Omelia (15-02-2009) |
don Ezio Stermieri |
Chiamati È ancora una volta la "chiamata" la parola guida della Parola che abbiamo ascoltato. Chiamata che si fa attrattiva dalla situazione che l'uomo, e, dunque, ognuno di noi sperimenta: "Venne da Gesù un lebbroso che lo supplicava"... Ad andare verso Gesù: "Se vuoi, puoi purificarmi!" Il libro del Levitico aveva ben descritto la situazione umana nella figura del lebbroso. Un uomo con dentro il grido della vita ma segnato dalla sua fine: un tumore, una macchia, una piaga che lo allontanano dal consorzio umano, costretto a gridare contro se stesso: impuro, impuro! Costretto ad abitare nella sua solitudine e disperazione, fuori dell'accampamento. Ci potrà essere qualcosa o qualcuno che lo restituisca alla comunità, alla relazione, alla attività, alla salute? La domanda attraversa anche la cultura di oggi dove scienza e progresso non sono sufficienti a debellare il male fisico e tanto meno quello morale, culturale dell'egoismo dentro al quale ognuno è deciso a difendere se stesso e sempre più si trova isolato, incapace di affetto, di interazione, del reciproco aiuto. Ognuno sta solo, aveva scandito il poeta di quest'epoca di una cultura che rende impura ogni cosa ed ogni uomo un'isola. Ed ecco la Parola che rivela che questo male non è nel piano di Dio, la Parola che rivela il cuore di Dio: "Lo voglio, sii purificato!". Una parola che non ci rinfaccia che i mali di cui siamo portatori li causiamo noi a noi stessi ma che ci fa nuovi dentro alla struttura del vivere. Una parola che non ci chiede di gridare le nostre sconfitte ma di offrire ciò che è giusto di noi per essere reinseriti, partecipi della comunità umana. E tuttavia la Parola di Cristo, la sua chiamata non può rimanere nascosta, esperienza solo interiore. Nasce il bisogno di proclamare, di dire a chiare lettere che non da soli ci siamo guariti, restituiti, abbiamo trovato il senso gioioso della vita ma, ci rende divulgatori, che è stata la fede in Gesù, la sua parola, l'incontro con Lui. Proprio come il guarito del Vangelo che con la sua testimonianza spinge a catena ad andare per incontrare Gesù. La vita cristiana è tutta qui. Non c'è nel cristiano la presunzione di autoguarirsi da ciò che vede e sperimenta come male. Non c'è il disincanto di fronte al male, da dire: così è l'uomo, così è la vita: non c'è salvezza. C'è l'attrattiva, la ricerca di Cristo per sentire la parola che salva. Non c'è la stupidità di presentarsi come "il guarito", il "sano" in un mondo malato ma l'impegno nel vincere il male con il bene fattivamente e c'è la comunicazione del segreto che è Cristo per una vita che sta lontano dal male della solitudine, della sfiducia e diffidenza, del contagio del male per vivere nella comunità che ha come legge la comunione della salvezza. Proprio come dice oggi Paolo, anche egli guarito dall'odio verso coloro che non sono come lui che da persecutore per difendere il suo mondo, da isolato e accecato dal suo furore, diventa apostolo del Vangelo e oggi ci svela il segreto della sua nuova vita: "Io mi sforzo di piacere a tutti in tutto": si inserisce nella comunità; "senza cercare il mio interesse": non mette in mostra se stesso come se la fede fosse un'ideologia; ma dà la sua vita perché "molti", quelli che incontra, possano giungere alla salvezza che è Cristo. L'uomo nuovo che nasce dalla chiamata non è imploso su se stesso, intento a compiangersi e a denunciare ma capace di bene per sé e per tutti. |