Omelia (19-04-2009) |
don Stefano Varnavà |
C'è una successione di azioni da parte di Gesù: prima di tutto: "Pace a voi!". Gli apostoli durante l'arresto di Gesù hanno fatto, verso di Lui e tra di loro una "bella figura" non intervenendo al momento del Suo arresto per paura dei preti di allora e delle guardie; paura che sparisce in loro (lo vediamo in Pietro) dopo la discesa dello Spirito Santo. Dopo la discesa dello Spirito Santo, Pietro non avrà più paura né dei Sommi Sacerdoti, né delle autorità religiose e neppure della polizia; polizia di regime teocratico e quindi designata a tutelare sia la religione che l'ordine pubblico. Gli apostoli hanno avuto paura e per questo nasce un dissidio tra di loro. Dissidio di origine anche caratteriale; sappiamo infatti che gli apostoli "venivano" da estrazioni diverse: Matteo era colui che esigeva le tasse e Pietro colui che le doveva pagare... quindi un rapporto abbastanza delicato. Gli apostoli "venivano" da estrazioni diverse anche come impostazione spirituale: Andrea e Giovanni da un'impostazione abbastanza rigida quale era quella di Giovanni Battista; gli altri invece avevano accostato Gesù come un Uomo soprannaturale. Non era facile il perfetto accordo tra queste persone, e una delle preoccupazioni di Gesù era proprio quella di tenere uniti dodici apostoli con dodici personalità diverse. Cercava di tenerli uniti nel Suo nome: Lui era il fulcro, Lui era il minimo comun denominatore, e nello stesso tempo il massimo esponente. Gli apostoli durante l'arresto e la Passione di Gesù non hanno fatto certamente una bella figura, ma Gesù dice: "Sia pace a voi". La pace è qualche cosa che si deve dare e non qualcosa che si deve pretendere dagli altri. Tutti coloro che vanno in giro a manifestare per la pace facendo i cortei, lo fanno con "poca spesa" anche se a guidarli sono dei Vescovi o degli esponenti religiosi; infatti non ci vuole molto a fare una camminata di un paio di chilometri. La pace non è quella che noi pretendiamo dagli altri ma è quella che noi diamo, e... coloro che vanno in corteo a chi danno la pace? A nessuno! Al massimo invocano la pace, ma... è ben diverso che darla. Dare la pace è cosa concreta e Gesù dà la Sua pace. Lui dice ai Suoi apostoli: "Io non vi serbo rancore. Come ho perdonato a coloro che mi mettevano in croce, perché non sapevano quello che "si" facevano ( si facevano perché ritorna sempre quello che si fa a Gesù, sia in bene che in male)". Come Gesù ha perdonato ai Suoi persecutori, così ha perdonato ai Suoi apostoli, perché Lui ama. Gesù ama, a differenza di parecchie mogli che appena hanno sentore di "qualche cosa" sul marito non amano più, anzi si vendicano. Odio e non perdono: su questo c'è una "buona" scuola con tutte le "telenovele" televisive dove si insegna la vendetta. E così è anche sul piano politico o su quello sociale. Gesù perdona, Gesù non rinfaccia, Lui dice: "Pace". Questo è il primo insegnamento del Vangelo di oggi. La frase di Gesù detta agli apostoli: "Pace a voi" è stata di estrema importanza per gli apostoli avviliti e pentiti di quello che avevano fatto. Qui risalta la particolarità di Gesù che è quella di non mettere in imbarazzo le persone, di non "calcare la mano" con quelli che stanno soffrendo, e questo perché Gesù non è la nostra sofferenza ma è Colui che ci toglie la sofferenza. A questo punto facciamoci una domanda: "Io tolgo la sofferenza a coloro che mi stanno vicino o sono la loro sofferenza?". Quante persone "pesanti e pedanti" si deve accostare! E' possibile che queste persone non comprendano di dare fastidio al prossimo? Certe persone si illudono di essere coloro che amano al di sopra di tutto, e invece sono solo dei prepotenti che impongono la loro presenza sia in casa con i familiari che fuori con gli amici. Non bisogna essere la sofferenza degli altri, ma anzi, bisogna aiutare gli altri a togliersi di dosso la sofferenza. La prima azione di Gesù è stata: "Pace a voi"; la seconda: "Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessi". Gesù ha pagato con la Sua morte il prezzo della vita di ciascuno di noi; noi siamo già stati redenti, riscattati: Gesù ha in mano il nostro "prezzo", però... bisogna chiederGlielo. Il rimettere i peccati riguarda due categorie di persone: quelli che li rimettono e quelli che ricevono la remissione dei peccati, e tutto questo può avvenire perché Gesù con la Sua morte ha pagato per noi. Gesù con la Sua morte è diventato il Giudice della nostra vita. Ci si può raccomandare a tutti i Santi del Paradiso, alla Madonna, a chi si vuole, ma... in ultima analisi, quando si muore ci si trova davanti a Lui, davanti al Suo Volto: quello della Sindone. Gesù è Giudice e può fare di noi quello che vuole: può essere buono con qualcuno e può essere solo giusto con qualcun altro: insindacabile. Vi ricordate la parabola di colui che manda gli operai nella vigna a ore diverse. Alla fine dà anche agli ultimi la paga dei primi i quali si lamentano, ma il padrone dice: "Del mio non sono libero di fare quello che voglio? Se sono buono con questi ultimi tu te la prendi perché sei invidioso?". Gesù farà così anche con noi, quindi bisogna capire bene qual è l'aspetto o il punto su cui si può ottenere tanta indulgenza da Gesù. Punto che Lui ha manifestato molto chiaramente: il punto dell'amore. Deve amare colui che rimette i peccati, deve amare colui al quale i peccati sono rimessi.ÞMa prima dell'amore ci deve essere la fede. Terza azione: quando dice a Tommaso: "Metti qua il tuo dito..., guarda le Mie mani..., stendi la tua mano, mettila nel Mio costato e non essere più incredulo ma credente". Si può parlare del Sacramento della Penitenza, ma se alla base non c'è la fede, detto Sacramento non serve. Se il prete non crede..., se il fedele non crede... è inutile parlare di Sacramenti, e soprattutto del Sacramento della Penitenza. "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno": questa è la fede! C'è una frase di Pascal sulla quale bisogna molto riflettere: "Le cose umane bisogna capirle per amarle; le cose divine bisogna amarle per capirle. E' il cuore e non la ragione che sente Dio". Il cuore, la "mente del cuore". Il cuore ha una sua intelligenza; il cuore ha una sua strada. Intelligenza vuol dire cogliere quello che "c'è dentro". Il cuore ci fa capire certe cose che la ragione non riesce a capire. Il cuore ci fa adattare certe strade perché ha un fine chiaro davanti, e siccome il suo fine molte volte è diverso da quello della ragione, segue strade apparentemente illogiche. Pascal dice: "E' il cuore, e non la ragione, che sente Dio". Sentire Dio è diverso dal vedere Dio; proprio per questo dice Gesù: "Hai creduto perché Mi hai veduto. Beati quelli che pur non avendo visto crederanno". La fede è un sentire, un avvertire. La fede è un'intuizione amorosa. Intuire è il primo passo. Credere in Dio e aver fede in Dio sono due cose diverse. Tra gli uomini c'è prima una "credenza", e poi una "credenza" in Dio che diventa fede. Una "credenza" non ha valore se non la mettete alla prova e se non la vivete. E' un po' come l'intuizione di uno scienziato che capisce che un certo processo porta a un certo effetto, ma fin quando lui non lo ha sperimentato in laboratorio non può dire: "E' così". La "credenza" non ha valore se non è messa alla prova, se non la si vive. La "credenza" convertita in esperienza diventa fede. Gesù ha voluto che Tommaso avesse un'esperienza: quando lui ha visto Gesù ha intuito, tanto è vero che non ha voluto più mettere le mani nel costato. Esperienza: esperienza che gli sarà compagna fino al martirio, quindi un'esperienza vitale. Il discorso della fede è importante. La ragione fornisce le premesse e rende possibile le verifiche dell'atto di fede, ma la fede non è necessariamente il frutto di un ragionamento, ma è frutto di un'intuizione amorosa. Non è solo l'atto di una conoscenza mentale, ma è un atto di volontà, e precisamente un atto di amore, di fiducia e di consenso in Dio. Fede non è analisi. Mi rincresce per tanti scrittori spirituali, per tante guide spirituali, ma la fede non è analisi. Si può analizzare all'infinito la propria fede, la propria religione, i propri comportamenti, ma la fede è sintesi e non analisi. E' facile scomporre, ma è molto più difficile sintetizzare, soprattutto sintetizzare in una frase. Qual'è la sintesi della fede? "Ti voglio bene, e siccome ti voglio bene accetto tutto quello che mi dai. Accetto quello che sei, quello che mi dici". La vera fede tra umani deve avere come fondamento Dio: se non si ha fede in Dio non si ha fiducia del prossimo. Il prossimo non ci dà spesso una grande dimostrazione di amore e quindi come possiamo fidarci? Basandoci su Dio, amando il prossimo per Dio: "Ama il Signore Dio tuo, e ama il prossimo tuo come te stesso". Michel Renaout deputato al Parlamento francese nel 1871 e uomo di fede profonda, contrattava un giorno l'affitto di un appartamento. Versò per questo un rata anticipata di 250 franchi. "Volete la ricevuta?", chiede il proprietario. "Non importa..., tra persone per bene... e poi Dio ci vede". "Come, voi credete in Dio?". "Certo! E voi?". "Io no!". "Allora datemi la ricevuta!". |