Omelia (19-04-2009) |
mons. Vincenzo Paglia |
"Otto giorni dopo venne Gesù" "La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato". È la domenica, il giorno della resurrezione, in cui passiamo dalla morte alla vita, dall’amore per noi stessi all’amore per gli altri, dal peccato al perdono, dall’aridità del cuore ai sentimenti dell’amore. Quanto abbiamo bisogno di fermarci; di ascoltare; di lasciarci guidare; di non essere noi al centro; di guardare lui, invece di studiarci sempre; di chiedere e trovare perdono; di fare silenzio, di pregare ed imparare a pregare; di nutrirci del suo pane di amore concreto e gratuito, che non si compra; di godere dei fratelli e delle sorelle che si ritrovano insieme. Curiamo la domenica. Viviamola con gioia, arricchiamola con il nostro cuore, difendiamola dai nostri affanni. La domenica realizza oggi quello che è scritto della prima comunità cristiana: "Avevano un cuore solo ed un anima sola". Il cristiano non può essere un individualista; la sua vita ha senso solo se unito agli altri. Avere "un cuore solo" toglie forse qualcosa al nostro? Ci limita? Perché il compimento della nostra vita deve essere l’affermazione di sé? Non seguiamo ciecamente la triste legge dell’individualismo, che ci rende diffidenti, poco capaci di vivere con gli altri e ci lascia nella disperata ricerca di amicizia! L’amore unisce, rende pieno il nostro io, ma non senza gli altri o, peggio, contro gli altri, ma insieme. La domenica è l’inizio di quel giorno in cui l’amore non conoscerà tramonto, giorno nel quale avremo un cuore solo ed un’anima sola perché sapremo amarci tanto, davvero, per sempre; perché ci lasceremo finalmente amare pienamente da Dio. Quel giorno inizia oggi. I discepoli avevano paura e chiudono le porte. Pensano di trovare pace e sicurezza alzando barriere, proteggendosi, chiudendosi. Lo facciamo tutti di fronte al male, al pericolo. Ma questa non è pace. Chiudere le porte, anzi, aumenta la paura e rende facilmente l’altro un nemico. Le prime parole di Gesù ai suoi sono: "Pace a voi". Gesù è la pace: mette pace tra cielo e terra; dona la pace del cuore; libera dalla paura e dal demone dell’inimicizia, riconcilia. Gesù la dona a ciascuno ed a tutti insieme. "Pace a voi". "Vi lascio la pace, vi do la mia pace", aveva detto, come recitiamo prima di scambiarcela tra noi. La pace la riceviamo e dobbiamo viverla con gli altri, spenderla per chi non la ha, comunicarla per non perderla. In queste settimane di quaresima di guerra abbiamo pregato intensamente per la pace. Il venerdì santo della croce, del dolore, della solitudine, della vita che si perde, è ancora la realtà per tanti paesi che non hanno la resurrezione della pace. Chiediamo la pace! Diventiamo anche noi uomini di pace, spegnendo gli incendi accesi dall’ira; non rispondendo al male con il male; liberando dai rancori, dalle diffidenze, dai giudizi senza amore che inaridiscono il cuore e nutrono le paure e l’inimicizie; aprendo le porte del cuore ed imparando l’arte dell’incontro e del vivere insieme. "Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando voi". Quello che riceviamo dobbiamo comunicarlo nei cuori ed in un mondo tanto segnato dalla paura. Tuttavia, quella sera del primo giorno dopo il sabato, Tommaso ha ormai accettato che la resurrezione di Gesù, annunciatagli con gioia dagli altri apostoli, è solo un discorso, una parola vuota, anche se bella. E risponde con il suo discorso, il suo credo: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". È il credo di un uomo non cattivo; anzi, generoso. È il credo di tante persone, le quali più che razionaliste sono egocentriche, prigioniere di sé e delle proprie sensazioni. È il credo di chi pensa sia vero solo quello che tocca, anche se falso; o di chi crede sia falso quello che non riesce a toccare, sebbene sappia ch’è vero. È, in verità, il "non credo" di un mondo di egocentrici, che facilmente diventa un mondo pigro, ingiusto e violento. L’egocentrismo porta sempre ad essere increduli, perché si resta sempre e comunque prigionieri delle proprie sensazioni, di quello che si vede e di ciò si tocca. Non si crede a null’altro. Gesù sembra accettare la sfida di Tommaso. La domenica seguente - sono le nostre domeniche - torna di nuovo tra i discepoli. Questa volta è presente anche Tommaso. E con lui anche noi. Gesù entra ancora una volta, a porte chiuse, si rivolge subito a Tommaso invitandolo a toccare con le mani le sue ferite. E aggiunge: "Non essere incredulo, ma credente!". L’evangelista sembra suggerire che Tommaso in realtà non abbia poi toccato le ferite di Gesù; gli sono bastate le parole rivoltegli. Esse lo hanno colto nella sua verità di incredulo, come accadde al pozzo di Giacobbe quando Gesù con le sue parole svelò alla samaritana la verità della sua vita. La Parola del Signore distrugge la presunzione, l’orgoglio e la fiducia smisurata che Tommaso ha in se stesso. E con lui anche noi. Oggi il Vangelo chiede di umiliarsi un poco, di guardare oltre se stessi. Sì, assieme a Tommaso, dobbiamo inginocchiarci davanti al Risorto ed esclamare: "Mio Signore e mio Dio!". Gesù a Tommaso incredulo non propone una lezione o un ragionamento: gli mostra i segni del male sul suo corpo, perché si commuova per le sue ferite e per quelle dei suoi fratelli più piccoli. Siamo credenti quando ci commuoviamo; quando riconosciamo e confidiamo nell’energia della resurrezione, dell’amore che viene dal Vangelo, energia che guarisce e libera dal male, dalla divisione, dalla solitudine, dall’amarezza, dall’inimicizia, dall’estraneità, dall’abbandono, dall’odio, dalla malattia. Beati non sono quelli che hanno chiaro tutto, che non sbagliano mai, che non hanno dubbi. Beati sono coloro che nonostante le paure, la rassegnazione, l’incertezza credono nella forza della Vangelo e dell’amore che da questo nasce. Quanto c’è bisogno d’uomini e donne credenti, che vanno al di là delle analisi, che non diventano schiavi della realtà, ma la amano e la cambiano, si commuovono di fronte alle ferite del male, cercano la resurrezione! Signore io credo, aiuta la mia poca fede! Mio Signore e mio Dio! Apriamo le porte del cuore! Cristo è risorto e non muore più. Alleluia. |