Omelia (10-04-2009) |
don Maurizio Prandi |
Il Vangelo totalmente dispiegato Durante il tempo del Seminario un’espressione che il nostro rettore amava ripeterci a riguardo della Croce di Gesù era questa: la Croce è il vangelo totalmente dispiegato. Spesso mi torna alla memoria, a maggior ragione oggi che siamo chiamati a contemplare in modo particolare Gesù Crocifisso. Sulla Croce c’è il vangelo in tutta la sua accessibilità, in tutto il suo raccontarci Dio; sulla croce c’è Dio stesso, nudo, spogliato, consegnato, senza maschere, svelato. La crocifissione e lo spogliare Gesù sono un tutt’uno: appeso a quel legno vediamo un uomo... e vediamo Dio. Ecco il vertice del nostro cammino di Quaresima "alla ricerca del volto": il Dio tentato, consegnato, appassionato, vulnerabile, glorificato, ancora una volta si rivela come il Dio Crocifisso... la croce è rivelazione del volto e del cuore del nostro Dio. Se vogliamo sapere chi è Dio dobbiamo inginocchiarci ai piedi della Croce (J. Moltmann). Al momento della morte di Gesù i vangeli sinottici sottolineano la rottura del velo che copriva il santo dei santi nel Tempio, come dire che anche lì, finalmente, c’è stata come una spogliazione, finalmente si può vedere, la dimora di Dio non ha più segreti. La morte di Gesù come il momento in cui Dio non si vergogna, non si protegge, non si nasconde. Nel racconto giovanneo Gesù pensa non a se stesso, ma alla Chiesa, concretamente la ama, affidandola al discepolo prediletto e versando per lei sangue ed acqua; su questo mi piace condividere con voi un pensiero sul quale non mi ero mai soffermato più di tanto. Quella richiesta di Gesù di essere dissetato: Ho sete, che possiamo certamente intendere come una sete reale, ma forse c’è di più. Nel vangelo di Giovanni Gesù è colui che dona l’acqua della vita: ricordate il bellissimo incontro di Gesù con la donna samaritana? Anche lì Gesù chiede da bere e quando Gesù chiede è per donare. Ha donato alla donna l’acqua che zampilla per la vita eterna e sulla croce dona i segni sacramentali dell’acqua e del sangue, simboli della vita. Nel vangelo di Giovanni si parla dell’acqua e del sangue in due passi molto importanti: al cap. 7 e al cap. 6. Nel primo in riferimento al Battesimo e allo Spirito e nel secondo in riferimento all’Eucaristia. Bello allora che nel momento della morte subito ci venga indicata la modalità nuova della presenza di Gesù. La morte non cancella, la morte non chiude per sempre perché la presenza di Gesù continuerà nei sacramenti. Il dono più grande però è quello dello Spirito, consegnato ad ogni uomo, senza distinzione, al momento della sua morte consegnò lo Spirito. La Croce, per come era intesa, era davvero lo scandalo più insopportabile, scandalo evidente se stiamo un poco insieme alla motivazione per la quale Gesù è deposto dalla Croce, motivazione sottolineata al versetto 31 dove troviamo un riferimento al libro del Deuteronomio che scrive: Non lasciare il cadavere del condannato appeso per tutta la notte, ma lo devi seppellire lo stesso giorno, perché un condannato è una maledizione di Dio e tu non devi contaminare la terra che il Signore tuo Dio sta per assegnarti in eredità. Quella di Gesù è la morte dei condannati e pertanto è la morte dei maledetti; è davvero straordinaria l’ampiezza della condivisione da parte di Dio in Gesù. Ampiezza che arriva, come alcuni teologi scrivono (e come domenica scorsa ho sottolineato), a condividere in quel grido Dio mi Dio mio perché mi hai abbandonato? anche la condizione di ateismo nella quale spesso veniamo a trovarci, o di separatezza da Dio, o di privazione della Sua presenza. Ecco ciò che contempliamo oggi in queste nostre comunità parrocchiali: la Croce come compimento della missione a Gesù affidata dal Padre, culmine di una obbedienza e di una disponibilità, momento in cui nasce la chiesa e vengono donati ad ogni uomo lo Spirito, i sacramenti, la salvezza. |