, solo silenzio: dopo il lungo Vangelo che abbiamo ascoltato, non ci vogliono parole. Ci serve il silenzio. Perché solo nel silenzio il nostro cuore potrà assorbire l'intensità del racconto che ci ha offerto l'evangelista Marco. C'è bisogno di silenzio anche per riprenderci dal profondo tuffo nella sofferenza di Gesù, che le parole del Vangelo ci hanno fatto sentire fino in fondo. Essere in amicizia con Gesù, volergli bene, significa anche questo: sentirci partecipi di quello che lui ha vissuto per amore. Allora, sottovoce, per non disturbare questo silenzio, ci lasciamo suggerire dal Vangelo di oggi solo due parole. La prima parola, è una parola amara, triste, una parola che esprime una delle esperienze più brutte che le persone possano vivere: il TRADIMENTO. Nel racconto della Passione di Gesù, il tradimento ritorna molte volte, purtroppo. Il primo a tradire è Giuda, uno dei discepoli. Di più: è uno degli Apostoli! uno di quei Dodici che il Rabbi di Nazareth aveva scelto come suoi amici speciali! Ma dopo tre anni di vita insieme, dopo aver ascoltato ogni giorno l'insegnamento di Gesù, dopo aver condiviso con il Maestro e Signore il cibo, il cammino, il riposo, le risate, le conversazioni della sera, i gesti più quotidiani, Giuda Iscariota ancora non ha capito chi è Gesù. Non ha ancora capito come ragiona il suo Rabbi. Non ha capito le scelte che il suo Signore sta compiendo. Lui vorrebbe un Gesù potente, vittorioso, deciso a sconfiggere i nemici Romani. E invece Gesù parla di altro, insiste sull'amore, soprattutto. Perciò Giuda decide che bisogna tentare un'altra strada, mettere Gesù alle strette, obbligarlo, quasi, a rivelarsi come il Salvatore! E per obbligare Gesù ad agire diversamente, Giuda compie una scelta terribile: lo tradisce. Va dai sommi sacerdoti del Tempio di Gerusalemme e chiede loro dei soldi, trenta monete di argento, in cambio della sua complicità, per avere il suo aiuto, e riuscire ad arrestare Gesù. Ci riescono infatti: il segnale è un bacio, con cui Giuda saluta il suo Maestro. Quel bacio, segno di amicizia, diventa il segnale del tradimento. Ma non è solo Giuda a tradire. Anche Pietro, che aveva ripetuto cento volte la sua assoluta fedeltà a Gesù, finisce con il tradirlo. Simon Pietro, che si crede forte e coraggioso, ripete al suo Maestro e Signore che non lo abbandonerà mai, che è disposto a morire insieme a lui! Peccato che, nel cortile del sommo sacerdote, dove si sta scaldando mentre Gesù è nel palazzo per essere interrogato, Pietro viene riconosciuto come un discepolo del Rabbi di Nazareth: subito si affretta a negare, a giurare di non conoscere Gesù, di non averne mai sentito parlare! Un tradimento diverso da quello di Giuda, non c'è dubbio. Ma rinnegare il Signore, ripetere di non avere nulla a che fare con lui, è un altro modo per tradire. La paura di Pietro è più forte del suo amore per Gesù, e allora si nasconde, nega di averlo mai incontrato... dopo che per tre anni hanno condiviso ogni momento... Giuda tradisce in cambio dei soldi, Pietro tradisce negando, ed anche gli altri discepoli non sono poi molto più coraggiosi e fedeli! Quando Gesù li invita a vegliare e a pregare con lui, nell'Orto degli Ulivi, si lasciano tutti vincere dal sonno, lasciando il Maestro solo con il suo dolore e la sua paura. Poi, quando arrivano i soldati e le guardie per arrestare il Rabbi di Nazareth, scappano tutti. Torneranno, certo. Seguono da lontano il processo al loro Maestro; accompagnano la sua salita verso il Calvario, mescolati alla folla; restano lì vicino, a vederlo morire in croce. Ma nel momento del pericolo, la paura è più forte di tutto e i Dodici, gli amici e i compagni del Signore e Maestro, fuggono tutti. C’è ancora, in questo Vangelo, la presenza triste e amara di un altro tradimento: quello della folla, che grida a Pilato di crocifiggere Gesù. E pensare che solo pochi giorni prima avevano accolto il Rabbi di Nazareth facendogli festa con rami di palma e di olivo! E pensare che avevano cantato per lui, riconoscendolo figlio di David, l'atteso da sempre! Basta poco, per far cambiare idea a questa gente. Bastano i commenti dei farisei e degli scribi. Basta il giudizio del Sinedrio, per rovesciare completamente il punto di vista. Quello stesso uomo che hanno chiamato "Salvatore", ora lo vogliono morto, crocifisso. Dev'essere stato veramente triste per Gesù, sentire quelle urla che, con forza, chiedono per lui la morte in croce... Tradito dai suoi amici, tradito dai discepoli, tradito dalla folla... ora il Signore Gesù è solo. Ma non si tira indietro, non rinuncia ad amare fino in fondo, fino alla fine. Di certo, poteva non farsi arrestare, no? è il Figlio di Dio! Poteva dire: basta, siete dei testoni e io vi lascio perdere! e andarsene: visto che è Dio, nulla gli è impossibile! Invece sceglie di rimanere. Sceglie di amare fino alla fine. E lo dimostra con il gesto che compie durante la cena, l'ultima cena vissuta insieme ai discepoli. Prende il pane, lo spezza con una preghiera di benedizione, e lo offre agli Apostoli, spiegando che quello è il segno del suo corpo donato, del suo corpo offerto per amore. Poi prende il calice, la coppa del vino, e di nuovo la benedice e la offre agli Apostoli e dice: "Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti". Oh, ma questa parola ha un suono tutto speciale, per noi, vero? Per cinque settimane, domenica dopo domenica, lungo tutta la Quaresima, ci siamo avventurati alla scoperta di questo mistero luminoso: l’alleanza tra Dio e l’umanità! Ed ecco che proprio in quest'ultima cena, Gesù stesso parla dell'alleanza! Addirittura spiega che la sua vita donata per testimoniare fino in fondo un amore che non si tira indietro, è il sigillo di un'alleanza nuova. Ci ricordiamo di certo quello che ci aveva detto il profeta Geremia domenica scorsa: che sarebbe arrivato il tempo di un'alleanza nuova, diversa da tutte le precedenti! Sarebbe arrivato il tempo di un'alleanza scritta direttamente nei nostri cuori. Ebbene: il Signore Gesù sta dicendo che con lui, con la sua vita offerta per amore, comincia questa nuova alleanza, che dura per sempre, è eterna, senza fine. Credere a Gesù, riconoscerlo come Signore della nostra vita e amico della nostra anima, significa permettere alla nuova alleanza di scriversi in noi, per sempre! Quindi, il Vangelo di oggi, non è la fine di tutto! Non è solo dolore e tristezza: è l'annuncio, colmo di speranza, che la morte di Gesù non è la fine, l'addio, ma è l'inizio di un'alleanza nuova. Con la vita di Gesù offerta per amore comincia l'alleanza eterna, che non finisce, e che unisce tutti coloro che lo riconoscono come Signore. E già subito, proprio alla fine di questo lunghissimo Vangelo, c'è una persona che entra in questa alleanza nuova. Lo abbiamo sentito, anche se forse eravamo un po' stanchi di ascoltare e le nostre orecchie erano un po' distratte: "Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!" Ma pensate un po'! Il primo a riconoscere che veramente Gesù è Figlio di Dio, è unno straniero, un soldato romano, uno che non sa niente dell'antica alleanza! Uno che è lì per il suo lavoro, che non capisce granché di tutti i discorsi di religione che gli ebrei vanno facendo... Ma è un uomo dal cuore sincero e ammette: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!" Non lo sa ancora, il Centurione, ma con queste semplici parole, sta entrando nell'alleanza nuova che Gesù ha appena inaugurato! Allora, in questa Settimana Santa, che ci introduce alla festa immensa della Risurrezione, vogliamo avere gli stessi occhi di quel centurione. Vogliamo riconoscere ogni giorno, nel nostro cuore, che veramente Gesù è il Figlio di Dio, ed entrare così, anche noi, nella nuova alleanza senza fine. Commento a cura di Daniela De Simeis |