Omelia (09-04-2009) |
don Roberto Seregni |
Le mani di Gesù e i piedi dei discepoli E’ diversi giorni che leggo e rileggo questo stupendo brano della parola di Dio. La mia attenzione si ferma sempre lì, sulle mani di Gesù che stringono i piedi dei discepoli. Mi immagino la faccia dei dodici, le occhiate furtive tra di loro, l’imbarazzo. Che sia veramente impazzito? Lo seguono con lo sguardo, in silenzio. Si alza da tavola. Si spoglia dei suoi vestiti. Si copre con un grembiule. Prende un secchio, dell’acqua e si mette a lavare i loro piedi. Uno per uno. Senza fretta. Li asciuga con il grembiule che si è annodato in vita. E poi si riveste e si risiede ancora con i suoi. Silenzio. Nuovo imbarazzo. La mia attenzione si ferma lì e ogni volta sono invaso dallo stupore. Gesù non prende tra le mani la testa dei discepoli, con tutti i loro sogni, gli ideali e i propositi. Il Figlio di Dio si mette in ginocchio davanti alla ciurma scompaginata dei suoi amici e prende tra le sue mani i loro piedi, cioè il contatto con la terra, le fragilità, le debolezze, le povertà. I piedi sono l’equilibrio, il cammino e reggono tutto il peso del corpo. I piedi dicono verso dove stiamo andando e verso chi stiamo camminando. I piedi possono fare radici, sprofondare nell’ immobilità e gonfiarsi di egoismi. Questa sera, i nostri piedi, sono nelle mani di Gesù. Così come sono, senza prelavaggi. Il Rabbi di Nazareth ci spoglia di tutte le nostre maschere e di tutte le nostre corazze. Davanti a Lui possiamo essere quello che siamo, non dobbiamo vestire altri panni o entrare nel ruolo. Davanti a Gesù possiamo davvero svestirci di tutti i nostri travestimenti. Lui conosce il nostro cuore, sente vibrare le nostre passioni e nostri dolori, conosce la nostra sete di verità e le povertà quotidiane del nostro vivere. Di nuovo in ginocchio, il grembiule ai fianchi, chinato, giù, sui piedi. I nostri, questa sera. Non alza la testa sopra la caviglia, non fa differenze tra i nemici e i nemici, tra i fedeli e i traditori. I piedi di Giovanni e i piedi di Giuda sono passati nelle Sue mani senza distinzioni. Questo è il mandato che il Maestro ci lascia, questo è volto dell’amore che la comunità cristiana deve incarnare. Mettiamo un po’ da parte i nostri litigi tra fedeli e super-fedeli. I veri nemici da combattere sono il peccato, la tiepidezza, la superficialità, la chiusura... e non quelli del tal gruppo parrocchiale che fa una cosa un po’ diversa dal solito! Finiamola di allarmarci per le campane stonate o le sacrestie disordinate, c’è altro da intonare e da ordinare! Le nostre comunità si muniscano di acqua, di catini e di grembiuli per dare mani e passione all’annuncio del Vangelo. Anche noi in ginocchio, giù, senza mai alzare la testa sopra la caviglia per non distinguere i nemici dagli amici. Il tintinnio dell’acqua risuonerà per il vagabondo come per industriale, per l’ateo come per il monaco, per il bravo papà come per il carcerato, per gli sposi fedeli come per i separati, per l’amico sincero come per chi da mesi non saluta più. Lo faremo senza far troppo rumore, in silenzio, come ha fatto Gesù quella sera. Lo faremo con passione e con umiltà. Nelle nostre orecchie risuoneranno ancora le Sue parole e sui nostri piedi sentiremo ancora la stretta delle mani del Rabbi di Nazareth. don Roberto robertoseregni@libero.it |