Omelia (19-04-2009)
don Giovanni Berti
Perché credere?

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Perché credere in Dio? Perché credere in Gesù, nel Vangelo, in quello che insegna la Chiesa da secoli...?
Leggendo questo episodio del vangelo mi sono fermato un po’, e ho provato a far emergere alla coscienza queste domande, che molto spesso rimangono sepolte e nascoste nella mente e nel cuore ma non sono mai spente del tutto. Sono domande spirituali che assomigliano alle braci accese sotto la cenere nel camino, basta un soffio deciso e si può addirittura riaccendere il fuoco che sembrava morto.
Tante volte la fede la diamo per scontata (in noi e molto spesso negli altri), e alle domande della professione di fede durante la Veglia Pasquale, "Credete in Dio?... in Gesù Cristo Risorto...? nello Spirito Santo...?", rispondiamo in maniera automatica "Credo". Ma ne siamo proprio convinti?
Il Vangelo ci mette spesso a confronto con la fede degli apostoli. Ci racconta molte volte del loro legame con Gesù, prima come Maestro e ora come Signore Risorto. Non è un legame sempre facile e lineare, e la fede degli apostoli è problematica come lo è la nostra.
Nel racconto dell’evangelista Giovanni, Gesù Risorto appare ai suoi amici e si fa vedere. La loro fede è fondata su una esperienza diretta della Resurrezione. Non è quindi da biasimare Tommaso che, non essendo presente la sera della prima apparizione, ha bisogno anche lui di vedere e toccare per poter gioire e fare la sua professione di fede.
La fede degli apostoli non è "campata in aria", non è frutto di convincenti ragionamenti logici sull’esistenza di Dio e sulla centralità di Cristo. La loro fede, quella fede che li spingerà poi a testimoniare anche nella vita il Vangelo di Gesù, nasce da una esperienza concreta, da un incontro visibile e da una pace interiore che il Risorto in persona "soffia" su di loro.
Ma allora noi oggi? Allora come la mettiamo con la nostra fede, noi ai quali non appare Gesù Risorto in persona, e ai quali non soffia materialmente il suo Spirito?

Gesù quel giorno dice ai suoi amici una cosa che forse mi da’ una risposta: "Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi"
Anche la mia fede non nasce da un ragionamento, ma da una esperienza concreta. Se ci penso bene e guardo alla mia esperienza di vita passata, non posso non riconoscere tante persone che con la loro testimonianza di fede vera e concreta mi hanno aiutato a credere e a testimoniare Gesù a mia volta.
Il Padre ha mandato Gesù. Gesù ha mandato i suoi amici. Gli amici di Gesù hanno formato quella comunità che si è allargata sempre più nel tempo e nello spazio.... fino a me oggi. Non vedo Gesù Risorto in persona, ma posso vedere la potenza della Resurrezione nella bontà di vita di tanti fratelli e sorelle cristiani che credono al Vangelo, e a loro volta sono stati raggiunti da altre testimonianze di vita che li hanno condotti alla fede.
Gesù quella sera dice anche un’altra cosa importante: "... a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".
Mi piace interpretare queste parole così: dove c’è esperienza di perdono reciproco, lì si fa esperienza della bontà di Dio, e allora la fede cresce e si diffonde. Invece dove non c’è perdono ma rigida condanna reciproca a partire da regole e definizioni assolute, allora lì non si sperimenta la resurrezione ma la morte di Dio e la fede pian piano muore.
Forse per questo Gesù Risorto, appena appare ai suoi, fa scendere su di loro la pace ("la Pace sia con voi"). Lui sa che ogni volta che gli uomini vivono l’amore e costruiscono la pace, allora è possibile credere in Dio e nel suo Figlio Risorto Gesù.
Ora mi è forse più facile capire perché credere, e da qui nasce il mio impegno a non diffondere la fede con i ragionamenti e le spiegazioni, ma con la testimonianza di vita.


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