Omelia (25-02-2009)
don Ezio Stermieri
Ritorno da terre lontane

Il nostro essere qui, all'inizio di un tempo, la quaresima che da sempre ha caratterizzato una preparazione, alla Pasqua, alla vita battesimale, cristiana, alla riammissione alla vita di comunione ecclesiale dopo l'allontanamento... E ancor prima, da parte di Gesù, tempo di digiuno, preghiera e slancio verso la missione pubblica; per il popolo ebraico: cammino nel deserto verso la Terra Promessa, ai tempi di Noè tempo di purificazione nel diluvio per essere di nuovo degni della Terra... (Il nostro essere qui) è risposta ad un invito: "Ritornate a me con tutto il cuore". Invito che va al di là del ritorno del singolo, coinvolge tutta l'assemblea del popolo di Dio; di più! Tutta la gente: vecchi, giovani, gli stessi bambini, la famiglia, i sacerdoti... perché evidentemente tutti ci siamo allontanati dal Signore: i nostri pensieri: di non aver bisogno di Dio, di una oggettività "religiosa" per le nostre scelte, la individuazione dei valori per le scelte prioritarie sono diventate il tentativo di sbarazzarci di un Dio che cerca "alleanza", amicizia e propone necessario per non cadere nella schiavitù del nostro stesso "io", il ritorno alla sapienza che Egli stesso ha messo nelle cose. Il nostro cuore ha separato la dimensione religiosa divenuta formale, saltuaria, tiepida, dai veri affetti della nostra vita che ben presto ci rendono schiavi perché basati su sensazioni, paure: paura dell'immigrato, paura del futuro, del dolore, della morte. Ed eccoci intenti in testamenti biologici fondati sulla paura che nessuno ci bagnerà le labbra, ci farà una carezza o la tristezza che qualcuno si auguri la nostra fine.
Le nostre azioni sono ormai legate solo al sostentamento economico. Non c'è più spazio per nulla di gratuito, di amorevole. Dipendiamo dall'esterno ed il nostro interno è sempre più arido, stanco, deluso. Ritornate a me! Lasciamoci riconciliare con il pensiero di Cristo, ritorniamo a Lui per avere salva, serena, gioiosa la vita. Il che vuol dire, nell'agire, non dipendere dall'ammirazione altrui ma da una convinzione propria, interiore, dove il "bene" è ragione a se stesso per essere compiuto, è esuberanza interiore, è partecipazione all'amore di Dio che non ama per bisogno ma dalla sua pienezza. Ricuperiamo nel nostro rapporto con Dio quell'intimità che ci fa rivolgere a Lui in qualunque forma di preghiera, dal cuore e non dalla paura o dal sospetto che Egli conosca la nostra tentazione di fare a meno di Lui. Non abbiamo paura se la contingenza esterna, economica, ci costringe a domandarci che cosa è necessario e che cosa superfluo. Impariamo a "digiunare", staccarci da qualcosa per qualcuno per ritornare a sentire il fremito gioioso della bontà. Ritorniamo a sentir fame e sete di Dio dopo che ci siamo riempiti di idoli ben presto stomachevoli. Ritorniamo a sapere e pensare che il Padre, proprio Lui, vede nel segreto, conosce i pensieri del cuore, conosce da lontano le nostre intenzioni per costruire su Dio una società degna dell'uomo. La Quaresima costituisce la primizia, l'orientamento di questo impegno di tutto un popolo, i primi passi del ritorno al Signore.