Omelia (05-04-2009) |
don Daniele Muraro |
... umiliato ed esaltato Il racconto della Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo san Marco che abbiamo ascoltato è ancora impresso nella nostra mente. Torniamo però un attimo indietro alla seconda lettura. Siamo nell’anno paolino. L’inno che si trova nella lettera ai Filippesi è come un "passio" concentrato. San Paolo ha appena finito di raccomandare ai cristiani di Filippi di avere in se stessi i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù, di non cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri, di evitare lo spirito di rivalità e l’arroganza e coltivare invece l’umiltà. Il ritmo poi cambia, passando dalla prosa alla poesia. Anche i primi cristiani pregavano cantando. Oltre ad usare i salmi ereditati dal popolo ebreo, un po’ alla volta essi composero degli inni. Il testo della seconda lettura è uno di questi. Forse l’autore è lo stesso san Paolo, o forse no, in ogni caso i cristiani di Filippi, se già non conoscevano il testo, l’avrebbero imparato presto e usato nelle loro liturgie. Che si tratti di poesia lo sentiamo subito dalla scansione dei versi. Possiamo riconoscere anche una divisione in strofe. Nella prima parte viene descritto l’abbassamento di Gesù Cristo, il quale pur essendo nella condizione di Dio, svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Si stabilisce quindi un contrasto fra la condizione divina e quella assunta con l’incarnazione che lo porterà a morire e di una morte in croce. Nella seconda parte viene descritta l’esaltazione dello stesso Gesù Cristo ad opera di Dio che lo risuscitò e lo ha stabilito Signore della storia e di tutto il mondo. Quanto grande è il contrasto tra la natura divina di Gesù e il suo abbassamento nella storia, altrettanto forte è il collegamento tra l’umiliazione della morte sofferta in croce e l’esaltazione successiva. "Per questo Dio lo esaltò...". L’attenzione di questo inno è tutta concentrata su Gesù e sulla sua obbedienza al Padre. Nel tempo di Pasqua considereremo la salvezza, cioè i frutti buoni che sono venuti per tutti dal sacrificio di Cristo. Per intanto la Chiesa ci invita a soffermarci sull’offerta di se stesso da parte del Figlio di Dio, diventato uomo per obbedienza al comando di Dio e per obbedienza a Lui inchiodato ad una croce. Fin da ora anche noi siamo invitati a ripetere: "Gesù Cristo è il Signore!". Sono le parole del Centuriore romano, incaricato del servizio quel giorno sul monte Calvario, il quale, avendolo visto spirare in quel modo, (si trovava di fronte a lui) disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». Sono le parole della fede, che ci fanno entrare da cristiani nel mistero della Pasqua del Signore. |